la Repubblica, 18 febbraio 2024
Scuola, alla primaria tornano i giudizi In pagella un secolo di tira e molla
Nel fai e disfa nella scuola ad ogni passaggio di governo arriva il colpo di spugna della destra sulle pagelle alla primaria. A distanza di poco più di tre anni scolastici dalla riforma che aveva tolto i voti numerici per introdurre giudizi descrittivi si cambia. Un emendamento del governo, inserito nel disegno di legge sulla revisione del voto in condotta, in arrivo in settimana all’esame della Commissione istruzione del Senato, farà tornare i giudizi sintetici (da insufficiente a ottimo). Fosse stato per Fratelli d’Italia e per la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti si sarebbe addirittura dovuto tornare ai 4 e 5 o ai 9 e 10 in pagella. Poi la mediazione all’interno della maggioranza.
Obiettivo? Cancellare la riforma introdotta dall’allora ministra 5 Stelle Lucia Azzolina. Le maestre e i maestri si sono formati in questi anni nel compilare lunghe pagelle seguendo griglie descrittive basate su quattro livelli: in via di acquisizione, base, intermedio, avanzato. Il senso era di una valutazione formativa che valutasse quanto un alunno sa fare e quanto è migliorato e non riducesse i bambini a numeri o un semplice “è bravo” oppure no perché «non si misura il cielo con un righello» hanno sempre sostenuto gli insegnanti più all’avanguardia. «Le famiglie sono disorientate, c’è bisogno di chiarezza e immediatezza» le ragione di Carmela Bucalo (FdI), relatrice dell’emendamento.
Dal 1926 si tratterebbe almeno dell’ottavo cambiamento nelle pagelle della primaria: voti in numeri, poi non più nel 1977, poi ancora giudizi, la Iervolino introduce le lettere, Berlinguer torna ai giudizi, la Gelmini torna ai numeri, la Azzolina li cancella. Il ministro Giuseppe Valditara appoggia la richiesta di FdI: «Basta con le definizioni incomprensibili». Il dibattito è aperto: chi parla di un passo indietro, chi plaude alla semplificazione in pagella. Il clima generale nelle sale insegnanti è di scoramento. Alza le braccia la preside dell’istituto comprensivo Valente di Roma Maria Rosa Lauricella: «Il problema è che non facciamo a tempo a fermarci su un metodo di valutazioneche lo cambiano. Per noi rimane valida la bussola pedagogica del valutare gli alunni in base alle loro capacità di miglioramento, il voto non è mai punitivo, per noi non lo sarà mai». Il nodo semmai, dopo aver speso soldi e tempo, era portare a compimento la rivoluzione della valutazione, quantomeno verificarla uniformando meglio le schede di valutazione visto che ogni istituto è andato avanti in ordine sparso. «La valutazione formativa ha bisogno di tempo e di cura, accantonare tutto ti fa sentire di avere la terra sotto i piedi che continuamente trema» spiega Filomena Massaro, altra preside di lungo corso. E osserva Maria Mellone, docente di didattica della Matematica dell’università Federico II di Napoli e presidente della Commissione italiana per l’insegnamentodella Matematica (Umi-Ciim): «Se, come spesso accade in Italia, dopo poco tempo si annulla tutto dall’alto, vanificando gli enormi sforzi compiuti, sarà sempre più difficile per la scuola assumersi la responsabilità di nuove riforme importanti». Non a caso, nelle discipline Stem incoraggiare gli studenti, in particolare le ragazze convinte –raccontano alcuni studi sul tema – di non farcela.
Il ritorno a un semplice giudizio sintetico fa arrabbiare il pedagogista Daniele Novara: «Un disastro. Purtroppo questo governo e questo ministro hanno solo l’idea di tornare indietro. La decisione presa nel 2020 ha rappresentato il passaggio a un valutazione formativa,dove non conta centrare esattamente la performance dell’alunno, ma conta evidenziare i suoi progressi. L’idea è guidare gli alunni in un processo di apprendimento, non di giudicarli. Reintrodurre la tipologia dei giudizi è solo l’anticamera del ritorno ai voti numerici». Quello che più temono i maestri.