la Repubblica, 18 febbraio 2024
L’inverno spietato dello zar Putin Così ha piegato i suoi avversari
Proviamo a metterci nella mente di Vladimir Putin, a immaginare cosa sta pensando in questa domenica di febbraio, a un mese da elezioni presidenziali che è sicuro di vincere, anzi stravincere, non essendoci altri veri candidati (per tacere dei brogli se la percentuale di vittoria non lo soddisfacesse), in virtù delle quali potrà rimanere al potere fino al 2030, più a lungo di Stalin, per eventualmente ricandidarsi e restarci fino al 2036. Senza bisogno di rivolgere il pensiero al lontano futuro, oggi il nuovo zar del Cremlino può concentrarsi sul presente. Navalny è morto, spazzando via un oppositore che gli faceva paura anche in carcere, no, questo non lo ammetterebbe nemmeno con sé stesso, ma lo infastidiva: se ha ordinato lui di ucciderlo o è scomparso per altre ragioni, il messaggio ai suoi nemici è il medesimo: chi attacca Putin muore. In patria, i segni di pubblico cordoglio sono stati assai contenuti, la Milizia se l’è cavata con meno di 400 arresti in una nazione di 150 milioni di abitanti: propaganda, censura e terrore funzionano.
All’estero, poche decine di manifestanti davanti all’ambasciata russa a Parigi, mentre Marine Le Pen in Francia e la Lega in Italia non hanno nemmeno pronunciato il suo nome in relazione alla scomparsa di Navalny. E intanto, in Ucraina, quasi nelle stesse ore in cui Navalny si spegneva in prigione, la bandiera russa ha sventolato su Avdiivka, forzando il ritiro delle truppe di Kiev.
Quando è cominciata, potrebbe riflettere Putin, la sensazione di rinascita?
Nell’agosto scorso con l’assassinio di Prigozhin, il suo ex-alleato e capo dei mercenari della Wagner, che minacciava un golpe ed è finito come quelli che lui definisce “traditori”: dopodiché è diventato chiaro che la controffensiva ucraina era fallita, in Occidente sono apparsi sintomi di stanchezza nel proseguire gli aiuti militari a Zelensky, Hamas (finanziato dall’Iran, buon amico di Mosca) ha creato un’utile distrazione dal fronte europeo con la guerra di Gaza e Trump ha detto che, quando sarà presidente, il Cremlino potrà fare quello che vuole ai Paesi europei della Nato, se non pagano di più per difendersi.
La consolazione, per chi non si chiama Putin, è che il delirio di onnipotenza spinge i dittatori a sottovalutare gli avversari: ma questo è un buon weekend per Vladimir Vladimirovic.