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 2024  febbraio 18 Domenica calendario

Social media, si torna al consumo passivo

Piattaforme nate come luoghi dove interagire fra amici, condividendo contenuti, stanno diventando forme di intrattenimento in stile televisivo, destinate al consumo passivo. Il giudizio è di «The Economist», che nei riassunti è bravo. Facebook compie vent’anni – l’anniversario è stato ricordato su «7-Corriere» da Micol Sarfatti e Matteo Persivale – ed è cambiato il modo in cui usiamo i social. Prima erano «social networks» (reti). Oggi sono «social media».
   Cantanti di Sanremo, capi di governo, ministri dei Trasporti, calciatori, aziende, città, associazioni, consolati, parrocchie, università, giornali e giornalisti: in tanti abbiamo trovato un nuovo canale per comunicare. L’ascolto? Facoltativo. Un recente post di Giorgia Meloni («La scelta di garantire, in un momento di difficoltà del mondo agricolo, un ulteriore intervento di sostegno...») ha raccolto 3.491 commenti su Facebook. Secondo voi, chi li ha letti? Forse chi li ha scritti, e poi nemmeno.
   Una strada a doppio senso è tornata a senso unico: com’è potuto accadere? Parte della responsabilità è dei fanatici che, invece di commentare, offendono e diffamano. Ma, da soli, non ce l’avrebbero fatta. È successa anche un’altra cosa: la rimonta dei professionisti.
La comunicazione è un mestiere. La spontaneità non basta, se non diventa professionale (questo sono gli influencer: spontanei per professione). L’utente ha smesso di essere un co-protagonista: sta tornando a essere un semplice consumatore. Nessuno glielo dice, ovviamente. I comunicatori fingono di essere molto interessati alle opinioni del pubblico, ed è vero: ma solo quando si traducono in numeri da vendere.
Nel 2020 il 40% degli americani amava documentare la propria vita online, oggi la percentuale è scesa al 28%. L’impressione è che siamo sulla stessa strada. Storie, post, reel e tweet sono esibizioni, dichiarazioni, prese di posizione: non più un diario. TikTok ha fatto scuola: gli algoritmi provano a indovinare i nostri gusti, non cercano di riunire i nostri amici.
   Gli scambi personali, oggi, avvengono dentro piattaforme chiuse come WhatsApp. Se volete sapere cosa pensano davvero gli italiani dell’immigrazione o dei rapporti di genere, entrate in una chat calcistica. Ma forse è meglio di no.