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 2024  febbraio 18 Domenica calendario

«È reato affidare i migranti alla Guardia costiera libica». Lo dice la cassazione

ROMA Chi salva una vita in mare deve provvedere interamente alla sicurezza della persona soccorsa. Per questo affidare migranti ai guardiacoste di Tripoli è un reato poiché la Libia non rappresenta un porto sicuro.
É il senso della sentenza della Cassazione su un caso di reimpatrio forzato, quello della Asso28, la nave di supporto alla piattaforma petrolifera di Sabratha (partecipata Eni) che, nel 2018, violò le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo e la legge italiana riportando in Libia 101 migranti raccolti a 57 chilometri dalla costa. «Anche in un contesto di fiducia reciproca e uniformità di principi fondanti deve comunque verificarsi se sussistano elementi che in via eccezionale mettono a rischio la persona richiedente asilo: ciò dimostra il grado di tutela che va assicurato a tali soggetti» scrivono i giudici. Figurarsi, allora, se si tratta di sbarcare qualcuno sulle coste della Libia. Ebbene qui non vi fu premura alcuna.
Il comandante consegnò i migranti, fra i quali cinque donne in gravidanza, a una motovedetta libica senza minimamente accertarsi che in futuro fossero rispettati i loro diritti fondamentali, il primo dei quali era la sicurezza stessa. L’ufficiale, in effetti, non avvisò le autorità italiane né quelle libiche ma puntò immediatamente verso la costa della Libia. Tantomeno informò le persone soccorse di cosa sarebbe avvenuto, in barba alle più elementari garanzie individuali (a bordo non vi erano interpreti né consulenti giuridici che potessero spiegare ai migranti cosa sarebbe avvenuto). Nessun dubbio sul fatto che il comandante sia tenuto «a riconoscere a quell’individuo i diritti e le libertà enunciati nel titolo 1 della convenzione (dei diritti di Ginevra ndr )». Ora se lui stesso si fosse accertato di persona della congruità della collocazione in Libia di queste persone, si sarebbe potuto escludere il dolo. Ma così non fu. Le motivazioni dei giudici della Cassazione respingono i ricorsi della difesa e, nella sostanza, danno ragione ai colleghi della Corte d’appello che condannarono il comandante per «abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci di sbarco e abbandono arbitrario di persone». L’inchiesta era stata portata avanti dalla Procura di Napoli e al processo era parte civile Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione assistita dagli avvocati Ettore Zanoni e Piergiorgio Weiss. «Si tratta – dicono questi ultimi – di una sentenza a cui va riconosciuto il merito di aver dettagliatamente ricostruito l’apparato normativo e giurisprudenziale, nazionale e internazionale, in tema di salvataggio di persone in mare, di diritti dei richiedenti asilo e di respingimento di migranti». Intanto Luca Casarini della ong Mediterranea Saving annuncia una class action «contro il governo, il ministero dell’Interno e il memorandum Italia-Libia».