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 2024  febbraio 17 Sabato calendario

Altavilla Milicia, anche la figlia ha ucciso

Palermo «Credo in dio e nei demoni. Il diavolo era entrato in casa. Era nei miei familiari». Un racconto lucido e distaccato che sembra la trama di un film dell’orrore. Dopo un silenzio durato giorni, l’unica sopravvissuta alla strage di Altavilla Milicia decide di confidarsi con la procuratrice dei minori di Palermo, Claudia Caramanna. E al magistrato, senza mostrare alcun pentimento, racconta di aver preso parte alle sevizie e agli omicidi della madre e dei due fratellini. «Rifarei tutto», dice.
È la conferma dei primi tragici sospetti degli inquirenti che, fino ad allora, non erano riusciti a spiegarsi come la ragazza, al contrario del resto della famiglia, fosse stata risparmiata dal padre, Giovanni Barreca, un muratore vittima di un cieco fanatismo religioso che, insieme a due complici, ha ucciso la moglie, Antonella Salamone, e i figli Kevin di 16 anni ed Emanuel di 5. Il magistrato sospende il colloquio e le nomina un difensore d’ufficio. Poche ore dopo, la 17enne viene fermata per omicidio plurimo e occultamento del corpo della madre, carbonizzata e sepolta sotto un mucchietto di terra vicino all’abitazione. Ieri, il gip ha convalidato il provvedimento restrittivo.
La confessione è il temuto colpo di scena di una storia macabra, di «un delirio mistico collettivo», così l’ha definito il procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio, il pm che coordina l’inchiesta sulla strage, trasmessa ai magistrati dei minori per la parte che riguarda l’adolescente. L’ulteriore tassello che completa il quadro e conferma il racconto di Barreca. «Ho ucciso la mia famiglia. Venite a prendermi», aveva detto all’una di notte di sabato scorso, chiamando i carabinieri.
Arrivati nella villetta della famiglia i militari avevano trovato la 17enne in stato confusionale. «Hanno fatto un esorcismo – aveva sussurrato allora la ragazzina —. C’era Satana in casa». Portata in una comunità protetta vicino Altavilla, era stata poi trasferita in un altro centro nel capoluogo e assistita da una psicologa. Del suo ruolo nella strage ha scelto di parlare solo dopo qualche giorno.
La responsabile della struttura ha contattato la Procuratrice dei Minori e la 17enne finalmente ha confessato tutto. Svelando che da un mese nella villetta si ripetevano preghiere per scacciare il diavolo che si era impossessato della madre e del fratellino più piccolo. Alle «cerimonie» partecipava tutta la famiglia. Vittime e carnefici insieme. Barreca, convinto della presenza del demonio, che sarebbe stato responsabile delle difficoltà economiche della famiglia, aveva coinvolto nei riti di purificazione una coppia di invasati conosciuta sui social. La villetta si era trasformata in un tempio.
Il muratore e i complici, Sabrina Fina e il sedicente mental coach Massimo Carandente, in cella da giorni, avrebbero cercato di scacciare il male per settimane. Poi, nella folle convinzione che il demonio fosse ancora tra loro, dalle preghiere sarebbero passati alla violenza brutale. Ma Antonella Salamone si sarebbe rifiutata di andare avanti temendo per i suoi figli. Ed è stata lei la prima a morire. La figlia superstite racconta che la madre sarebbe stata torturata, presa a colpi di padella, colpita con l’attizzatoio del camino, ustionata con il phon bollente tenuto sulla pelle, picchiata. Dopo averla uccisa lei, il padre e la coppia l’avrebbero sepolta con vestiti e oggetti, poco distante dalla casa. I complici non si sarebbero limitati a istigare il muratore, ma avrebbero partecipato attivamente ai delitti. Prima di perdere coscienza la donna avrebbe implorato la 17enne di chiamare i carabinieri, ma lei non le ha dato ascolto.
Poi è toccato ai due maschi: Kevin, bravissimo nell’imbalsamare gli uccelli morti, che ai compagni del liceo artistico raccontava del demonio nel corpo del fratellino. Ed Emanuel, un bambino di soli 5 anni. Anche loro sono stati torturati con fili elettrici e a colpi di attizzatoio infuocato. Per non farli urlare gli è stata tappata la bocca con uno straccio, infine i tre assassini li hanno soffocati con una sciarpa e legati con delle catene.
«Quando ci siamo trovati sulla scena della terribile tragedia è stato uno dei momenti più toccanti della mia vita. Vedere il cadavere di un ragazzo di 16 anni e il corpo di un bambino ridotti in quelle condizioni è uno strazio che non si può raccontare senza emozionarsi», ha raccontato il procuratore di Termini, che ha parlato di «religiosità distorta». E ha rivolto un appello a chi finisce nella rete di invasati e fanatici: «So che è complicato far emergere certe cose, ma questa terribile tragedia dimostra che il silenzio alle volte può essere la propria condanna a morte».