Corriere della Sera, 17 febbraio 2024
L’amicizia tra Johnny Depp e Bin Salman
Il primo contatto è avvenuto sul set di Jeanne du Barry, in cui Johnny Depp veste i panni di Luigi XV. Il ministro della Cultura saudita – il principe Badr, cugino del leader Mohammed bin Salman detto Mbs – ha chiesto un incontro con l’attore che era riluttante, ma non poteva rifiutare: il fondo saudita Red Film Fund aveva investito milioni nella produzione di quella pellicola. Pochi mesi dopo, nel 2022, l’attore si è recato per la prima volta in Arabia Saudita e ha incontrato personalmente Mbs e ieri, su Vanity Fair, il giornalista Bradley Hope, che sul principe ereditario ha scritto il libro «Blood and Oil» (Sangue e petrolio), ha suggerito che «i leader globali che dipendono da migliaia di diplomatici, linguisti e spie per decifrare gli umori, i metodi e le mosse» del leader saudita, «dovrebbero semplicemente chiamare Johnny Depp».
Nell’ultimo anno, l’attore è stato più di sette volte in Arabia Saudita (forse più di Antony Blinken, il capo della diplomazia americana che a ottobre è stato fatto aspettare per ore prima di un incontro): ospitato nei palazzi reali, sullo yacht Serene (uno dei più grandi del mondo), sul 747 personale di Mbs. I suoi amici londinesi parlano di un «bromance», di una nuova amicizia fraterna, che all’inizio li ha «scioccati»: sostengono che a favorire il legame tra l’attore e il principe sia stata la cattiva pubblicità che li ha accomunati sui media. In realtà, c’è una certa differenza tra Depp, che non si è riconosciuto nel modo in cui è stato ritratto dai tabloid dopo che l’ex moglie Amber Heard lo denunciò per abusi, e Mbs che ha visto macchiata la sua immagine di giovane riformista a causa dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso e smembrato nell’ambasciata saudita di Istanbul per mano di agenti giunti da Riad.
Comunque sia, l’attore ha cominciato a mettere in dubbio la narrativa occidentale sull’Arabia Saudita e ora starebbe valutando un contratto milionario per promuovere «il rinascimento culturale saudita». Depp ha detto a Vanity Fair: «Ammetto di essere stato ingenuo, all’inizio, su ciò che filtrava dalla regione, ma ho toccato con mano la rivoluzione culturale che sta avvenendo, con l’emergere di giovani narratori pieni di idee, di opere d’arte, di una infrastruttura cinematografica e una nuova curiosità per l’innovazione». L’entità del rinnovamento culturale ed economico portato avanti dalla «Visione 2030» di Mbs non può essere sminuita, né si può negare che si accompagni alla brutale repressione del dissenso. Un Paese dove fino al 2018 i cinema erano vietati oggi corteggia Hollywood per sostenere la sua industria cinematografica e proiettare un’immagine positiva di sé. C’è ancora resistenza: Martin Scorsese ha rifiutato di partecipare al Red Sea Film Festival nel 2023 (Sharon Stone e Baz Luhrmann hanno accettato).
Una notte Depp avrebbe chiesto a Mbs: che cosa è successo a Khashoggi? Il principe ha negato di aver ordinato l’omicidio. Si è detto responsabile nel senso che avrebbe ordinato di arrestarlo, poiché era «un agente che lavorava per i nemici del Regno» e di essere stato «frainteso». Inutile dire che questa è la sua versione. Ma il fatto stesso che abbia risposto alla domanda mostra come non tema più le ripercussioni.