il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2024
Tra Biden e Trump i rischi dello scontro nella “coabitazione” del dopo elezioni
Dalla seconda elezione presidenziale datata 1792, fino alla votazione del 1932 compresa, l’insediamento del presidente Usa eletto ha avuto luogo il 4 di marzo dell’anno seguente. Si ricordava in questo modo l’entrata in vigore della Carta costituzionale datata 4 marzo 1789. Il periodo nel quale si aveva la coesistenza di due capi dello Stato – quello in carica e l’eletto, ovviamente nel caso in cui fossero di due diversi schieramenti e, come più volte accaduto, invisi l’uno all’altro – era molto lungo. Troppo, si decise. Dalla tornata elettorale del 1936, la cerimonia fu anticipata alle ore 12 del 20 gennaio dell’anno dispari successivo. Sono 75 giorni e mezzo, non poco. Troppo, se il presidente ancora in carica (per quanto defenestrato) e l’eletto siano ai ferri non corti, cortissimi come oggi Joe Biden e Donald Trump, e se dovesse il secondo spodestare il primo. Esiste un sistema – che ha già fatto acqua – che prevede il passaggio di consegne governato da due commissioni che concordino le procedure col miglior possibile fairplay.
Un orizzonte preoccupante con ogni probabilità quello che ci aspetta visto che nessuno dei due contendenti sembra poter avere nel caso un atteggiamento simile a quello di James Buchanan che accolse con estrema cortesia Abraham Lincoln dicendogli che si augurava fosse altrettanto contento il repubblicano di entrare nella stanza ovale quanto lui di lasciarla. O come uscì di scena quel gran gentiluomo di George Herbert Bush, facendo trovare sulla scrivania a Bill Clinton una lettera così composta: “Caro Bill, proprio adesso, entrando in questo ufficio, ho provato la stessa sensazione di meraviglia e rispetto che avevo vissuto quattro anni fa. So che la sentirai anche tu. Ti auguro di essere felice qui. Io non ho mai sofferto quella solitudine che altri presidenti hanno descritto. Verranno momenti difficili, resi ancor più difficili dalle critiche che percepirai come sleali. Non sono bravo a dare consigli; ma non lasciare che queste critiche ti scoraggino o che ti spingano fuori strada. Quando leggerai questa mia nota tu sarai il nostro Presidente. Ti auguro il meglio. Auguro il meglio alla tua famiglia. Il tuo successo adesso è il successo del nostro Paese. Faccio il tifo per te. Buona fortuna. George”.