Corriere della Sera, 15 febbraio 2024
Intervista a Marcus Thuram
La risata di Marcus Thuram attraversa i muri e lo precede. Il francese dell’Inter è la grande rivelazione del campionato, l’uomo nuovo di una corsa scudetto che in dieci giorni, anche grazie al numero 9 nerazzurro, non è più in equilibrio. E adesso incombe la Champions. Ma Tikus, come lo chiamano tutti, non si scompone: lavora duro, segna, oppure fa assist, causa autogol. E ride. Anche durante le interviste.
Poi che altro fa?
«Dormo tanto, sulle 14 ore al giorno. Ma dopo le partite faccio più fatica, soprattutto quando vinciamo».
È sempre stato così sorridente o è così perché vive un momento felice?
«Sono così da quando ero piccolo: felice della vita, di tutto. E ancora di più in campo, coi miei compagni, a fare quello che amo di più».
Il sorriso aiuta ad essere più forti?
«Non so, perché ci sono tanti caratteri diversi e c’è bisogno di tutti per fare una grande squadra. Però quando ero piccolo la gente non capiva e non apprezzava sempre il mio modo di essere».
Perché era figlio di un calciatore famoso e ricco?
«Non a tutti piaceva questa mia allegria e si facevano sempre paragoni. Crescere con mio padre è stato bellissimo, ma non è stato un vantaggio».
Questa Inter è felice perché vince o vince perché è felice?
«Tutte e due le cose: amiamo veramente giocare assieme, siamo un gruppo molto unito. Sono arrivato a luglio, ma mi sembra di essere qui da tanti anni».
Quando ha fatto quello sgambetto a Pavard a dicembre, la sua fidanzata sui social ha detto «non avete visto niente!». È famoso per gli scherzi?
«Tutti hanno detto che è la mia fidanzata, ma è mia cugina, che mi conosce benissimo. Scherzi storici in famiglia? Tutti sono storici…».
Se lei è quello che sorride, Lautaro sembra sempre che stia andando in battaglia. Pensa che ogni tanto lei dovrebbe essere «cattivo» come lui?
«No. Forse è Lautaro che dovrebbe sorridere un po’ di più!» (risata).
C’è qualcosa, anche fuori dal calcio, che le toglie il sorriso?
«Voglio sempre averlo. È vero che a volte non tutto va come vorrei, ma penso che la cosa più importante sia migliorarsi e lavorare, sempre col sorriso. Perché ci sono tante cose gravi nella vita».
Lei è un centravanti un po’ anomalo ed è solo la seconda stagione che copre questo ruolo. Come mai?
«Da quando ero piccolo tutti mi dicevano che un giorno sarei stato un numero 9, ma a me non piaceva molto: volevo stare sull’ala, dribblare, prendere la palla. L’anno scorso a inizio stagione ho avuto una discussione con mio padre: ci siamo detti le cose e ho scelto di giocare centravanti».
Non è però un 9 classico: è giusto dire che si ispira a Benzema?
Lautaro Martinez
Forse dovrebbe imparare a sorridere di più! Tutti
i giorni mi fa pesare la finale persa al Mondiale
«A me piace molto, è un’ispirazione di sicuro. E un giorno vorrei arrivare al suo livello: ci provo».
Da quando è arrivato all’Inter sente di essere cresciuto?
«Ho imparato tantissimo e spero di imparare ancora tanto: posso crescere dappertutto, nel dribbling, nella corsa, nella difesa, nel tiro. Mi fermo spesso dopo l’allenamento a fare del lavoro extra, sul campo e con i video».
Inzaghi da ex attaccante l’ha fatta crescere in qualcosa di specifico?
«Sono migliorato molto nel posizionamento senza palla, perché qui in Italia si lavora tanto tatticamente e si impara che un movimento può aiutare un compagno».
A scuola era bravo?
«Bravissimo. Ho fatto la scuola americana. E per papà era più importante del calcio, perché da giovane le possibilità di diventare calciatore professionista sono incerte. Mentre se studi puoi entrare in una grande università».
Materia preferita?
«Inglese, italiano, francese. E storia».
È vero che si confronta più con Titì Henry che con suo padre?
«Lo sento tanto. Mi dà consigli sulla vita, non solo sul calcio».
Sentite che le vittorie con Juve e Roma hanno spostato l’equilibrio della lotta scudetto, visto che la Juve ha perso anche con l’Udinese?
«Penso che tutte le partite siano importanti per lo scudetto, poi vedremo alla fine: ci sono ancora tante gare importanti. E noi proviamo a prendere i 3 punti in ogni partita».
È solo una coincidenza che due delle sue migliori prestazioni, in cui ha segnato gol pesanti, siano quelle contro la Roma di Lukaku?
«È solo un caso. E non credo che l’assist contro la Juve all’andata fosse meno pesante: per me gli assist valgono come i gol».
Sono casuali anche i due autogol provocati o sono arrivati perché lei fa movimenti diversi?
«Sì, sto diventando un po’ più cattivo in area e sto provando ad attaccare la porta diversamente. Sono arrivate due deviazioni dei difensori, speriamo che la prossima volta tocchi a me».
Inizia la doppia sfida con l’Atletico: ci arrivate nel modo migliore?
«Sì. Proviamo ad essere pronti a ogni partita. E questa sarà durissima, contro un avversario forte: sarà bella».
Il papà Lilian
Crescere con mio padre
è stato bellissimo Ma non mi ha dato un vantaggio in carriera
Allegri ha detto che è meravigliato del suo rendimento. Si è stupito anche lei o pensa di essere stato un po’ sottovalutato?
«Io non penso niente. Quando sono arrivato all’Inter non ho sentito quello che diceva la gente. Sono arrivato per aiutare la squadra, avevo parlato con Piero (il d.s. Ausilio ndr) già due anni fa, poi l’infortunio mi ha bloccato. Contava solo quello che pensavano lui e il mister su di me: ho lavorato, ho ascoltato tanto anche i compagni e sono contento di quello che sto facendo».
Papà Lilian ha scritto tre saggi, sul razzismo, sui modelli storici, sulle sue esperienze. Li ha letti?
(Risata) «Sì, ma quello che ha scritto me lo dice tutti i giorni…».
Voi calciatori pensate al mondo che vi circonda o il mondo del calcio va troppo in fretta?
«No, adesso con i social niente va troppo veloce: si vede tutto quello che succede nel mondo».
Cos’ha pensato quando il suo amico Maignan è uscito dal campo a Udine per gli insulti razzisti?
«Mike l’ho sentito. Quello che è successo è qualcosa di brutto, ma non qualcosa di nuovo. Uscire dal campo è stato il gesto giusto, anche delle squadre. Speriamo che si possa progredire, perché sono cose che si ripetono da tempo e niente sembra cambiare».
Suo fratello Kephren, centrocampista del Nizza, è molto forte. Conferma?
«Sì. Più forte di me».
Può giocare in A o è da Premier?
«Ovunque. Per me un calciatore che può far bene in Italia, può farlo anche in Inghilterra: il calcio italiano non è meno forte».
Con Ronaldo il Fenomeno, che era il suo idolo da bambino, ha mai parlato?
«No. Ma se dovesse capitare gli direi una cosa: grazie, per quello che ha fatto per il calcio».
Lei ha vinto l’Euro U19, la Nations, la Supercoppa in Arabia ed è vicecampione del mondo. Non è poco, ma nemmeno molto per le sue qualità. Quanta fame di vincere ha?
«Tanta, tanta. Altrimenti non sarei qua all’Inter. Voglio vincere tutto quello che c’è da vincere e aiutare la squadra».
La Francia all’Europeo è come l’Inter, nel senso che ha la pressione di vincere?
«Non penso. Nel 2021 non è andata bene, siamo un gruppo giovane e gli avversari sono tanti e forti».
Le fa più pesare Sommer l’eliminazione da quel torneo o Lautaro la vittoria nella finale del Mondiale in Qatar?
Il caso Maignan
Mike l’ho sentito, giusto uscire dal campo. Episodi così si ripetono, le cose non sembrano migliorare
«Lautaro».
Succede spesso?
«Tutti i giorni».