Il Messaggero, 14 febbraio 2024
Biografia di Lavinia Fontana
«Venne ella a Roma... e per diversi particolari molto operò e nel rassomigliare i volti altrui, qui fece gran profitto, e ritrasse la maggior parte di dame a Roma e specialmente le Signore Principesse, e anche molti Signori Principi, e Cardinali, onde gran fama e credito ne acquistò, e per essere una Donna, in questa sorta di pittura, assai bene si portava”. Così il pittore e storico dell’arte Giovanni Baglione si esprimeva a proposito della pittrice manierista Lavinia Fontana.
Certo, quella precisazione, quell’inciso – “per essere una Donna” – ha un sapore condiscendente e limitativo che denota un corposo pregiudizio a monte. Molti, del resto, erano a quei tempi i pregiudizi sulle donne artiste, come avrebbe sperimentato sulla propria pelle Artemisia Gentileschi. Forse per tale ragione erano davvero rarissime.
Solo poche “figlie d’arte” (che potevano attingere all’esperienza di un padre nello stesso campo) avrebbero avuto il coraggio e la determinazione per cimentarvisi. In questo senso la Fontana non ha fatto eccezione. Pur tuttavia a lei è toccata una vita più protetta e fortunata di altre, che avrebbero seguito le sue orme.
LA FORMAZIONE
Quella che sarà nota come la “pittora”, o meglio la “prima artista professionista”, nasce a Bologna nell’agosto 1552: suo padre, Prospero Fontana, è un manierista affermato e ha una fiorente bottega. Tale circostanza permette alla bambina di crescere in mezzo alle tele, ai colori, agli artisti, a prendere confidenza con la pittura per la quale mostra un evidente talento. La famiglia la asseconda, le offre un’educazione completa e raffinata; il genitore le fa da maestro.
Con gli anni, Lavinia incontra o si confronta idealmente con artisti importanti del panorama emiliano, fra cui Ludovico, Agostino e Annibale Carracci. E anche italiano. É sempre Prospero – forse perché malato e preoccupato del futuro – a spingerla verso la pittura “professionale”. Vede in lei la sua erede, quella che può guadagnare. La figlia è brava, determinata, anticonformista, ambiziosa, versatile, elegante, bella. E possiede una cultura enciclopedica che si ritroverà nelle opere.
LA FAMIGLIA
A un certo punto viene deciso il matrimonio di Lavinia con Giovanni Paolo Zappi, pittore imolese figlio di un ricco mercante. E nel contratto viene specificato che la coppia abiterà a Bologna a casa di Prospero, e che la sposa continuerà a dipingere. Il marito farà il suo agente, il suo “assistente”, occupandosi di amministrarne al meglio i guadagni. In poco tempo, la giovane diventa una ritrattista richiesta e ben pagata: è attenta a quei dettagli che contraddistinguono le signore più eleganti, alle pettinature, i pizzi, i gioielli, i ricami. E li valorizza al meglio.
Sa cogliere l’essenza delle persone, per cui anche uomini – di cultura, di potere, o di Chiesa – si fanno dipingere volentieri da lei. Fra i suoi ritratti c’è quello dello studioso Carlo Sigonio, esposto al Museo Civico di Modena, e il “Ritratto di frate”, oggi al palazzo Ducale di Sassuolo.
Ma Lavinia Fontana è una pittrice versatile, raffigura con maestria soggetti sacri, scene delle Bibbia, temi mitologici. Passerà alla storia soprattutto perché è la prima artista di sesso femminile a dipingere una pala d’altare: la commissione le viene da Imola nel 1584. Ne dipingerà moltissime altre.
Fra il 1603 e il 1604 si sposta a Roma, chiamata dal bolognese papa Gregorio XIII. Il lavoro aumenta, i nobili se la contendono. Viene detta “la Pontificia Pittrice”. L’abate Luigi Lanzi commenterà che ella “divenne pittrice di Gregorio XIII, e più che da altri fu ambita dalle dame romane, le cui gale ritraeva meglio che uomo al mondo”. Eppure, non è abile solo a dipingere “le gale” degli abiti e i volti dei personaggi più in vista. Anzi. Si dedica molto alla famiglia, ha ben undici figli, di cui otto muoiono anzi tempo. L’interesse per i bambini si riflette nei suoi quadri, che spesso raffigurano l’infanzia. Oltre alla casa e al lavoro si dedica alla vita sociale, è amica dei personaggi in vista, sa fare autopromozione. Oggi la definiremmo multitasking, ma la poliedricità è sempre stata l’essenza della natura femminile.
LA SORPRESA
Un suo quadro abbastanza sorprendente, il primo nudo a opera di una donna, è “Minerva in atto di abbigliarsi”, commissionatole dal cardinale Scipione Borghese e oggi alla Galleria omonima. La dea viene raffigurata in piedi, nuda, snella e sensuale, mentre sta per indossare il mantello e un piccolo Cupido gioca con il suo elmo. Assomiglia più a Venere che alla severa figlia di Zeus. C’è poi un altro dipinto che è stato recentemente attribuito alla Fontana dallo studioso Dal Pozzolo: è “Marte e Venere”, in cui il dio della guerra palpeggia con voluttà il gluteo della “callipigia”.
LA CRISI
A un certo punto Lavinia, provata dalla scomparsa dei suoi rampolli, ha una crisi mistica e si ritira in un convento a Roma con il marito. Lì muore nel 1614. Viene sepolta a Santa Maria sopra Minerva, ma la lastra tombale è stata poi tolta. A questa donna straordinaria la National Gallery di Dublino ha recentemente dedicato una mostra monografica, definendola “pioniera e trasgressiva”.