il Giornale, 14 febbraio 2024
Breve storia della cassaforte degli Agnelli
Lo scrigno, la cassaforte, la stanza del tesoro. Dicembre, la società su cui si concentra in buona parte la bufera giudiziaria di questi giorni, è il cuore dell’impero Agnelli-Elkann. Una scatola societaria, con un capitale di un centinaio di milioni o poco più, che consente di tirare le fila di un gruppo le cui società (dalle quote in Stellantis a quelle nell’Economist e in Ferrari) valgono, a seconda dei corsi di Borsa, attorno a 35 miliardi di euro.
A costituirla, 40 anni fa, esattamente nel dicembre del 1984, furono cinque soci originari: Giovanni e Umberto Agnelli, Marella Caracciolo (moglie di Gianni), Gianluigi Gabetti e Cesare Romiti. La famiglia e i manager più vicini all’Avvocato: oggi sono tutti morti ma la funzione di Dicembre è rimasta. Nel 1996 Gianni Agnelli trasferì parte delle quote al nipote John Elkann, scelto come erede. Poi sua moglie Marella rilevò la parte della figlia Margherita e ridistribuì il controllo azionario: il 60% finì a John, il 20% ciascuno ai suoi due fratelli, Lapo e Ginevra.
La ridiscussione del testamento di Marella con l’azzeramento dei patti per l’eredità potrebbe rimettere tutto in discussione? Come ovvio Margherita, la figlia dell’Avvocato, in lite con gli Agnelli e allontanatasi anche dai figli di primo letto, ci spera. Ma il resto della famiglia vede la prospettiva come il fumo negli occhi.
Ieri, con una lettera al sito Dagospia, è intervenuto sull’argomento Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli, sorella di Gianni: «Smettiamola di parlare di possibile ribaltamento degli equilibri al vertice del gruppo. Margherita vendette in fretta e furia la sua quota nel 2003 (con un atto in nessun modo impugnabile) perchè non vedeva l’ora di scappare da una situazione che riteneva fallimentare (lei stessa mi disse che Fiat era la prossima Parmalat). E non è che si possano annullare atti del genere
a distanza di 20 anni invocando una supposta coercizione».
In tutti i casi dalle parti degli Agnelli-Elkann chi controlla Dicembre controlla anche tutto il resto. E per capirlo bisogna andare, come si dice nel gergo finanziario, un piano sotto. La società possiede il 40% di un’altra scatola con sede in Olanda, Giovanni Agnelli BV, che a sua volta controlla Exor, la holding a cui fanno capo tutte le partecipazioni. Tanto è concentrato l’azionariato di Dicembre, tanto sono numerosi i soci della Giovanni Agnelli Bv, in tutto più o meno un centinaio di persone, tutti discendenti da quel Giovanni Agnelli che più di 100 anni fa fondò la Fiat. Ci sono tra l’altro i discendenti di Maria Sole, di Susanna, di Cristina Agnelli (tutte sorelle dell’Avvocato), ma anche i molti rami dei Camerana (cugini). In tutto, se i calcoli non sono sbagliati, si tratta di 11 rami familiari diversi, uniti in tre blocchi principali.
La Giovanni Agnelli è insomma una specie di parlamento familiare. In cui però non valgono le regole democratiche ma quelle societarie: chi ha più azioni comanda. Ed è il caso degli Elkann con la loro Dicembre, che solo pochi mesi fa hanno rafforzato la loro posizione rilevando un 3% che faceva capo ad Andrea Agnelli (ex presidente della Juventus, rimasto con il 9% circa). La posizione di controllo dei tre fratelli è dunque indiscutibile. Gli altri parenti, si devono accontentare (si fa per dire) dei dividendi. Nel 2023 gli utili distribuiti da Exor e andati alla Giovanni Agnelli Bv sono stati 55 milioni.
Non male, visto anche che, secondo calcoli del Sole 24 Ore, nei vent’anni dalla morte dell’Avvocato (avvenuta nel 2003), il patrimonio delle società di Exor, la holding delle società operative, si è moltiplicato di 25 volte