il Fatto Quotidiano, 14 febbraio 2024
Intervista a Emir Kusturica
“Dall’Ucraina a Gaza, l’Europa e le Nazioni Unite sono state indebolite: a qualcuno fa comodo”. Appassionato, controcorrente e umanissimo, Emir Kusturica non le ha mai mandate a dire: potrebbe astenersi oggi, che il mondo brucia, ma “se critichi qualcuno vieni visto subito come un nemico”? Regista, sceneggiatore e attore, ha vinto la Palma d’Oro a Cannes con Papà… è in viaggio d’affari nel 1985 e Underground un decennio più tardi, s’è dato alla musica con la No Smoking Orchestra, di recente ha scritto L’angelo ribelle in difesa dell’amico Peter Handke. Non bastasse, da inesausto agitatore culturale qual è, ha trasformato il villaggio tradizionale fatto costruire per il film La vita è un miracolo in sede festivaliera, Küstendorf, a ribadire quel che per il bosniaco naturalizzato serbo classe 1954 è binomio indissolubile e imperativo morale: arte-vita.
Kusturica, che cos’è Küstendorf?
È un luogo di crescita e confronto, dove registi esordienti provenienti da tutto il mondo possono incontrare i grandi maestri. Nell’edizione, la diciassettesima, appena conclusa, abbiamo avuto con noi Matteo Garrone, ma anche due bravi cineasti come Edoardo De Angelis e Giacomo Abbruzzese, che proprio qui avevano presentato le loro opere prime.
Perché ha scelto Io capitano di Garrone, candidato all’Oscar, per l’apertura?
Penso che Matteo sia uno dei maestri del cinema italiano, Io capitano l’ho amato moltissimo: racconta l’epos di un viaggio nelle contraddizioni e nei contrasti economici che dividono il mondo contemporaneo.
Un film politico?
Indubbiamente, e senza moralismi. È incisivo come molte opere di Matteo, e penso per primo a Gomorra.
Quale presidente di giuria ha voluto Sandro Veronesi.
Uno dei vostri autori contemporanei più grandi, con lui sto benissimo. Sguardo lucido, sceneggiatore in proprio e tanti film dai suoi libri, Sandro era la persona giusta per valutare il lavoro dei giovani registi.
Ma il cinema oggi come sta?
Rispetto a qualche anno fa, c’è meno rispetto per le idee degli autori e si tende a creare “prodotti” adatti a tutti. Senza rispetto per la fantasia e la visione degli artisti.
Il suo ultimo film On the Milky Road è del 2016: quanto dobbiamo aspettare ancora?
Sto lavorando a un nuovo progetto che andrà in produzione tra quest’anno e il prossimo, dedicato a una versione moderna del Delitto e castigo di Dostoevskij.
Lei su carta ha messo Peter Handke.
L’angelo ribelle si apre con il suo viaggio a Stoccolma per ritirare il Premio Nobel, non senza polemiche. Non ritengo Handke un negazionista, bensì qualcuno che ha espresso il suo punto di vista, in disaccordo con l’opinione pubblica. Purtroppo, se oggigiorno critichi qualcuno, vieni subito visto come un nemico.
Il 24 novembre compirà 70 anni: una cosa che vorrebbe fare e una che non rifarebbe?
Ho sempre vissuto cercando di esprimere la mia creatività e le mie emozioni in diversi ambiti, che si tratti del cinema, della musica, della letteratura, del villaggio di Küstendorf o di Andricgrad. Quindi non ho molti rimpianti o desideri, perché cerco di affrontare e realizzare progetti man mano vado avanti.
Nel mentre, il mondo va indietro: è tempo di guerra. Cominciamo dall’Ucraina, vede una soluzione?
Le soluzioni si trovano quando c’è la volontà politica. Tutte le guerre nascono da scontri culturali, ci sono elementi geopolitici da considerare.
Chiedo al serbo, c’è qualcosa che noi italiani, noi europei non capiamo della Russia?
L’interesse dell’Europa non è quello di pagare l’energia più di quanto già costi. Ma, senza dubbio, un’Europa debole fa più comodo di una forte e coesa, capace di rapporti paritari con la Russia, che resta un grande mercato.
A Gaza si contano 28 mila vittime, soprattutto bambini e donne: c’è una via d’uscita?
Come sempre, desta sgomento che siano in stragrande maggioranza bambini e donne. Di fronte alla brutalità del conflitto non posso che rimanere scioccato. In poco tempo a Gaza è stato ucciso lo stesso numero di persone che cadde a Sarajevo tra il 1992 e il 1995: troppi, troppi morti.
Ma l’Unione europea e l’Onu sono così impotenti?
Credo che ci fosse l’intento di indebolire queste due istituzioni, o quantomeno disattenderle, per poter agire indisturbati.
Sono passati più di tre anni dalla morte di Diego Armando Maradona, nel 2008 gli dedicò un bel documentario: quanto le manca?
Maradona resta il calciatore più importante di tutti i tempi, e una persona di grande valore umano. L’incontro con lui mi ha segnato particolarmente.
Che cosa avete condiviso?
La vera gioia di quando fai goal.