Repubblica, 13 febbraio 2024
Pd, una variabile di nome De Luca
Qualcunosi domanda cosa ha spinto il presidente della Campania ad attaccare con tanta asprezza il presidente del Consiglio e in genere i ministri del governo, trattati questi ultimi alla stregua di perfetti incapaci. Le espressioni sono pesanti persino per gli standard alquanto volgari dell’attuale confronto politico: “imbecilli, farabutti, disturbati mentali”, fino a evocare “la lotta armata”. De Luca, si sa, è un personaggio pubblico di notevole popolarità, dovuta alla sua personalità estrosa e a un temperamento sarcastico e irruente. Tutto sommato non è sorprendente che abbia voluto calcare i toni su un tema specifico (i fondi europei di coesione destinati alla Campania).
Colpisce semmai che abbia voluto varcare la linea rossa che separa una polemica senza esclusione di colpi dal mero turpiloquio. Peraltro eccessi di questo tipo si sono sentiti più volte anche a destra nei confronti degli avversari, quindi verrebbe da dire: nulla di nuovo sotto il sole.
In realtà c’è dell’altro. In primo luogo, De Luca è quasi sprezzante anche nei confronti della segretaria del suo partito, Elly Schlein. Del resto, è nota l’inimicizia tra i due. Tuttavia stavolta l’obiettivo, non c’è dubbio, resta il premier. A quattro giorni dalla manifestazione del Pd a Roma, venerdì 16, contro l’Autonomia differenziata e per il Mezzogiorno, il presidente campano ha voluto ricordare a tutti, compresi i suoi compagni di partito, che il protagonista è lui. Quando si tratta di polemizzare con la Meloni e il suo governo a proposito di politiche meridionali, il posto in prima fila è il suo.
Naturalmente in questa attitudine è inevitabile leggere anche un atto di sfiducia nei confronti della Schlein, poco incisiva nel modo di condurre l’opposizione. Lei non è sfidata, almeno non ancora, sulla “leadership”, ma di fatto è come se lo fosse. In altre parole, nel Sud – a partire dalla Campania – il Pd è De Luca. E infatti tutto il partito si è allineato alle posizioni del “governatore”. Con un minimo distinguo sui toni, ma nella sostanza il partito lo ha riconosciuto come il “numero uno” da Napoli in giù.
Sotto questo profilo, se Giorgia Meloni voleva mettere un cuneo in un Pd lacerato dalle lotte intestine, bisogna riconoscere che non ci è riuscita. Tuttavia il partito ha ritrovato la sua compattezza sulle posizioni di De Luca. O meglio, riconoscendo che la figura più nota e più credibile quando si parla di Mezzogiorno, almeno agli occhi del grande pubblico, è proprio quella del presidente campano.
L’uscita della segretaria Schlein in risposta alle sollecitazioni del premier vuol dire questo. E ancora più esplicito il responsabile economico, il senatore Misiani: “De Luca ha assolutamente ragione”. Quasi un’investitura.
Il rischio allora è che si crei una doppia “leadership”. Elly Schlein al centro e al nord: almeno fino alle elezioni nelle città e per l’Unione europea. Vincenzo De Luca, con la sua dialettica urticante ma anche con la sua carica umana, al sud. Potrebbe essere uno dei temi a sinistra della campagna elettorale in cui siamo già entrati. Riguarda le candidature, ma non solo. Sappiamo quali sono le ambizioni di De Luca per la fase destinata ad aprirsi all’indomani del voto: contare molto di più a livello nazionale. Lui e il figlio a cui intende spianare la strada. Uomo politico e di potere come non ce ne sono molti oggi nel Pd, il presidente campano non se ne starà in un angolo, nonostante l’età non proprio verde. Sarebbe un errore grave farne una figura dialettale, folkloristica. De Luca è in grado di stare sulla scena e lo dimostra. Si dovranno fare i conti con lui.