il Giornale, 12 febbraio 2024
Intervista a Javier Milei
Presidente, senta le voglio chiedere subito una cosa non politica, ma una cosa che riguarda la sua famiglia. Sua nonna materna è figlia di immigrati italiani. Cosa sente ancora dell’italianità?
«Innanzitutto io per il 75% sono italiano, assolutamente italiano perché i due genitori di mio padre lo erano e lo stesso da parte di mia mamma, con madre italiana e padre jugoslavo. Ho una passione incredibile per l’Opera, soprattutto Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Puccini. Quando viaggiavo in Europa ogni volta che potevo che potevo, facevo scalo a Roma».
Lei si è definito un presidente liberale e libertario, un caso unico nella storia.
«È la realtà. Innanzitutto perché sono il primo liberale libertario a essere Presidente e questo è dato di fatto. Io filosoficamente sono anarco capitalista e quindi sento un profondo disprezzo per lo Stato. Io ritengo che lo Stato sia il nemico, penso che lo Stato sia un’associazione criminale».
Come un’associazione criminale?
«Assolutamente sì, di fatto lo Stato è un’associazione criminale in cui un insieme di politici si mettono d’accordo e decidono di utilizzare il monopolio per rubare le risorse del settore privato. Come diceva Oppenheimer, il metodo da usare nel mercato è l’investimento, il commercio, ma il metodo dello Stato è l’opposto: rubare. Lo Stato è il ladrone sistematico più grande del mondo. Il ladro volgare infatti è aleatorio. Chiedo a voi di pensare a quante volte le persone sono state colpite da un ladro negli ultimi anni, una volta, due volte forse. Lo Stato è un disastro, ti ruba tutti i giorni».
Ma allora lei Presidente vuole distruggere il sistema?
«Sono per ribaltare lo status quo, cioè i politici corrotti che si sono impossessati dello Stato: quando noi abbiamo iniziato il nostro programma c’erano diciannove ministeri, adesso ne abbiamo soltanto otto».
Infatti lei ha detto «afuera»
«Esatto. Abbiamo buttato fuori più di 50.000 impiegati pubblici, più di 10.000 contratti non sono stati rinnovati, 200.000 programmi sociali che erano portati avanti in modo irregolare sono stati chiusi e abbiamo abbassato del 98% i trasferimenti discrezionali alle province. Noi riteniamo che le opere pubbliche siano un macchinario volto solo a creare corruzione che è endemica nell’esistenza dello Stato. Lo Stato ha il monopolio della violenza e delle imposte, quindi gli imprenditori sono costretti a comprare favori dai politici».
Presidente lei sta dicendo delle cose che condivido appieno, ma lei è stato votato dal 56% degli argentini.
«Un miracolo, la forza del cielo».
Ma non è la forza del cielo, è la sua forza. Lei sta dicendo: vi licenziamo e ci sarà meno Stato. All’inizio lei ha detto «no plata» cioè non abbiamo soldi. Come fa a dire alle persone «Votatemi, ma io non vi do nulla, non combatto la povertà». E non fa neppure discorsi sull’ambiente... Capisce che tutto questo è strano?
«C’è una frase meravigliosa del gran professore Jesús Huerta che in un certo momento dice I piani contro la povertà aumentano la povertà, i piani contro la disoccupazione aumentano la disoccupazione».
Ma i cittadini la capiscono questa cosa?
«Evidentemente il 56% lo ha capito molto bene.
È pentito di aver fatto vedere la motosega?
«Ne sono orgogliosissimo. Ho tagliato sforbiciato lo Stato e stiamo eliminando le opere pubbliche».
In Europa fanno il contrario
«Le faccio una domanda: qual è la zona del mondo che cresce di meno?».
L’Europa?
«Ovviamente. L’Europa ha tantissimi Stati che sono troppo keynesiani. Bisogna capire che il keynesianismo è una teoria creata per politici messianici che poi si rivelano corrotti. Ad esempio, le opere pubbliche, si dice che stimolano lo sviluppo. Lei fa un ponte o una strada, ma ovviamente potrebbero farle anche i privati. Perché non le fanno? Vuol dire che il settore privato non vuole investire del denaro in queste cose perché lo vuole utilizzare per altre cose. Invece lo Stato dove trova le risorse? Sostanzialmente con le tasse. Quindi per finanziare quest’opera sta togliendo risorse dalle tasche dei cittadini che potrebbero utilizzare quei soldi per altre cose».
Lei dice «Viva la libertad, carajo!». Come mai è così non ortodosso in politica? Perché ha questa comunicazione così rivoluzionaria.
«Perché io parlo alla gente dicendo la verità. Bisogna capire il contesto in cui tutto ciò avviene. L’Argentina all’inizio del XX secolo era il Paese più ricco del mondo e adesso è al 140esimo posto. A sua a volta l’Argentina ha, approssimativamente, il 50% di poveri, il 10% di indigenti totali. Questo è molto grave. L’Argentina produce alimenti per 400 milioni di persone e la pressione fiscale nel settore agricolo e nell’allevamento è enorme, quindi lo Stato si tiene 280 milioni nelle proprie mani e 5 milioni di argentini non hanno da mangiare».
Non hanno da mangiare proprio?
«Sì esatto. Praticamente ci sono 5 milioni che non hanno da mangiare perché lo Stato ruba al settore privato alimenti per 280 milioni. In questo contesto l’Argentina dal 2011 non è cresciuta affatto, per quanto riguarda il PIL è sceso del 15% e inoltre il tasso di inflazione dell’ultimo anno è stato del 200% e ci hanno lasciato una iperinflazione».
Lei è molto votato dei giovani, vero?
«Esattamente. I giovani credono di più in un futuro liberale e hanno avuto meno tempo a disposizione per il lavaggio del cervello».
Lavaggio del cervello? L’educazione pubblica è lavaggio del cervello?
«Le faccio un esempio: se lei va all’Università di Buenos Aires e studia Economia, le parleranno di Keynes, di Marx ma se chiede di von Mises penseranno che sia un olandese e di Friedman che sia un assassino, il consigliere di Pinochet e se parla di Hayek le diranno che ha detto alla Thatcher di attaccare Belgrado. Tutto ciò è l’eredità del socialismo, è la vittoria di un italiano, di Antonio Gramsci, che
spiegava come il socialismo doveva arrivare alle masse attraverso i mezzi di comunicazione. Da liberale mi sono ribellato, ho avuto la fortuna di essere alunno del professore Huerta De Soto. Quando ci hanno chiuso nel lockdown, non soltanto c’è stata una rivalorizzazione della libertà, ma visto che sono stati insieme i padri, i figli e i nonni anche i ragazzi hanno cominciato a parlare di Milei sempre di più, ed è stato in questo modo che, quando abbiamo partecipato alle elezioni del 2021, abbiamo avuto il 17% dei voti».
Lei viene considerato dalla stampa internazionale populista. Però un populista non dice «Non abbiamo soldi». Dice, al contrario, «Spenderemo tanti soldi». Ma lei non pensa che una volta che entra nel centro del potere, dovrà moderarsi? Fra un anno, lei, Milei, non dirà più «Lo Stato è il nemico», perché lo Stato sarà lei.
«No. No. Io non pensavo che lei mi insultasse»
No, non volevo. (Ride, ndr). Non si arrabbi. Il vero insulto per lei è «comunista».
«Questo insulto è comunista»
Ma non esistono più i comunisti, Milei.
«Ah, non esistono? Ci sono molti socialisti, che a lungo termine vogliono arrivare a questo. Sono comunisti vigliacchi. Una delle cose che abbiamo fatto, in questi cinquanta giorni, è stata di avviare e mettere in moto delle riforme strutturali. Di queste riforme, 350 sono state considerate urgenti e 650 sono state inserite in una legge, cioè la legge della libertà di base degli argentini. E questo è interessante, perché l’asse centrale di tutto ciò è restituire il potere e la libertà agli argentini».
Ma gli argentini sono meglio dei loro politici?
«Assolutamente, i politici sono la cosa peggiore della società. E noi, in questo insieme di riforme, proponiamo di eliminare i furti fatti dalla politica. Noi quando andiamo alle elezioni, chiediamo il voto per restituire il potere alle persone, in modo che ogni individuo possa essere l’architetto, l’artefice della propria vita».
Lei ha fatto delle dichiarazioni molto tranchant sul Santo Padre che è argentino. Lo ha incontrato a Roma, vi siete anche salutati affettuosamente. Come è andato l’incontro con il Santo Padre? Per gli italiani ovviamente è una persona molto importante e anche per tutto il mondo cattolico. Lei è cattolico?
«Sì, io sono cattolico, ma pratico un po’ anche l’ebraismo».
Sì, ho visto la sua commozione al Muro del Pianto, ma torniamo al Santo Padre, in Argentina è molto popolare...
«Il punto è questo: si evolve, si capiscono le cose e una delle cose che ho capito in questi ultimi tempi è che il Papa è la persona argentina più importante di tutta l’Argentina, è il leader dei cattolici nel mondo. Di conseguenza ho dovuto riconsiderare alcune posizioni e, a partire da quel momento, abbiamo iniziato a costruire un legame positivo».
Invece la sua storia come quella di Giorgia Meloni che ha incontrato – è quella di un under-dog, di un sottovalutato che poi diventa Premier. Come l’ha trovata? Come la trova? È meno liberale di lei, glielo dico subito.
«È ammirevole veramente il coraggio che ha. Io non voglio usare il liberalometro, la cosa importante è che le riforme vadano verso l’obiettivo più giusto. Mi ha ispirato molto il modo di fare del presidente Meloni. Pensi che quando ho iniziato la mia carriera politica una delle cose che si diceva era che non potevo fondare un partito e non potevo partecipare alle elezioni: si sono sbagliati come vede. Poi hanno detto che non potevamo crescere: si sono sbagliati. Poi hanno detto che avremmo perso contro i nostri avversari e hanno detto che saremmo stati sconfitti dalla sinistra e così non è stato. Le vorrei raccontare un aneddoto. Quando ho iniziato la mia carriera noi eravamo soltanto due deputati e un giornalista piuttosto volgare ha detto che non saremmo riusciti a fare nulla perché non valevamo nulla. Io gli ho ricordato che nel libro dei Maccabei, nel primo libro dei Maccabei, si dice che la vittoria nella lotta non dipende dalla quantità di soldati ma dalla forza che arriva dal cielo».
Come il Governo italiano in questo momento, la grande opposizione arriva da una sinistra che è un po’ diversa da quella marxista. È una sinistra ambientalista, una sinistra che gli americani definirebbero woke, del politicamente corretto. Cosa ne pensa di questa nuova tendenza?
«L’origine di questo dibattito è ciò che si chiama il post-marxismo. Il marxismo inizialmente si basava sulla lotta di classe e di fronte all’insuccesso incredibile che ha avuto nei fatti e con la Caduta del Muro di Berlino, sostanzialmente che cosa hanno fatto i socialisti? Praticamente hanno trasferito la lotta di classe ad altri aspetti della vita, di conseguenza ad esempio il femminismo che era una causa liberale. Poi l’altro aspetto dell’agenda è la lotta dell’uomo contro la natura. Questa è un’agenda che ha una base malthusiana secondo la quale il problema della popolazione di Malthus era contenuto nella tecnica che usavano gli Egiziani per uccidere gli ebrei. Si parla nel libro dell’Esodo di tutto ciò. La versione più moderna era il club di Roma: secondo il club di Roma, visto che noi viviamo con combustibili fossili che sarebbero terminati nel 2000, ci sarebbe stato un blackout totale e c’era posto soltanto per un determinato numero di persone, per un miliardo».
Perché la parola «carajo» alla fine del motto «viva la libertà»?
«Il carajo è l’albero più alto di una di una nave, quindi quando una persona era molto pesante si dice vatti a fare eccetera eccetera».
Ma è vero che sua sorella è l’unica persona che quando lei è proprio arrabbiatissimo la calma?
«Ma io non mi arrabbio mai, sono un appassionato, sono soltanto un appassionato, sono come un personaggio di Puccini Vedere la Bohème di Puccini è una carezza per la mia anima».
Ma lei non è un rockettaro? Cosa c’entra con Puccini?
«Avevo una banda rock a suo tempo, però mi è venuta la passione per l’opera in particolare è nata con il Nabucco e con il Va pensiero. Viva la libertà, carajo!».