il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2024
Intervista a Renzo Arbore. Parla dei cent’anni della radio
Oggi è la Giornata mondiale della radio. Quest’anno sono 100 anni dalla sua nascita. E Renzo Arbore, di questi 100, ne ha condivisi quasi 60. Lui è maestro, professore, ingegnere, tecnico, apostolo, guida, guru, memoria storica dell’unico mezzo che non conosce crisi.
Come sta la radio?
Benissimo: si rinnova continuamente, sa adeguarsi sia alle novità tecnologiche sia a quelle sociali; eppure quando abbiamo iniziato, nel 1965, già la trattavano da “superata”, da sorella povera della televisione.
E invece…
Devo rivendicarlo: proprio nel 1965, assieme a Gianni Boncompagni e grazie a dei dirigenti illuminati, siamo riusciti a far diventare Bandiera Gialla il programma preferito dai ragazzi. Poi è nato Per voi giovani.
Una rivoluzione.
Assoluta. Quei dirigenti che ci hanno permesso tutto ciò, a loro volta erano dei trombati dalla tv e in cerca di riscatto.
La radio era la Caienna.
(Ride) Anche io e Gianni siamo stati puniti, così nel 1970 ci hanno offerto un’altra trasmissione; (pausa) c’era stato il ’68, tutto era politicizzato, e con Bocompagni avevamo pensato a un programma di musica e puttanate.
E in Rai?
Ci diedero il via, ma non potevamo mantenere quel titolo: nacque Alto gradimento insieme a Franco Bracardi e Mario Marenco.
Bel quartetto.
Eravamo totalmente liberi, ogni giorno improvvisavamo.
Accadeva la qualunque.
Bracardi mostrava pure il culo dalla finestra o Boncompagni stressava i tecnici: fingeva malfunzionamenti alle macchine. Ma l’obiettivo era divertirsi, scatenare la fantasia.
“Fantasia” è la parola chiave.
Alto gradimento è stata la prima trasmissione di totale fantasia, con la nascita di personaggi assurdi e memorabili.
Con la radio è stato amore al primo ascolto…
Già da bambino, quando ancora non c’era la tv: sono stato allevato da lei, e a un certo punto avevo iniziato a costruirle, utilizzavo le cuffie lasciate dall’esercito statunitense.
Davanti al microfono si è trovato dentro al sogno.
Per questo alle nove del mattino, della mia prima diretta, ho bevuto tre o quattro whisky. Poi dissi: “Scusate signori se mi presento, sono il prologo”; (pausa) sono entrato grazie a un concorso e il mio compagno di banco era Boncompagni.
Negli anni 60 c’era la censura…
Sì, ma per noi era una fonte di scherzi; a quel tempo erano proibiti alcuni termini come “coscia” a meno che non fosse “coscia di pollo”; oppure era vietata la satira politica.
Però a voi è capitata…
Prima però andai da tutti i segretari di partito per chiedere il permesso.
Oltre a lei e Boncompagni, chi altro ha rivoluzionato la radio o ne è simbolo?
Maurizio Costanzo con Buon pomeriggio o Franco Moccagatta con 3131: per la prima volta gli ascoltatori sono diventati protagonisti; 3131 fu una trasmissione ostacolata, avevano timore delle opinioni del pubblico.
Come mai nel 2024 la radio sta meglio della tv?
Perché sa adattarsi, riesce a fare compagnia, accompagna e resta una palestra straordinaria per i conduttori: chi oggi è in tv arriva quasi sempre dalla radio.
Cantava Eugenio Finardi: “Con la radio non c’è da stare immobili…”.
Viene con te, non assorbe il tuo tempo, non ti ipnotizza; (ci pensa) sto lavorando per Rai Storia su un mio vecchio programma del 1984 dedicato ai 60 anni della radio: in quel frangente presentavo Corrado, Alberto Sordi, Monica Vitti, Claudio Villa, il Quartetto Cetra, Nunzio Filogamo…
Nunzio Filogamo è veramente gli albori.
Il suo Non c’è bisogno di denaro si ascoltava religiosamente; è stato lui a coniare lo slogan “cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate”; (pausa) con Boncompagni, grazie alla radio, siamo diventati disc jockey…
E da disc jockey ed esperto di musica napoletana cosa ne pensa delle polemiche per il brano in dialetto di Geolier a Sanremo?
La canzone napoletana è parte del patrimonio canoro italiano, della nostra cultura. E mi fa piacere si sia rinnovata attraverso cantanti come Geolier: dimostra vitalità del dialetto.
L’altra polemica del Festival riguarda la politica: può “stare” sul palco?
È normale, gli artisti non sono più quelli di un tempo, dove erano quasi sempre solo interpreti: hanno tutti un background culturale ed è giusto esprimano le proprie opinioni.
Gli artisti di Sanremo dominano le frequenze….
(Sorride) Lunga vita alla radio, tanti auguri; ora sono curioso di vedere come riuscirà a rinnovarsi con l’intelligenza artificiale.