il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2024
Una questione di naso
“Una volta un presentatore televisivo mi ha annunciata così, ‘una donna di gran fiuto’”, scrive Caro Verbeek, autrice olandese di questo libro sorprendente appena pubblicato in Italia da Il Saggiatore. Si intitola Sul naso. Una storia culturale: o meglio, siamo di fronte a una fantasmagorica odissea nasale. Cambiano, nel corso del tempo, i canoni estetici e oggi gli intermezzi troppo vistosi tra gli occhi e la bocca sono diventati un tabu, “specialmente per le donne”. Ma non è sempre stato così. Tutt’altro. Per secoli aveva trionfato un prototipo di bellezza di segno diametralmente opposto e se fosse esistita una chirurgia dedicata, sarebbe stata “ingrossante”. Il volume, che non vuol essere un esorcismo autobiografico (“solo in minima parte”), lo racconta sapidamente. Molto ha influito il suo curriculum di studentessa e critica d’arte: “Da ragazza ho fatto conoscenza con un’enorme varietà di nasi meravigliosi: grandi e piccoli, dritti e obliqui, grotteschi e discreti, dipinti e scolpiti”.
La prima epifania quando si imbatté nel ritratto di profilo di Federico da Montefeltro, pennellato da Piero della Francesca. Uno dei volti più paradigmatici della pittura, e zero complessi. “Il condottiero ne andava orgoglioso e fece in modo che tutti potessero ammirarlo”. La forma del suo naso testimoniava, infatti, il suo coraggio, oltre la solidità del suo status. Elogio di certe prominenze fisse superiori: la loro caduta in disgrazia è vicenda recente. Dall’antichità all’Ottocento avanzato, più possenti erano e più valore sprigionavano nell’immaginario collettivo. Che poi non è vero che il nostro olfatto sia scarso, o comunque ridimensionato dopo la conquista della posizione eretta, come aveva postulato quell’anosmico (causa cocaina) di Freud.
La neuroscienza sostiene adesso ben altro, che possiamo distinguere miliardi di odori. Abbiamo creduto a lungo all’egemonia di vista e udito, al loro blasone di sensi nobili e di ponti per la conoscenza; eppure continuiamo a effonderci in espressioni classico-virali come “c’è qualcosa nell’aria”. “Perché il naso sporge più di qualsiasi altra parte del corpo?” si arrovellava Aristotele, che lo denominò “centro radioso”. Adunchi e all’insù, a sella e camusi, da bevitore e a patata, o a forma di cavolo. Nasi greci, ossia diritti e imperiosi, o romani, a uncino. Il progenitore iconografico è una ciclopica scultura mutilata proprio sul più bello: la Sfinge di Giza. Quel leone con testa di faraone che domina, da 5.500 anni, tre piramidi sulla sponda destra del Nilo. “Ciò significa che il suo naso doveva misurare almeno 2,5 metri, un metro in più di quello della Statua della Libertà”. Perché si dà il caso che non sia più al suo posto, “spesso i nasi delle statue venivano danneggiati o asportati volontariamente”. Era la cosiddetta denastatio. Un naso che scatenava grandi emozioni era quello di Socrate, semidio della filosofia: leggenda vuole fosse piatto e largo, e le narici ne lasciassero scorgere l’interno.
2 mila anni fa e rotti un organo olfattivo oscurò tutti gli altri, quanto a fama e portata: apparteneva alla donna più potente del globo, Cleopatra, l’ultima regina d’Egitto. Se “fosse stato più corto, tutta la faccia della Terra sarebbe cambiata” sentenziò Pascal. Quello di Michelangelo venne sfregiato, ancora adolescente, da un cazzotto in faccia dell’amico Pietro Torrigiano. Naso da profumiere per Leonardo da Vinci e monumentale per Ferdinando I delle Due Sicilie, ribattezzato insolentemente dai suoi sottoposti “Re Nasone”. Il corrispettivo di Napoleone Bonaparte era affilato e acuto: sarebbe stato non dissimile dallo scorcio effigiato di un suo ideale antesignano, Alessandro Magno. L’imperatore francese selezionava i suoi uomini alla stregua di un metodo infallibile: la sufficiente lunghezza del loro naso.
La carrellata di Caro Verbeek passa infine in rassegna tipologie più contemporanee. La crudele promenade anatomica della strega dei fratelli Grimm e la mutevole spada di legno del Pinocchio di Collodi; “Il naso” di Gogol’ e quello, problematizzante, di Uno, nessuno e centomila di Pirandello. Eccoci al 900, tempo della rinoplastica e del nasino mignon-celestiale di Barbie, “il suo aspetto soprannaturale ha convinto milioni di ragazze”. Via gobbe e micro-avvallamenti: non c’è stata più partita, ogni imperfezione bandita. A parte qualche mirabile esempio di libertà ed eresia come Barbra Streisand e Lady Gaga. Personalità non conformi, non si sono fatte prendere per il naso.