Il Messaggero, 12 febbraio 2024
Il centenario della radio
Le morti annunciate sono state almeno due. La prima quando negli Anni 50 televisione entrò nelle case degli italiani e alla trasmissione della parola si affiancò quella dell’immagine: una rivoluzione. La seconda quando negli Anni ’90 la diffusione di Internet aprì orizzonti nuovi nel mondo delle comunicazioni. Eppure la radio è ancora viva. E rimane un pilastro fondamentale del panorama mediatico. L’importanza del mezzo che ha cambiato il mondo sarà celebrata oggi con il World Radio Day, la Giornata Mondiale della Radio istituita dall’Unesco nel 2011. L’edizione di quest’anno coincide con il centenario della nascita della radio in Italia e a Milano Radiospeaker.it, la più grande radio community d’Italia, ha organizzato un evento che nello spazio del Talent Garden Calabiana riunirà artisti, speaker e direttori del settore (sarà trasmesso in diretta streaming su tutti i social del network dalle 10 alle 18).
IL PRIMO ANNUNCIO
Cominciò tutto con un annuncio della violinista Ines Viviani Donarelli, che annunciava l’esecuzione in diretta di un concerto, l’Opera 7 di Franz Joseph Haydn suonata da un quartetto d’archi da lei stessa capitanato, da una sala vicino a Piazza del Popolo a Roma. Era il 6 ottobre 1924, data considerata come quella che segnò l’inizio delle trasmissioni italiane, dopo che nei mesi precedenti l’Uri, Unione radiofonica italiana (antesignana della Rai), aveva ottenuto dal Ministero delle Poste del governo Mussolini la concessione dei «servizi radioauditivi circolari». Nel Regno Unito quattro anni prima la stazione Marconi di Chelmsford aveva trasmesso il primo regolare servizio radiofonico della storia, mentre nel 1922 era stata fondata la Bbc, British Broadcasting Corporation, la più antica radio del mondo tuttora esistente. Di parole e note ne sono state trasmesse, da allora: dalle dichiarazioni di guerra al Festival di Sanremo (che nel 1951 cominciò la sua avventura sul Programma Nazionale, l’attuale Rai Radio1), passando per le cronache delle partite che hanno fatto la storia del calcio (la prima, Italia-Ungheria, fu trasmessa nel 1928, trentadue anni prima del debutto di Tutto il calcio minuto per minuto), la radio ha accompagnato la storia del nostro paese.
I RICORDI
«Era il 1965 quando quel genio di Leone Piccioni, direttore dei programmi radiofonici della Rai, mi chiamò a condurre Bandiera gialla. Sembrava che la radio stesse diventando la sorella vecchia della tv. Invece insieme a Gianni Boncompagni e ad Adriano Mazzoletti facemmo la rivoluzione – ricorda Renzo Arbore, 86 anni, oggi considerato il re della radio in Italia – portammo in Italia i dischi dei Beatles e dei Rolling Stones e avvicinando le nuove generazioni di allora alla radio con programmi come Per voi giovani e lanciando format leggendari come Alto gradimento. Io venivo da Radio Bari, che era stata la radio del Regno del Sud».
LE SFIDE DELLE PIATTAFORME
Il World Radio Day 2024 sarà un’occasione per sensibilizzare sulle sfide che la radio sta affrontando, derivanti dalla diffusione di piattaforme come Spotify e YouTube, dai social e dai divari generazionali. La radio ha superato la rivoluzione digitale senza soffrirne la transizione, ma cavalcandola impossessandosi dei nuovi mezzi con i podcast, i servizi di streaming, l’interazione sui social con i propri ascoltatori. «La radio non è mai morta: si è sempre adattata ai tempi con musica e linguaggi. Siamo stati a Sanremo con i nostri conduttori e il grande gruppo dei social. Rtl 2012.5 (radio più ascoltata d’Italia nel 2023 con oltre 6,035 milioni di ascoltatori, ndr) ha ottenuto sui social 33,5 milioni di visualizzazioni. Radio Zeta, da sola, ha raggiunto 11 milioni», dice Lorenzo Suraci, 72enne patron del gruppo Rtl. Che dall’alto della sua esperienza rivendica: «Ho sempre avuto da quasi 40 anni un feeling straordinario con questo mezzo che ho trasformato e fatto crescere fino a diventare radiovisione (era il 2006, ndr), oggi imitata da tutti anche in Italia».
I FENOMENI
Sulla capacità di intercettare il pubblico giovane contano anche le proposte musicali: «Oggi tutti conoscono Geolier: noi, però, abbiamo cominciato a trasmettere le sue canzoni un anno fa», dice Albertino, 61 anni, voce di punta di Radio DeeJay. Per Simona Sala, 63 anni, direttrice di Rai Radio2, la parola magica è “crossmedialità”, ovvero la capacità della radio di uscire in qualche modo fuori dalla radio: «Se sei appassionato del Ruggito del coniglio, quella trasmissione te la vai a cercare anche sulle piattaforme: non a caso è uno dei programmi più scaricati su RaiPlay e RaiPlaySound. E lo stesso vale per 610 di Lillo e Greg. La radio è tanto giovane quanto riuscirà a non farsi schiacciare dal mondo del web, lavorandoci insieme». Al forum di Milano oggi interverrà anche Claudio Cecchetto, che nel 1982 fece la storia fondando la stessa Radio DeeJay: «Lo scorso anno ho lanciato la mia webradio, RadioCecchetto. Oggi annuncerò il debutto di un gruppo, Cecchetto Web Broadcast. Ormai la radio non puà vivere senza il web. E forse è già tardi per investire su quel fronte».