la Repubblica, 12 febbraio 2024
Il nazionalismo provinciale
“Amadeus (parlando delle vittime delle foibe, ndr) doveva ricordare che Tito era comunista”, ha detto il presidente del Senato alla radio. È proprio vero che ognuno vede e sente solo quello che vuole vedere e sentire. A me, per esempio, sarebbe piaciuto, da cittadino italiano ed europeo, che nelle tante rievocazioni che i tigì Rai hanno coperto con solerzia (non credo ce ne sia sfuggita neanche mezza), qualcuno avesse avuto la dignità e la serietà di ricordare, tra le cause evidenti di quell’orrore, l’invasione fascista della Jugoslavia e le angherie, documentate, ai danni delle popolazioni slave al di là e al di qua del confine: erano in casa loro tanto quanto gli italiani in Istria e Dalmazia. Non è accaduto. E dunque, come prevedibile, il nostro governo nazionalista (oggi sinonimo di provinciale) si è ben guardato dal rischio di uno sguardo europeo, dunque inter-nazionale, sulle foibe e sul doloroso esodo degli italiani.
Peccato, è stata la classica occasione persa. Hanno prevalso la retorica patriottarda, il vittimismo politico, la strumentalizzazione faziosa. Avendo lavorato per molti anni, da ragazzo, all’Unità, ricordo bene, anche da specifici episodi, la cappa di censura e di imbarazzo che avvolgeva la storia delle foibe. Quarant’anni dopo, a me che fui comunista, quel remoto imbarazzo appare una gravissima omissione. Per La Russa e per il nostro governo, evidentemente, settant’anni dopo i fatti, è ancora impensabile parlare di quella atroce guerra, e di quel sanguinoso dopoguerra, come di una conseguenza diretta del nazifascismo. La storia è complicata e dolorosa per tutti, caro senatore La Russa. Alla sua età, sarebbe onorevole prenderne atto.