il Giornale, 12 febbraio 2024
Ai, l’inno agli scansafatiche
Alla fine dei 60 secondi di spot è chiara una cosa: Copilot, il servizio di intelligenza artificiale progettato da Microsoft, è bravissimo ed efficientissimo. In questa pubblicità, che è andata in onda durante il Superbowl, ovvero l’evento mediatico d’America, il messaggio trasmesso a milioni e milioni di spettatori dall’azienda di Bill Gates è stato il seguente: non preoccupatevi se sbagliate tutto e se, basandovi soltanto sui vostri talenti e sul vostro impegno, sareste destinati al fallimento; il successo ve lo può comunque garantire l’Intelligenza artificiale. Basta fornirle qualche dato e ci penserà lei a farvi superare gli esami, girare un film, aprire un’attività o imparare qualcosa nonostante l’età: che tu sia giovane o vecchio, lei lavorerà al posto tuo, faticherà per te, otterrà i risultati e, poi, te li regalerà, affinché tu possa goderne come se ti fossi guadagnato tutto con le tue forze. E questo passaggio, in fondo, è un peccato: perché fare la fatica di godersi il successo (non) ottenuto? Perché non può godere il software al posto nostro? Perché serve l’attrazione fittizia del successo, il mantra della nostra epoca, per annebbiare le intelligenze (reali) e ridurle in quello che Immanuel Kant, uno che non aveva paura di sudare, avrebbe definito lo «stato di minorità». Minorità, spiegava il filosofo in
Che cos’è l’illuminismo?, è «l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro». Ma questa minorità è «colpevole» se è causata non da un difetto del nostro cervello, bensì «dalla mancanza di decisione e del coraggio» di usarlo senza farsi guidare da altri. L’illuminismo è proprio l’uscita da questo stato di minorità di cui siamo colpevoli, per pigrizia, conformismo, pavidità... Come si rimedia? Risposta di Kant: «Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza». Basta poi non chiedere a Copilot come fare a usarla, o dove trovarla...
P.S. È tipico delle dittature presentare lo stato di minorità come qualcosa di positivo e auspicabile. Perché, in effetti, per il potere lo è