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 2024  febbraio 12 Lunedì calendario

Intervista a Geolier

Geolier in questi giorni ha vissuto un’altalena di emozioni meravigliosa e difficile, complicata per un ragazzo di 23 anni che invece sembra sereno e pacato. E lo dice subito, appena chiediamo se preferisce esser chiamato con il suo vero nome, Emanuele, oppure Geolier: «Come preferisce, non c’è problema, sono Emanuele e Geolier. La stessa persona».
Alcune persone si sono alzate e se ne sono andate quando ha vinto la serata delle cover. Perché?
«Nun fa nient’, non è importante per me è stato già un grande onore e una bellezza vincerla con i miei fratelli Gigi D’Alessio, Luché e Gué Pequeno. Io sono l’ultimo di cinque fratelli maschi, nato e cresciuto a Secondigliano. Sono e mi sento un ragazzo normalissimo visto che a 7-8 anni già lavoravo a cottimo a casa, montando viti e bulloni. Agg’ faticato veramente e so quali sono le cose importanti della vita».
Geolier, il secondo posto al questo festival di Sanremo è il risultato del voto di sala stampa, radio e televoto. Leggendo le percentuali la sala stampa ha ribaltato il televoto che la dava vincente con una larga percentuale. Lei però, oggi, è di una calma olimpica.
«È tutta esperienza che porterò a Napoli. Mi sono divertito assai e anche quei momenti là ti aiutano a crescere, sono i migliori perché ti fortificano e io sono un ragazzo del 2000, ho solo ventitré anni e devo fare tanta esperienza».
Non pensa che ci sia stato un po’ di pregiudizio verso la lingua napoletana e il fatto che “I’ pe’ me, tu pe’ te” sia una canzone in napoletano l’abbia penalizzata?
«Ma se si stesse parlando degli anni ’50 forse sì, ma ora e l’ho detto in settimana in tutte le occasioni dove mi hanno fatto questa domanda, penso che sia passata questa cosa del pregiudizio, in generale. Sono un ragazzo del mio tempo, vivo l’oggi e non il passato e non posso raccontare quell’epoca».
Allora, a conti fatti, come è stata questa esperienza festivaliera?
«Il cammino mi è piaciuto assai. Mi porto a Napoli dei bei ricordi di Sanremo. Il festival è una gara a sé, non contano gli streaming. Non funziona in base a questo e lo so bene. In molti hanno pensato che siccome Geolier è fortissimo sugli streaming allora va a Sanremo e si porta a casa la vittoria facile facile. Sono contento di tutto quello che mi è successo e di ogni giorno passato qua. È stata un’esperienza pazzesca».
Quindi non è deluso nemmeno un po’?
«Deluso? No, mi sento bene, ho fatto un bel Festival e mi è piaciuto tutto. Ho portato il napoletano qui, per questo ho già vinto all’inizio del Festival e ho realizzato il mio obbiettivo principale, quello di riuscire a far breccia in una gara dove cantare in napoletano sembrava addirittura un ostacolo. Sul palco c’eravamo due ragazzi del 2000, io e Angelina e lei ha vinto. Questo è l’importante. Sono contento, e per me non poteva andare meglio. Mi godo il cammino in ogni istante della mia vita e anche questa esperienza è parte del cammino».
E il cammino prevede tre stadi Maradona, uno in fila all’altro, il 21, 22 e 23 giugno. Mica una cosetta da poco. Si rende conto?
«Sono entusiasta per quello che mi sta accadendo e per quello che la gente mi sta dando in termini di calore, rispetto, amore nell’ascolto delle mie canzoni. Ora però devo tornare a Napoli, andare in studio, scrivere e concentrarmi. Nella testa mi frullano tante idee ma devo focalizzarmi sulle cose importanti. Quando fai musica devi fare solo la musica e in questo periodo ho pensato ad altro. Devo capire che cosa hanno assorbito il mio cervello e il mio cuore. Il disco deve uscire prima del tour perché c’è il Maradona, ed è stupendo, incredibile, pazzesco, ma i live non finiscono lì».
Cioè?
«Ho anche degli impegni internazionali davanti a me, un tour che mi porterà in Spagna, Germania, in Svizzera e altre date si stanno aggiungendo».
Mi dica in una parola cosa le ha lasciato questa esperienza?
«La maturità».