Corriere della Sera, 10 febbraio 2024
Intervista a Angelina Mango
SANREMO Per Angelina Mango, quello dell’Ariston è un palco di famiglia. Papà, il cantautore, ci è stato sette volte in gara. Mamma, che è Laura Valente, ci è stata due volte con i Matia Bazar. Nella serata delle cover e dei duetti Angelina ha portato «La rondine», una canzone di papà, accompagnata dai musicisti, alcuni dei quali registrarono la versione originale, del Quartetto d’archi dell’Orchestra di Roma
Nella serata duetti del 2007 papà e mamma duettarono. C’era anche lei?
«Ero in prima elementare e l’ho visto da casa: ero impegnativa da piccola e con tutti gli impegni che avevano non potevano certo portarmi al Festival. Mi ricordo che fu una grande emozione. E oggi mi dà calore sapere di avere una storia familiare in questo posto».
L’emozione di affrontare una canzone di papà?
«Anche se normalmente tendo ad andare nuda sul palco, in questa serata sento che ci sono ancora più punti scoperti».
Quando papà è scomparso nel 2014 lei aveva 13 anni. Facevate musica insieme, gli ha chiesto consigli?
«Ho iniziato a scrivere canzoni in italiano nel 2015 e purtroppo non ho potuto avere consigli da lui. A casa però si faceva musica in maniera libera, era condivisione più che consigli. E anche adesso è così. Con mia mamma e mio fratello, è grazie a lui se faccio musica, finiamo di pranzare e suoniamo o ascoltiamo qualcosa».
Nel testo dice che al posto delle «perle di saggezza» lei ha «perline colorate per le bimbe incasinate» che sciolgono i traumi piano piano.
«Ho le perline colorate perché sono rimasta bambina. Però credo che le mie perline siano comunque perle di saggezza. Non so se è chiaro, ma io così mi sono capita».
Perché era incasinata?
«Ho avuto problemi nella crescita per cause esterne e questi traumi li sto snodando. Mi piaceva legare questa immagine terribile alle perline».
La scelta della cover è un modo per chiudere un cerchio, per sciogliere quei traumi?
«Non ha un valore così decisivo. Non avevo mai cantato nulla di mio padre, perché non ne vedevo il motivo. Qui invece mi sembrava l’unica cosa giusta da fare: ne ho parlato a casa, e anche gli altri la pensavano così».
Da teen ha mai rifiutato la musica dei genitori per ribellione o altro?
«Non ho mai pensato “ogni scarrafone è bello...”, ho sempre ascoltato quello che mi piaceva, che venisse dalla famiglia o da fuori».
«La noia» della canzone. Come la vive?
«Il brano è nato perché sia io che Madame avevamo questa sensazione di aver vissuto molti alti e bassi e mai un momento stabile nella vita. Ultimamente abbiamo sperimentato una tranquillità e serenità che ci ha fatto strano. Se non sei abituato a viverli, questi momenti all’inizio ti sembrano negativi. Però io penso che la noia sia essenziale, e che quei momenti siano del tempo in più che abbiamo, non del tempo perso».
Non c’è più spazio per la noia nella società degli smartphone e dei social: non siamo mai soli...
«Mi sono annoiata tanto da piccola. Lagonegro è un paese di 5 mila abitanti che non offre tanti stimoli e così ho avuto tanto tempo da dedicare alla musica e alla famiglia. A me la noia è servita».
Lei gira per Sanremo con un walkman e le cassettine di una volta...
«A casa ho una grande libreria con cd, dvd e cassette e vinili. A me piace toccare il prodotto: facendo così assume un valore più grande il momento di ascolto».
In cos’altro si sente vintage e in cosa Gen Z?
«Sono generazione Z piena nello stile, nella musica e anche nell’uso dei social. Sono vintage nei rapporti umani, nell’amore e nel contatto, visivo e fisico».
Lei è in ottima posizione sia per la Sala Stampa che per Televoto e radio. Se succede?
«Non mi vedevo manco sul palco di Sanremo. Non mi faccio aspettative. Al di là delle classifiche non ho altri obiettivi se non portare tutta me stessa lì e comunicare qualcosa. Sul palco mi sono sentita a a casa. Penso non esistano amori non corrisposti e quando provo qualcosa di forte è difficile che ci sia uno sbilanciamento con il mio interlocutore. Ho sentito l’amore reciproco con il pubblico e l’orchestra».