Corriere della Sera, 11 febbraio 2024
Il mistero dei Pushkin rubati «Le prime edizioni sono oro»
Chi sta rubando le prime edizioni di Pushkin in giro per l’Europa? L’ultimo colpo noto è alla Staatsbibliothek di Berlino. Ci è voluto l’intervento della polizia tedesca, che ha chiesto alla direzione della biblioteca di fare una verifica sulle edizioni rare degli autori russi, per scoprire che era avvenuto l’irreparabile. Cinque libri antichi erano stati sostituiti da copie perfettamente forgiate da falsari. Tra queste, un Boris Godunov del 1831, un Prigioniero del Caucaso del 1828, I fratelli masnadieri del 1827.
I ladri di Pushkin, e di altri autori russi, stanno colpendo in Europa da quasi due anni. Le prime azioni coincidono grosso modo con l’inizio della guerra in Ucraina. E la mappa, punteggiata di crocette, si allarga a tutta l’Europa: Tarsu (Estonia), Riga (Lettonia), Vilnius (Lituania), Varsavia (Polonia), Ginevra (Svizzera), Lione, Parigi (Francia), Berlino (Germania). «I facsimile sono estremamente ben fatti – ha detto Barbara Heindl, la portavoce della Staatsbibliothek al Tagespiegel —. Occorre osservarli con lenti d’ingrandimento per notare le discrepanze, come piccoli difetti di stampa, un timbro con un errore, una carta diversa».
E allora dietro a questa sparizione di un centinaio di edizioni rare che valgono almeno 2 milioni di euro, bisogna immaginarsi – come dice la polizia tedesca, e prima quelle francesi e polacche – una gang altamente specializzata. Che consulta i cataloghi di libri rari online, che manda emissari nelle biblioteche travestiti da studiosi di storia della censura e stampa dell’Ottocento, che produce le copie nei laboratori tra carte ottocentesche e inchiostri naturali e infine le sostituisce agli originali, dileguandosi.
In parte, la banda sarebbe stata rintracciata: si tratta di georgiani. Uno è stato fermato all’aeroporto di Bruxelles, un altro arrestato in Estonia. Tutti negano qualsiasi coinvolgimento. Ai vertici delle istituzioni coinvolte nei furti è successo il finimondo. È crisi alla prestigiosa Bibliothèque nationale de France – 8 Pushkin scomparsi —, mentre alla Biblioteca universitaria di Varsavia la direttrice si è dovuta dimettere: i libri rari scomparsi erano 77 e uno è stato battuto all’asta a Mosca il 22 dicembre a 30.500 euro.
Ma perché Pushkin? Non c’è solo lui tra le opere razziate, è vero, ci sono Lermontov, Gogol e altri classici, ma è lui il più ambito. I bibliofili per lui farebbero pazzie. «Pushkin è oro», dice un procacciatore di originali alla France Presse, che ai furti ha dedicato un’inchiesta. «Pushkin è sempre stato molto caro – spiega invece a Le Monde la studiosa Ekaterina Nikolaeva-Tendil – ha pubblicato molto poco in vita, spesso capitolo per capitolo. E poi, dopo le sanzioni i russi ricchi faticano a comprare in Europa». Ma Pushkin, morto a duello in uno spiazzo liberato dalla neve il 27 gennaio 1837, è anche altro. Nessun autore è tanto amato, venerato, tanto identificato con l’anima russa, qualsiasi cosa significhi, come lui.
E nessuno, in tempi recenti, è stato citato quale simbolo dell’imperialismo di Mosca quanto Pushkin. Putin lo pone nel suo pantheon dopo Pietro il Grande. Gli ucraini da Kiev a Kharkiv abbattono le sue statue, perché il suo ritratto dei «cosacchi» (ucraini dell’epoca) è impietoso e «coloniale». Per gli slavisti come Serena Vitale, Pushkin è tutto, l’invenzione della prosa russa, della lingua, il legame profondo che lega i russi.
Chi c’è dietro? Bibliofili ricchi di Mosca e San Pietroburgo che ingaggiano i falsari, come ufficialmente ipotizzano le polizie europee? Molti collezionisti non ci credono e vedono il timbro dello Stato. Qualcuno a Mosca ha lanciato l’Operazione Rimpatrio?