Corriere della Sera, 11 febbraio 2024
Una matita per l’europa (e poi?)
Piccoli dettagli, grandi temi. Le matite sono più importanti delle scarpe. Queste ultime, indossate da John Travolta, hanno suscitato polemiche infinite. Brutta storia. Le matite invece sono passate inosservate. Eppure non invogliavano ad acquistare nessun prodotto, ma semplicemente a votare. Non i cantanti in gara, però. Le matite erano lì nella loro veste di simbolo della democrazia rappresentativa. Vi chiederete: che cosa c’entra tutto questo con il Festival di Sanremo? Tra i successi della settantaquattresima edizione – come riferiva ieri sul Corriere Michela Rovelli – va sottolineata l’esplosione del gioco FantaSanremo (2,6 milioni di iscritti) con tutti i bonus e i malus legati a minimi e imprevedibili gesti dei cantanti. Un’iniziativa spontanea e laterale al Festival che ha attratto anch’essa – per la gioia degli ingegnosi fondatori – un buon flusso di pubblicità. E tra queste, rappresentata dalla matita con la quale si vota, persino del Parlamento europeo che ha voluto promuovere così la partecipazione alle elezioni del prossimo giugno. E ha investito, giustamente, nella parte di spettacolo che va sui social network, e su un gioco che ha spopolato tra il pubblico dei più giovani. Si può discutere sulla scelta della matita, bellissima e fortemente evocativa, ma distante dalle abitudini giornaliere dei giovani che difficilmente ormai la usano. E anche interrogarci se non sia venuto il momento di promuovere di più il voto digitale, a distanza o almeno per corrispondenza.M a è indubbio che quella pubblicità, passata inosservata, risibile per l’impatto mediatico rispetto alle scarpe del boomer Travolta, sia la spia della principale preoccupazione sul futuro delle democrazie rappresentative: l’incubo dei seggi vuoti. Nell’ultima tornata elettorale europea, nel 2019, in tutti i Paesi, l’affluenza (50,62 per cento) fu superiore a quella di cinque anni prima (42,61) solo grazie alla maggiore partecipazione degli under 25 (più 14 punti percentuali) e dei 25-39enni (più 12 punti). Interrogati dall’Eurobarometro, molti giovani dissero di essere stati convinti ad andare a votare dopo il referendum della Brexit (2016) che, se fosse dipeso dalla volontà dei loro coetanei britannici, non sarebbe mai avvenuta. La grande paura di giugno, quando si eleggeranno 720 componenti (15 in più) dell’assemblea di Strasburgo, è che vada alle urne meno del 50 per cento degli aventi diritto al voto. La maggioranza degli europei mostrerebbe di disinteressarsi del destino dell’Unione. Una formidabile arma propagandistica a favore di chi è contro le politiche comunitarie. In molti Paesi membri è stata ridotta la soglia di età per esercitare il diritto di voto, a 17 anni come in Grecia o addirittura a 16 anni come in Germania e Austria per fare solo qualche esempio. Ed è stata abbassata anche l’età per essere eletti. L’Italia rimane – e lo abbiamo già sottolineato – il Paese dell’Unione europea che dà meno diritti politici ai giovani. Si vota a 18 anni; per essere eletti bisogna averne 25. Solo la Grecia ha un limite così alto. Nessuno si scandalizza. Non c’è partito che si occupi di questa discriminazione giovanile. In alcuni Paesi poi, come il Belgio, il voto è obbligatorio. Lo sarebbe in teoria anche da noi perché, nella nostra Costituzione, è anche un dovere. Non c’è sanzione. Forse ci potrebbe essere – come avviene per il FantaSanremo – un bonus. Ne abbiamo tanti. Un premio fedeltà come quello che viene promesso, in uno spettrale spot del Festival, a chi sottoscrive i Btp.
Nella primavera si intensificheranno le iniziative per incoraggiare il voto giovanile in occasione anche dei concerti e, in particolare, dell’Eurovision Song Contest 2024, in maggio in Svezia. La rappresentanza italiana ha promosso una specie di concorso ( Ciak, Europa si vota ) tra videomaker con tanto di premi finali. L’idea di ingaggiare le star, dai cantanti ai calciatori, appare suggestiva. Certo non sarebbe male se artisti come i milanesi Mahmood o Ghali si impegnassero nel promuovere il voto. Sarebbero certamente apprezzati dal pubblico. E forse anche la questione della cittadinanza degli immigrati verrebbe vista sotto una luce diversa. Ghali ha cantato, commuovendo gli ascoltatori, il celebre brano di Toto Cutugno L’italiano.
È ingenuo pensare che la partecipazione al voto possa essere stimolata solo da un confronto elettorale più serio e preparato, specie sui grandi temi sui quali deciderà il Parlamento europeo, dalla transizione energetica all’intelligenza artificiale. Dopotutto sono in gioco le vite delle prossime generazioni. La preoccupazione maggiore è, invece, di assegnare posti, magari a chi in Italia non lo ha trovato (o è scomodo) e misurare la forza nazionale dei singoli partiti. Curioso che i destini delle democrazie si incrocino con la storia della musica. Questa notte è in programma a Las Vegas il Super Bowl. Ospite più attesa: Taylor Swift, la star americana di maggior successo. I democratici sperano possa esplicitare, con un endorsement che sarebbe clamoroso, il suo appoggio al periclitante, anche nella memoria, Joe Biden. Qualcuno ricorda che ci sarebbero anche i comici. Ma forse, almeno in Italia, abbiamo già dato.