Corriere della Sera, 9 febbraio 2024
«Non permetto mai che qualcosa si frapponga tra me e i miei sogni. Quando voglio arrivare a un punto, mi ci impegno finché non ho più forza nel mio corpo»
«Non permetto mai che qualcosa si frapponga tra me e i miei sogni. Quando voglio arrivare a un punto, mi ci impegno finché non ho più forza nel mio corpo». Khaby Lame ha 162 milioni di follower su TikTok e più di 80 su Instagram. Il suo successo è cominciato durante la pandemia quando, nella sua stanza, registrava video muti da due minuti con la sua mimica divertente e universale. Al fianco ha un nuovo manager, Nicola Paparusso, che è un amico di famiglia ed è anche il fondatore dell’associazione African Fashion Gate che combatte il razzismo e la discriminazione nella moda.
Come è andata ai Grammy? La sua gag insieme a Trevor Noah ha riscosso un grande successo.
«È stata una forte emozione trovarmi in mezzo a tutte quelle star di Hollywood e cantanti internazionali. Io avevo pensato a qualcosa di semplice mentre gli autori avevano un’altra idea. Però la mia proposta è piaciuta a tutti. Al ciak, è stata buona la prima. Anche il capo della produzione rideva a crepapelle».
Ora l’aspettano al Superbowl.
«Speriamo che non piova (mentre parliamo a Los Angeles, dove si trova, imperversa un’allerta meteo, ndr). È la mia prima volta e non vedo l’ora. Incontrerò qualche personaggio famoso ma non posso dire nulla».
Vuole ancora vincere l’Oscar?
«Più di uno. Intanto girerò un film da protagonista, me lo ha proposto Marco Belardi».
Ci racconta qualcosa?
«Sarò 00Khaby, una spia segreta. Gireremo in diverse parti del mondo: Los Angeles, l’Italia, Montecarlo, Abu Dhabi. Dovrò risolvere un problema internazionale e non me la caverò molto facilmente. Dovrò sudarmela e ho deciso che non vorrò usare stuntmen, mi allenerò».
Lei è sempre stato uno sportivo.
«Giocavo a calcio e facevo atletica. Usain Bolt era l’idolo di noi ragazzi delle case popolari. Era il periodo in cui vinceva tutte quelle medaglie d’oro e io volevo diventare un campione. Ho sempre sognato in grande».
Sognare così in grande non fa anche un po’ paura?
«Il problema sono le aspettative. Alle case popolari, per esempio, i ragazzi ci provano a sognare. Ma poi vai avanti e capisci che sei abbandonato. Parlo di neri, bianchi, cinesi, indiani. Tutti. Abbandonati. Sotto elezioni arrivava l’assessore di turno con i pop corn e la Coca Cola a fare promesse. E poi spariva, sempre. Così è difficile sognare. Così si può iniziare a fare le cose sbagliate, a frequentare persone che non vanno bene».
Ha un cameo importante in previsione: con chi reciterà?
«Con Will Smith. Lui e Eddie Murphy sono sempre stati i miei preferiti. Ogni giorno guardavo Il principe di Bel Air. Non ci siamo ancora incontrati e non so che cosa gli dirò. Ho pensato mille cose e alla fine mi sa che dalla bocca uscirà la più stupida. Ho tanta voglia di parlargli con il cuore».
Adesso è lei il principe di Bel Air.
Scoppia a ridere. «Lo sa che stanno facendo una docu serie su di me? Ci ha pensato sempre Belardi, dice che vede in me qualcosa che assomiglia a un fenomeno del cinema. Filmiamo tutti i momenti che sto vivendo, tutti gli incontri che sto facendo, il backstage della mia vita. Spero di riuscire non solo a fare ridere come è accaduto fino ad adesso ma anche a emozionare».
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Tanto lei è convinto di vincerlo un Oscar: chi ringrazierà?
«Dio. E anche mia mamma».
Che rapporto ha con la religione?
«Sono mussulmano, credo fortemente come il resto della mia famiglia. Nel rispetto di tutte le religioni vivo la mia vita cercando di non fare male a nessuno».
È per questo che valuta attentamente le sponsorizzazioni?
«Sono assolutamente contrario a pubblicizzare prodotti come sigarette o alcool. Ho rinunciato a molti soldi perché me ne hanno proposte tante ma non voglio spingere in alcun modo al consumo di quei prodotti».
Ancora a proposito di Oscar, è contento che Io capitano di Matteo Garrone sia in lizza?
«Moltissimo. L’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco voleva coinvolgermi in un talk a Los Angeles ma sarò a Las Vegas in quei giorni e non riuscirò a intervenire. La sera dell’Oscar però sarò lì e farò sicuramente qualcosa per questo film così importante e che mi tocca nel profondo».
Per i ragazzi come quelli che vengono raccontati da Garrone lei sarà davvero un po’ il principe di Bel Air. Sente una responsabilità rispetto a quelle situazioni?
«Comprendo la lingua originale del film, sono nato in Senegal e sento fortemente il legame con l’Africa. Ho conosciuto diversi ragazzi che son arrivati col barcone. Erano e sono dei bravi ragazzi, li seguo ancora sui loro social media e ho visto che hanno trovato una casa, un lavoro, stanno andando avanti. Al tempo, il Comune di Chivasso li aveva sistemati in una abitazione e io gli portavo sempre il riso con il pollo che cucinava mia mamma. Con uno in particolare ero diventato molto amico, si chiamava Arona. Lo hanno ritrovato morto in un fiume... giocava benissimo a calcio. Sarebbe diventato bravo. Molto bravo».
Lei ha sofferto a causa del razzismo?
«Posso parlare solo per me, in effetti no. La fortuna è stata proprio crescere alle case popolari perché lì ci sono tutti, dai marocchini ai romeni agli albanesi. Come puoi essere razzista? Quella cosa è difficile che passi. Poi, c’è sempre qualcuno fatto alla vecchia maniera».
A scuola come andava?
«Facevo il buffone, ho sempre e solo voluto far ridere la gente. Avevo un carattere frizzantino, mettiamola così. Mi hanno bocciato in quarta elementare. E anche in prima media, due volte. Ha fatto bene la professoressa».
Si è sposato da poco con Wendy Thembelihle Juel. Ha voglia di diventare papà?
«Mi piacciono moltissimo i bambini e vorrei avere una famiglia numerosa come quella da dove vengo io, noi siamo in sette. Appena avrò un attimo per fermarmi mi piacerebbe iniziare a pensarci».
Come vi siete conosciti con sua moglie?
«Questo non ve lo racconto. Dobbiamo però ancora fare una festa di matrimonio. Tra un anno la organizzeremo».
Lei è nato come fenomeno sui social media ed è attraverso di essi che ha raggiunto una grandissima notorietà. Prova gratitudine verso questi mezzi e come pensa che si evolveranno?
«Certamente sono grato ai social. Se uno vuole essere un content creator perché sente la necessità di raccontare determinate cose che gli piacciono, io dico: perché no? L’importante è che sia onesto. Per me è giusto che ognuno faccia quello che vuole».
Non ritiene che ci debbano essere maggiori limitazioni soprattutto in alcuni ambiti che investono l’equilibrio dei giovanissimi? Alcuni social sono degli universi enormi, non si rischia di perdercisi troppo dentro?
«Il fatto è che anche mettendo dei limiti non si riesce a proteggerli da tutto. Se impedisci a una ragazzina di dodici anni di accedervi troverà un altro modo per farlo, userà altre credenziali, si spaccerà per un’altra persona. Il punto su cui lavorare è la responsabilità personale».
Chi, tra tutti i grandi personaggi che ha conosciuto, l’ha colpita di più?
«Tom Cruise. Lui è dislessico e discalculico, come me. Eppure, mi ha confessato di imparare a memoria ogni copione. È stato stimolante ascoltarlo. Sono un fan di Lionel Messi ma quando ho conosciuto Cristiano Ronaldo è diventato il mio preferito per come incoraggia tutti con un grande cuore».
Chi le sta intorno dice che il successo non l’ha cambiata.
«Mi sembra proprio di no, lo spero almeno».
Tra dieci anni come si vede?
«Con il baffo più largo, alla Eddie Murphy. Mi manca, non l’ho ancora incontrato. E poi vorrei avere realizzato ancora qualche desiderio in più. Io non smetto mai di sognare. Meno male».