Corriere della Sera, 9 febbraio 2024
Il Basquiat da 4 milioni conteso
Roma Uno sogghigna, l’altro ricorre, la terza affila le armi. Nessuno arretra di fronte all’introvabile tela due metri per uno e novanta di Jean Michel Basquiat (New York 1960- 1988) dal titolo evocativo: «Wine of Babylon». Ma tutti s’ingegnano sul modo migliore per appenderla alla propria parete. Il giorno successivo alla sentenza che riconosce al penalista Giovanni Nappi il titolo di possesso del quadro, nulla appare risolto. Per il semplice fatto che la tela non c’è. Svanita nel nulla. Neppure sulla data di sparizione c’è intesa. Per Nappi sarebbe svanita «nel 2010 quando mi fu promessa». Per Rita Rusic, ex moglie di Vittorio Cecchi Gori, «nel 1999, all’indomani dell’acquisto negli Usa». In questo (ma solo in questo) il produttore concorda con il suo ex penalista Nappi: «Il 2010 – fa sapere il suo nuovo avvocato Gianfranco Passalacqua – è l’anno del mistero».
Riepilogando: un gigantesco Basquiat giace da qualche parte in attesa di essere consegnato al suo possessore, l’avvocato Giovanni Nappi che lo ebbe in qualità di pagamento delle sue prestazioni professionali dallo stesso Cecchi Gori nel 2010. Ma Rusic, ex moglie del produttore, lo reclama per sé quale regalo dell’anniversario di matrimonio, vantando tra parentesi una sentenza con la quale i giudici respingevano un assalto dell’ex marito che tentava di rientrane in possesso.
Alla complessa contesa giudiziaria si aggiunge un nuovo capitolo considerato che Passalacqua ha già anticipato la presentazione di un ricorso contro la sentenza di ieri, quella dalla quale è uscito vittorioso Nappi: «Vi è una giurisprudenza – fa sapere – disattesa da questo giudice, che impedisce a un avvocato il quale si sia occupato di un bene di riceverlo in dono dal suo proprietario. Siamo fiduciosi che i nostri diritti saranno accolti». Nappi, a detta dell’attuale avvocato di Cecchi Gori, incorrerebbe in una sorta di conflitto di interessi se accettasse. Ma il beneficiario del Basquiat sparito alla maniera di un gatto del Cheshire fa spallucce. Dalla sua, dopotutto, vi è una sentenza importante: «Non vi è dubbio – scrive, infatti, il giudice Aldo Ruggiero – che il debito dell’attore (Vittorio Cecchi Gori, ndr) era precedente e la dazione del quadro aveva un intento solutorio».
Si dibatte sugli astratti diritti del possessore tuttavia. Perché l’opera del pittore amico di Andy Warhol e Madonna non è all’orizzonte. E qui entra in campo Rusic che, attraverso il suo avvocato Carlo Arnulfo, perfidamente puntualizza un dettaglio apparentemente secondario che in realtà è essenziale: «Il dipinto costituiva un regalo per l’anniversario di matrimonio, che cadeva il 16 luglio – dice – Il pagamento non veniva affatto eseguito dal medesimo, ma dalla società Cecchi Gori Group Fin.Ma.Vi. srl (poi fallita ndr)». E così sembra proprio voler sottolineare che l’opera non fu pagata dal produttore di tasca propria bensì con i soldi della società in via di fallimento. «Quindi – conclude Rusic – il dottor Cecchi Gori né acquistava il dipinto, né lo pagava».
Ma qual è il valore di «Wine of Babylon»? All’incertezza si aggiunge incertezza. Perché l’opera è valutata attorno ai 4 milioni di euro, suppergiù l’ammontare della parcella dell’avvocato nei confronti del suo cliente seguito per circa un decennio attraverso molte vicissitudini. «Ma non va dimenticato – sottolinea Passalacqua – che alle ultime aste Basquiat è stato ceduto a cifre fra i cinquanta e i sessanta milioni di euro».
Aspettando Basquiat il giudice del Tribunale civile di Roma condanna Cecchi Gori al «pagamento delle spese processuali» nei confronti di Nappi: trentamila euro. Poco più di una beffa.