Avvenire, 8 febbraio 2024
Forse un tempo la Terra era davvero piatta
Che la Terra sia una sfera leggermente appiattita ai poli con un diametro di 12.742 chilometri è risaputo da tempo. Ma potrebbe non essere sempre stato così. C’è stato un momento infatti, che poteva essere appiattita come un confetto e questo ai primordi della sua storia. I geofisici hanno da sempre ipotizzato che i pianeti, Terra compresa, nascessero da “protopianeti” (pianeti in fase embrionale) che possedevano già una forma arrotondata. Per avere questa certezza un gruppo di ricercatori dell’Università del Central Lancashire (inghilterra) ha simulato il modo con cui i pianeti potrebbero formarsi da dischi di gas e polveri attorno ad una stella nascente. Ed è proprio questa simulazione che ha permesso di stabilire che i giovani pianeti anziché avere una forma arrotondata, l’avessero schiacciata. Dimitris Stamatellos, coautore dell’articolo, afferma: «Siamo rimasti molto sorpresi nel vedere la forma dei pianeti primordiali: erano sferoidi oblati, abbastanza simili agli smarties, le caramelline appiattite». I ricercatori non avevano mai simulato la nascita dei pianeti al computer perché davano per scontato che prendessero forma da corpi sferoidali che poi avrebbero dato oggetti via via più grandi più o meno sferici. La sfericità tuttavia, nemmeno ai nostri giorni, risulta perfetta per alcun pianeta, a causa della sua rotazione che ha portato la Terra, ad esempio, ad essere appiattita ai poli di circa lo 0,3 per cento, Giove del 6 per cento e Saturno addirittura del 10 per cento. Ma ora la ricerca ha portato ad ipotizzare che inizialmente i pianeti avessero un appiattimento anche del 90 per cento. Questa fase potrebbe essere durata da uno a cinque milioni di anni, un momento molto piccolo della storia planetaria, visto che il nostro sistema solare ha circa 4,5 miliardi di anni. Questa nuova scoperta è importante per dar modo di capire meglio come nacquero i pianeti. Esistono infatti, due ipotesi circa la loro nascita. La prima è chiamata ipotesi dell’accrescimento del nucleo. Sostiene che i pianeti si siano formati attraverso la «crescita graduale di particelle di polvere che si unirono a formare oggetti progressivamente sempre più grandi su scale temporali lunghe». La seconda è quella dell’instabilità del disco, secondo la quale i pianeti si formarono in un tempo relativamente breve, poiché il disco di gas e polveri rotante attorno a una giovane stella diventò instabile molto rapidamente, dando vita a protopianeti. Afferma Adam Fenton, uno dei due autori della ricerca: «Questa ipotesi è interessante perché i grandi pianeti possono formarsi molto rapidamente anche a grandi distanze dalla loro stella ospite, il che trova conferma in alcune osservazioni di esopianeti, ovvero quelli al di fuori del sistema solare». Seguendo questa ipotesi si è dato vita alla ricostruzione attuale. « È stato un lavoro estremamente impegnativo – afferma Fenton -, poiché ha richiesto mezzo milione di ore al DiRAC High Performance Computing Facility del Regno Unito, uno dei più potenti computer al mondo». Nel loro articolo, che sarà pubblicato su Astronomy & Astrophysics Letters, i ricercatori sostengono che i pianeti nascono “piatti” proprio perché si formano all’interno di un disco rotante. Proprio come un pizzaiolo che fa girare una palla di pasta per la pizza facendola diventare un disco, la forza della rotazione del gas e della polvere che formano il nucleo di un pianeta si allunga e si appiattisce. I pianeti vanno ad assumere la forma sferica solo più tardi, quando gas e altra materia si depositano sui poli nord e sud più rapidamente che sull’equatore. Ora non rimane che tentare di osservare la nascita di protopianeti attraverso i più potenti telescopi, a partire dal James Webb Telescope, per avere o meno la conferma a questa ipotesi, che permetterebbe di avere idee più chiare circa la nascita della Terra e dei pianeti del sistema solare.