La Stampa, 7 febbraio 2024
Vittorio Emanuele, il figlio vuole funerali reali
Nell’attesa di sapere chi arriverà, tra teste coronate, nobili sparsi e socialite, sabato in Duomo, a Torino, per i funerali di Vittorio Emanuele di Savoia, una sola certezza: non ci saranno le folle di monarchici carichi di nostalgia come per l’addio a Maria Josè o a Umberto II. «Sono altri tempi», dice Ugo D’Atri, presidente delle guardie d’onore al Pantheon che con la loro mantella blu notte e lo stemma dei Savoia – una croce bianca su campo rosso sovrastata dalla corona – scorteranno la bara. Altri tempi, certo, ma la disaffezione ha radici più profonde, legate a una vita, quella del principe, passata a dribblare scandali e processi.
Non ci sarà il presidente della Regione Alberto Cirio, atteso a Trieste, in visita ufficiale sui luoghi delle Foibe. E neanche il sindaco di Torino Stefano Lo Russo. Ma il parterre dell’addio, anche se in tono minore, sarà comunque blasonato. Oltre ad Alberto di Monaco, tutti i cugini di Vittorio Emanuele a iniziare da Serge di Jugoslavia (figlio di Maria Pia) con cui era da sempre molto legato. Dovrebbero presenziare anche Paola e Alberto del Belgio con la loro figlia Astrid, insieme al marito Lorenz von Habsburg- Lothringen. E Simeone di Bulgaria, cugino di Vittorio Emanuele, classe 1937, il re bambino diventato poi premier del suo Paese in una coalizione di centrodestra. Ancora in sospeso i duchi di Kent, la principessa Lea del Belgio, i principi del Liechtestein, Leka d’Albania, Don Duarte de Braganza e il discendente della famiglia degli ultimi zar di Russia, George Mikhailovich Romanov insieme alla moglie italiana Rebecca Virginia Bettarini. È Emanuele Filiberto a organizzare tutto e per il padre vuole un saluto degno di un re, con un cerimoniale che ricalchi quello di nonno Umberto II. E chiede «rispetto» per il lutto: «Siamo una famiglia che al di là della storia d’Italia ha perso un padre, un marito, un fratello, un nonno. Vogliamo solo prepararci a dargli l’ultimo saluto». Ma quando di cognome fai Savoia è difficile silenziare le polemiche e soprattutto la memoria che se le porta dietro. Come anche le tante dispute familiari, a iniziare da quella dinastica che ha sempre visto Vittorio Emanuele ed Amedeo d’Aosta contrapposti. Vittorio Emanuele avrebbe perso quel diritto sposando Marina Doria, ricca ma borghese, due anni più grande di lui. Per questo Umberto II avrebbe deciso di portare con sé nella bara il sigillo reale, simbolo dell’autorità. Sotterrando di fatto con lui la monarchia sabauda. Come se avesse sentenziato: «Nessuno dopo di me». Nemmeno suo figlio. Ma questa lettura avvalorata da scritti storici è contestata da altri, che invece sostengono, come Ugo D’Atri, che ogni re ha il suo sigillo e ne fa quello che vuole. E sabato vedremo se quel simbolo sarà sulla bara accanto al collare dell’Annunziata. —