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 2024  febbraio 07 Mercoledì calendario

Acque potabili contaminate da Pfas nella provincia di Alessandria e in oltre 70 comuni della città metropolitana di Torino, incluso il capoluogo

Acque potabili contaminate da Pfas nella provincia di Alessandria e in oltre 70 comuni della città metropolitana di Torino, incluso il capoluogo. La rivelazione è contenuta in un nuovo report di Greenpeace. L’analisi dell’associazione ambientalista si basa su dati ufficiali degli enti pubblici piemontesi ottenuti tramite istanze di accesso agli atti. L’altro dato che emerge dal report è che per la maggior parte delle province piemontesi, invece, non esistono dati. Gli enti pubblici non li raccolgono. I Pfas sono un gruppo di oltre 4.700 sostanze chimiche artificiali (Ocse, 2018), le due più note sono il Pfoa (acido perfluoroottanoico) e il Pfos (acido perfluoroottansolfonico). Di recente la Iarc, l’agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro, ha pubblicato uno studio circa la loro cancerogenicità: il Pfoa è stato classificato come cancerogeno certo, il Pfos come possibile cancerogeno. Utilizzati sin dagli anni ‘40 del secolo scorso per molti usi industriali, ad esempio per l’impermeabilizzazione di tessuti o pentole antiaderenti, i Pfas (acidi perfluoroalchilici) sono resistenti ai processi naturali di degradazione. Un documento dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (dicembre 2019) sintetizza il rischio sanitario derivante dalla loro contaminazione. Nel 2020 Efsa (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) ha stabilito una dose massima settimanale di assunzione pari a 4,4 nanogrammi per chilo di peso corporeo per 4 sostanze (Pfoa. Pfos, Pfna e PfhxS) appartenenti al gruppo dei Pfas.
Un’inchiesta di Le Monde ha ricostruito un anno fa la mappa della contaminazione europea da Pfas. Tra le zone contaminate note ci sono anche il Nord Italia e il Piemonte. «Per questo, dopo Veneto e Lombardia, abbiamo iniziato a chiedere dati agli enti piemontesi con la procedura dell’accesso agli atti per avere un’idea dei livelli di Pfas presenti nell’acqua pubblica», spiega Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento approdato a Greenpeace dopo anni da ricercatore universitario, con un dottorato in ecotossicologia, esperto di economia circolare e inquinamento. A fine luglio 2023 Greenpeace ha inviato 43 richieste alle otto Asl regionali, alla direzione generale di Regione Piemonte, ai 29 gestori del servizio idrico integrato e a cinque comuni che gestiscono autonomamente la propria rete potabile. «Solo 10 enti, pari al 23% del totale – riferisce Ungherese – hanno risposto positivamente inoltrando copia delle analisi effettuate; 10 tra comuni ed enti non hanno invece risposto; 11 tra Asl e gestori hanno giustificato l’assenza di dati con il fatto che la direttiva europea (che fisserà anche in Italia nuovi limiti di concentrazione nelle acque potabili, ndr) entrerà in vigore solo nel 2026 e fino ad allora quindi non occorrono monitoraggi; 8 tra Asl e gestori si sono giustificati sostenendo che non sono in vigore leggi che impongono dei limiti alla presenza di Pfas nelle acque potabili (vero, ndr); due gestori hanno infine comunicato come la ragione dei mancati controlli fosse riconducibile a una specifica richiesta di Arpa Piemonte di non ricercare i Pfas nell’acqua potabile ovunque ma solo nelle aree a maggior rischio». Il 28 agosto 2023 la Regione Piemonte ha risposto così alla richiesta di dati: «Le informazioni richieste non sono in nostro possesso». Il 21 marzo 2023 è stato votato il decreto legislativo 23 febbraio 2023 n. 18, che ha recepito la direttiva europea (2020/2184/UE) per le acque destinate al consumo umano. Sarà in vigore solo dal 12 gennaio 2026 e introdurrà una nuova soglia: la concentrazione massima di Pfas dovrà essere pari a 100 nanogrammi/litro per la somma di 24 sostanze (0,1 microgrammi/litro). Per altri due anni quindi non ci saranno vincoli da rispettare e a quanto emerge dal report nemmeno gli enti locali, nonostante i sempre più numerosi studi scientifici, hanno adottato misure di controllo e prevenzione a tutela pubblica.
In alcuni Paesi europei, che come noi hanno recepito la direttiva europea, le cose stanno invece andando in maniera differente. «La Danimarca ha messo un valore limite pari a 2 nanogrammi nell’acqua potabile, la Svezia 4, le Fiandre 4, la Germania lo metterà a 20, cioè sotto il valore che ha fissato l’Europa. Gli Stati Uniti addirittura hanno proposto come valore soglia lo zero tecnico, che per alcune sostanze diventa 4 nanogrammi per litro – spiega Ungherese -. Un valore scelto per consentire a tutti i laboratori sul territorio americano di rilevare tali concentrazioni». Insomma, come sempre quando si parla di rapporto tra inquinamento e salute, c’è uno scollamento tra quello che dicono le norme e ciò che ha stabilito la scienza. Dei 671 campioni di acqua a uso potabile di cui gli enti locali hanno condiviso i dati con Greenpeace Italia – analizzati tra il 2019 e il 2023 – nel 51% è stata riscontrata la presenza di Pfas, con le maggiori positività nella provincia di Alessandria. In questa area cinque comuni, lungo il torrente Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona. «Ma la situazione dell’Alessandrino era nota, ci aspettavamo questi dati – è sempre Giuseppe Ungherese ad illustrare le tabelle -. La sorpresa è stata trovare Pfas in 77 comuni sui 291 della città metropolitana di Torino».
Nello specifico, per la città metropolitana di Torino, il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di Pfas. Greenpeace ha realizzato anche 15 prelievi autonomi nelle otto province piemontesi da fontane pubbliche di parchi giochi. «Le analisi eseguite da un laboratorio indipendente accreditato hanno evidenziato la presenza di Pfas in 5 campioni su 15». C’è da dire, per correttezza e per non fare allarmismi inutili, che a parte un caso (ad Alzano Scrivia la presenza di Pfoa riscontrata è di 120 nanogrammi per litro, ovvero sopra il limite che dal 2026 diventerà legge) i dati raccolti sono tutti sotto i 100 nanogrammi: «Ma questo – accusa Ungherese – non può rassicurare viste le più recenti evidenze scientifiche che identificano seri rischi per la salute umana. Ricordiamo che per le sostanze cancerogene non esistono soglie sicure: dovremmo fare come Danimarca, Germania, Stati Uniti. Non accontentarci di aspettare il 2026 per vedere entrare in vigore un limite altissimo che non mette in sicurezza la cittadinanza». La Asm, il gestore dell’acqua potabile di Vercelli, ha motivato l’assenza di dati specificando che nel «Piano Regionale Integrato dei controlli di Sicurezza Alimentare Prisa 2019» è Arpa Piemonte che ha ritenuto «sufficiente, in assenza di regolamentazione specifica, estendere la ricerca di tali molecole (Pfas)» solo per la provincia di Alessandria, «zona maggiormente interessata». La sfida che ci attende, non solo in Piemonte, è azzerare queste sostanze e parallelamente trovare chi inquina, per intervenire su chi sversa. «È possibile – conclude Ungherese – che nella città metropolitana di Torino abbiamo trovato elevati livelli di Pfas anche in quei posti che sono oltre i 1.000 metri di altitudine? A Bardonecchia per esempio». I Pfas, una volta dispersi, possono rimanere nell’ambiente per tantissimo tempo, sono chiamati «inquinanti eterni». Se non sappiamo da dove provengono come facciamo a bloccarne l’emissione e garantire la salute pubblica? —