Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  febbraio 07 Mercoledì calendario

L’omosessualità nel romanzo del Novecento


Se dovessimo riassumerlo in poche righe, si potrebbe scrivere, di questo volume, che è la storia di com’è stata vista l’omosessualità nel corso dello scorso secolo da un punto di vista inedito, ovvero quello letterario, perciò attraverso le storie che, romanzo dopo romanzo, ne hanno composto l’abc. D’altronde è ciò che prefigura lo stesso titolo: Il buio straordinario. La nascita dell’identità omosessuale nel romanzo del Novecento. Eppure, questo saggio è anche, forse soprattutto, una raccolta di aneddoti apparentemente secondari che si intrecciano alla trama principale allo scopo di sostenerla, spesso arricchirla. E a beneficiarne, s’intende, è il lettore. Angelo Molica Franco di mestiere si occupa di libri e cultura. A un certo punto della sua esistenza ha, evidentemente, voluto mettere ordine a ciò che studia da sempre con curiosità e passione e, visto che è lui stesso a citare Freud, chissà se, attraverso la ricostruzione di un’identità ricca e multiforme come quella omosessuale, abbia in qualche modo voluto fare i conti con sé stesso, visti gli sprazzi di autofiction qui e là. Sarebbe curioso saperlo, ma questa è un’altra storia.
Quella principale, e che qui ci interessa, comincia con Matrimonio sotto zero di Alfred J. Cohen, pubblicato nel 1889, e termina con Altri libertini di Tondelli. A dire il vero, i primi a mettere personaggi omoerotici nelle loro storie sono stati i gotici del Settecento: il genere semi-horror era una sorta di escamotage per renderli accettabili. L’omosessuale era considerato come un uomo-donna destinato al buio, alla vergogna, a non essere felice: nei primi anni del Novecento, quindi, Gide pubblica L’immoralista, ed è qui che Molica Franco entra nel cuore della questione. Con il treno, scrive, inizia anche il viaggio dell’identità omosessuale come una specie di figlio indesiderato della Rivoluzione industriale. L’intuizione dell’autore, dunque, è che la sera del 28 dicembre del 1895, a Parigi, durante la proiezione del primo film dei fratelli Lumière, il pubblico in sala, nel vedere una locomotiva che avanzava spedita verso di loro, si impaurì non solo per l’effetto cinematografico, ma anche per tutto ciò che sarebbe venuto da quel momento in poi, ossia il viaggio interiore. È un iperbole, ovvio, ma ecco che, a mo’ di comparse, entrano in scena Freud e i sogni, il barone Von Gloeden (emblema del kitsch e del camp, i due estremi del mondo gay) e la pittrice Madeleine Lemaire, responsabile dell’incontro tra Proust e il suo «piccolo Reynaldo». È un libro, questo di Molica Franco, che almeno nel modo in cui è stato concepito, mancava. Ci fa intuire – questo è, a nostro avviso, il suo pregio principale – che la storia dell’identità nel romanzo omosessuale ha spesso viaggiato sullo stesso binario di una sorta di romanzo invisibile e delle emancipazioni: insieme ai personaggi gay, insomma, a evolversi è stata anche la società. È interessante, in tal senso, l’analisi che l’autore fa della giovane Elsie, protagonista del romanzo di Dale, vista come «una nuova Salomé, un personaggio femminile inedito che corre verso la concezione della donna moderna». I vari protagonisti che si susseguono, decennio dopo decennio, si sono trasformati e hanno acquisito sempre maggiore dignità, passando tra amori tormentati e ragazzi di vita (Pasolini parlò della sua omosessualità come di una «terribile voglia» che genera «ossessione») fino alla spudoratezza della Pia, Nanni, Sylvia e Benny, le Splash tondelliane mandate in libreria e, due edizioni dopo, sequestrate per immoralità. Leggere di questa evoluzione fa capire che la strada da fare è sempre tanta, ma anche che la letteratura – con la sua lentezza, i suoi tempi, i suoi modi – è stata, lo sarà sempre, decisiva a renderci persone migliori.