il Fatto Quotidiano, 5 febbraio 2024
Ilde Tanzi ed Eva Macciacchini: gli omicidi irrisolti di due ex ausiliarie della Rsi
I milanesi, sabato 18 gennaio 1947, si svegliarono con il sole. Ci pensarono i quotidiani a oscurare l’anticipo di primavera. Le notizie su due delitti, uno a Lambrate e l’altro in via San Protaso, in pieno centro, avvenuti la sera del 17, le diedero i giornali del pomeriggio. Il Corriere d’informazione titolò: “Ragazza uccisa e sfigurata col fuoco. Ex-ausiliaria abbattuta a rivoltellate”.La seconda vittima, rinvenuta nei pressi della Scala, era Brunilde “Ilde” Tanzi, 35 anni, sorella dello scrittore e giornalista Gastone Tanzi, ex ausiliaria di Salò. Era stata uccisa alle dieci di sera con un colpo di rivoltella. Il nome di Ilde era stato già associato al gruppo di fascisti, guidato da Domenico Leccisi, che aveva trafugato la salma di Mussolini dal cimitero milanese di Musocco nell’aprile 1946. Leccisi l’avrebbe ricordata come “una bella ragazza slanciata, dai grandi occhi neri”, e “decisa e instancabile nel servire la causa comune”.
Anche i giornali del mattino, il 19 gennaio, diedero conto degli omicidi. Il Corriere della sera si chiedeva: “Chi è l’uccisa di Lambrate?”. E La Stampa, in prima pagina, nell’articolo “Due giovani assassinate”, scriveva che “Due nuovi orribili delitti sono venuti ad aggiungersi alla lunga serie che da qualche tempo insanguina la nostra città”. Il più crudele era quello di Lambrate, dove era stato trovato il cadavere bruciato di una donna “sull’ormai tristamente celebre terrapieno ferroviario”. Si seppe qualche giorno dopo che la morta bruciata era Eva Giuseppina Giacomina Macciacchini, nata a Varese il 7 febbraio del 1900, con un passato di truffe e di legami ambigui, tanto con i fascisti che con la Resistenza. Si parlò di un collegamento fra i due delitti; e si attribuì le uccisioni alla Volante Rossa, anche se i dettagli degli omicidi avevano poco a che fare con le dinamiche di quelli compiuti dalla banda di ex partigiani.
Il caso Tanzi venne dimenticato. Nel 1950, invece, avrebbe potuto esserci una svolta per il delitto Macciacchini, che tuttavia sarebbe finito a sua volta con l’archiviazione. La verità fu sfiorata da un cronista, con l’articolo intitolato “Una pagina oscura del crollo mussoliniano / Fantasia e realtà sul ‘carteggio Churchill’”. Uscì sul Corriere della sera del 31 marzo 1950, a firma di Ferruccio Lanfranchi, un bravo giornalista, che, nei mesi dell’occupazione nazifascista, era riuscito a espatriare in Svizzera. Di mezzo c’erano il fantomatico carteggio fra Winston Churchill e Benito Mussolini, scomparso a Dongo nelle ore dell’arresto e dell’uccisione del Duce e della sua amante Claretta Petacci, e un possibile collegamento della sparizione di quelle carte con l’omicidio di Eva.
Quali erano gli indizi che portavano a Eva? La chiave di tutto sarebbe stata la villa Passalacqua di Moltrasio, di proprietà della baronessa Ruby Nalder von Sederholm, dove c’era stata una rapina, il 14 gennaio 1947, in cui era implicata Eva. Nella residenza della baronessa, come si sarebbe appreso molti anni dopo, gli originali del carteggio Churchill-Mussolini furono recuperati da Churchill tramite un ufficiale polacco legato ai servizi d’informazione inglesi.
Ma tanto sul carteggio, quanto su “Ilde” ed Eva, la verità non venne mai a galla