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 2024  febbraio 05 Lunedì calendario

Joseph de Maistre, l’anti Voltaire


Ebbe del genio, e fu diabolico, il giovane Xavier de Maistre (1763-1852), militare e scrittore sabaudo di lingua francese, fratello minore del più celebre e più reazionario Joseph de Maistre, quando, sfruttando una particolare occasione della vita, ebbe l’idea di scrivere un libro destinato a diventare non solo un classico del ’700, ma il classico della letteratura sedentaria, un capolavoro della memorialista dell’anti-viaggio, la parodia più bella di uno dei più fortunati generi narrativi. Eccolo qui. L’ennesimo ritorno di un libro che alla sua uscita, nel 1794, ebbe una fortuna straordinaria, che conobbe innumerevoli epigoni, un seguito (dello stesso autore), disparate imitazioni e decide di riedizioni: Viaggio intorno alla mia stanza, con Spedizione notturna intorno alla mia stanza (Feltrinelli, pagg. 160, euro 11; a cura di Donata Feroldi).
Ufficiale che da lì a qualche anno avrebbe combattuto contro Napoleone, poi servito nell’Impero russo e che infine fu nominato direttore della Biblioteca e del museo dell’Ammiragliato a San Pietroburgo (dove morì), Xavier de Maistre nel 1790, in servizio a Torino, come punizione per aver accettato un duello fu messo agli arresti – per 42 giorni – nella sua stanza. Attorno alla quale, per il lungo, per il largo, perimetralmente, a zig-zag, in un Gran Tour al contrario, si mise a viaggiare, tra la scrivania, la poltrona e il letto («quel mobile delizioso in cui dimentichiamo per una metà della vita i dispiaceri dell’altra metà»), scrivendo un «diario di viaggio» – in 42 capitoli – in cui discetta di metafisica (l’uomo per lui è composto da un’anima e da una bestia), parla di pittura e di musica (la prima superiore alla seconda), passa in rassegna i suoi quadri (il più bello dei quali è lo specchio, «il quadro perfetto»), cita i libri che legge, spiega l’importanza dell’abito per un uomo, ci racconta della sua cagnetta e del suo servitore, ricorda il padre (morto poco prima della Rivoluzione: «hai lasciato la terra nel momento in cui il crimine stava per invaderla»)... Dimostrando come dentro l’orizzonte apparentemente limitato di una stanza («questa deliziosa contrada che racchiude tutti i beni e le ricchezze del mondo») si nasconda, niente meno, che l’Universo, la Storia, la Memoria e persino Dio.

Francesco Perfetti
Il teorico della contro-rivoluzione, il savoiardo Conte Joseph De Maistre era nato nel 1793, mentre il critico letterario Charles Augustin de Sainte-Beuve all’inizio del secolo successivo, nel 1804. I due appartenevano a generazioni diverse e diverse erano le loro idee politiche. Il primo aveva assistito allo scoppio della Rivoluzione Francese e, criticandola, era diventato il cantore dell’Ancien Régime; il secondo si era lasciato sedurre dal mito napoleonico fin da bambino e, dopo aver vissuto i fasti e i travagli della Restaurazione e della «monarchia borghese» di Luigi Filippo, era divenuto sostenitore del secondo impero di Napoleone III.
Due uomini, dunque, appartenenti a due mondi inconciliabili. E diversissimi: De Maistre era un gentiluomo di bell’aspetto, elegante, seducente nel tratto e nella conversazione mentre Sainte-Beuve era piccolo e obeso, occhi furbeschi, vestiva trascurato, con l’aspetto, per usare parole di Hippolyte Taine, di «grasso canonico» o «gatto guardingo». Eppure quest’ultimo, severo e spesso caustico nei giudizi, fu affascinato dal conte savoiardo, come scrittore prima ancora che come teorico della politica. Gli dedicò nel 1843 un portrait, apparso sulla Revue des Deux Mondes, ora pubblicato in italiano in un prezioso volume, Joseph De Maistre (Aragno, pagg. 162, euro 20), a cura di Alessandro Settimo. Tornò, poi, sull’argomento alcuni anni dopo, con un altro saggio facente parte del quarto volume delle celebri Conversazioni del lunedì che non sarebbe stato male aggiungere in appendice al portrait perché lo completa.
Nel tracciare il ritratto del «grande teorico teocratico», Sainte-Beuve lo presenta come un personaggio dotato di eccezionale memoria e volontà, d’intelligenza vivace, votato alla meditazione e agli studi. Un aneddoto è significativo: un giorno, invitato da amici a lasciare carte e libri per godersi il sole di primavera, risponde: «Il sole! Posso farmene uno nella mia camera con un telaio oliato e una candela dietro». Vero o falso che sia, il racconto mette in luce un lato del carattere: l’amabilità, da tanti testimoniata, insieme alla ferrea volontà di studiare.
Primogenito di una famiglia di importanti magistrati, De Maistre, nato a Chambéry, e quindi suddito del Regno di Sardegna, fu costretto dagli eventi rivoluzionari a lasciare il Paese e a rifugiarsi in Svizzera dove soggiornò quattro anni entrando in contatto con Madame de Stal, che in seguito avrebbe pubblicato il celebre Considerazioni sulla Rivoluzione francese (Aragno, 2018) considerato un caposaldo della interpretazione liberale degli avvenimenti rivoluzionari.
Proprio durante il periodo svizzero, De Maistre pubblicò, senza firmarle, le Considerazioni sulla Francia (1797) con le quali, come scrive Sainte-Beuve, egli «entrava in modo deciso nell’opinione pubblica europea e diventava l’eloquente oracolo di una dottrina». Il saggio vivisezionava la Rivoluzione nelle cause e negli effetti, nei principi e negli sviluppi preannunciando la Restaurazione. La sostanza dell’opera è compendiata in due frasi celebri. La prima riguarda la natura degli eventi rivoluzionari: «C’è nella Rivoluzione Francese qualcosa di satanico che la distingue da tutto ciò che si è visto finora, e forse da tutto ciò che verrà in futuro». La seconda concerne la sostanza del fenomeno controrivoluzionario: «la restaurazione della monarchia, che viene chiamata controrivoluzione, non sarò una rivoluzione contraria, ma il contrario della rivoluzione». Il saggio, destinato a grande successo fra gli emigrati, consacrò la grandezza del Conte come scrittore e fu la dimostrazione che l’esplodere della Rivoluzione liberò in De Maistre «il talento, sbalzandone l’effigie, mettendogli l’elmo e la spada».
Inviato poi nel 1802 da Vittorio Emanuele I Re di Sardegna come ministro plenipotenziario a Pietroburgo, il Conte rimase in Russia per un quindicennio. Durante questi anni scrisse diversi lavori tra i quali il Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche (1814), Il Papa (1819) e il suo capolavoro, Le serate di Pietroburgo, uscito postumo nel 1821, che riassume, in pagine di una bellezza insuperata e sul modello delle conversazioni di Platone, la sua filosofia della storia, la sua concezione teocratica, la sua visione della sovranità, che avrebbe sollecitato nel ’900 l’interesse di pensatori come Charles Maurras, Carl Schmitt e Émil Cioran.
Sainte-Beuve è affascinato da De Maistre, dalla sua scrittura, dai suoi paradossi, dalla sua stessa intransigenza, dal suo «profetismo» e dal fatto perché no? che questo spirito ferocemente anti-volterriano sia capace di trasformarsi in un Voltaire di segno contrario. Sono certamente gli scritti così eleganti che lo colpiscono, ma è soprattutto l’uomo che non lo lascia indifferente: «Conversando, si dimostrava addirittura superiore ai propri scritti; quel che in essi si scorge di sporgente, di rigido, un po’ di cattivo gusto talvolta, veniva meglio messo a punto e come in gioco nella parola parlata, e supportato dalla sua persona».
Naturalmente, il bonapartista Sainte-Beuve non può essere d’accordo con il contro-rivoluzionario De Maistre, il quale vedendo «i principî antichi» viventi e praticati «nel passato, in un passato recente» crede possibile «ripiantarli esattamente tali o quasi nel futuro, in un futuro prossimo». Il critico sostiene che il Conte è in errore perché non ha capito che i tempi sono cambiati o stanno cambiando. Ma, si potrebbe aggiungere, anche Sainte-Beuve non si rende conto che l’immagine stereotipata del De Maistre codino e reazionario, in realtà, non è vera. E, a dimostrarlo, basterebbe ricordare che egli, pur essendo un teorico della Restaurazione, non mancò di criticare quanto si stava decidendo nel Congresso di Vienna proprio perché convinto della impossibilità di un ritorno puro e semplice al passato.