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 2024  febbraio 05 Lunedì calendario

L’eredità «contesa» dei Savoia


Cosa lascia Vittorio Emanuele? L’eredità della guida degli Ordini dinastici, e la guida del Casato che getta le radici nell’anno mille sulle Alpi tra Francia e Italia. Un regno, un trono, dal referendum del 1946 non ci sono più da passare ad Emanuele Filiberto.
E non ci sono più neppure le residenze reali in Italia. Tutto fa capo allo Stato italiano, palazzo Madama a Torino come il castello di Racconigi o la Venaria reale. L’abolizione della tredicesima disposizione della Costituzione sul finire dei ’90 ha permesso a inizio Duemila a Vittorio Emanuele di tornare in patria. Il Consiglio d’Europa aveva cancellato la pena di morte e l’esilio, ma sarà l’accademico torinese, il professor Giorgio Lombardi a farsi portatore in sede europea delle istanze Savoia che desideravano poter tornare in Italia. Al tempo del governo Berlusconi, ministro un altro professore, Marcello Pera, arrivò così per il Casato il sì al rientro.
Vittorio Emanuele aveva ricevuto a Ginevra una bozza di accordo, ai Savoia sarebbe stato accordato sulla carta anche di poter disporre di un palazzo dove risiedere quando in Italia, e una scorta per garantirne la sicurezza. Poi Vittorio Emanuele aveva espresso anche il desiderio di tornare in possesso della quadreria di re Umberto al castello di Racconigi. Il modello che ispirò i monarchici fedeli ai Savoia, era quello dell’accordo stipulato in Francia col conte di Parigi, discendente dell’ultimo sovrano di Francia. Ma oltre al rientro in Italia, nessun palazzo né quadreria fu resa.
A proposito di Francia, per secoli i Savoia sono stati proprietari dell’abbazia di Altacomba dove nell’83 fu sepolto re Umberto. Poi l’abbazia è stata ceduta allo Stato francese.
Dunque oggi le proprietà che Emanuele Filiberto eredita sono immobili – a Ginevra o Parigi con la villa di Cavallo e lo chalet di Gstaad – che Vittorio Emanuele aveva acquistato o fatto costruire con i profitti di anni di mediazioni commerciali, specie il periodo in cui lavorò per la Agusta per piazzare commesse di elicotteri, sfruttando la sua rete di connessioni aristocratiche: dal cugino re Baldovino del Belgio allo Scià di Persia.
Gli altri beni
A Emanuele Filiberto anche le collezioni private dei re. I palazzi reali sono dello Stato
E poi le piccole manie personali collezionate in una vita in esilio: a partire dalle conchiglie rare. Sub esperto si immerse con Cocteau e scelse Cavallo proprio per i relitti nei fondali attorno all’isola. Recuperò anche un oggetto d’oro che da allora portò al collo come amuleto. Le immersioni per la verità gli costarono quasi la vita. Piccoli e grandi tesori custoditi nella villa di Vesenaz, messa in vendita di recente. Disegnata da Marina di Savoia, catturava l’attenzione con il grande salone, moquette bianca, mobili anni ’70 battuti all’asta da Christie’s con alcune gioie: un anello con acquamarina, un bracciale con piccoli smeraldi e anelli con smeraldi, rubini o perle.
Nel 2007 diversi favolosi gioielli Savoia erano già stati venduti a Londra da Maria Gabriella, sorella di Vittorio Emanuele. I gioielli ereditati da Filiberto oggi? Il collare d’oro dell’Annunziata destinato a chi guida l’ordine. Poi il diadema di Marina di Savoia che arrivò al sì con Vittorio Emanuele senza sangue blu ma con ricchezze di famiglia.
Resta il mistero dei gioielli custoditi in Bankitalia. «Il grande diadema della regina Margherita, poi diamanti e perle a goccia. E spille, due grandi bracciali, un chocker, una grossa riviére di brillanti, e una grossa catena con nappe», come ci ha spiegato l’esperto Stefano Papi messo sulle tracce del tesoro da parte di Casa Savoia. Le famose perle della regina Margherita? «No, non le perle di Margherita che furono divise tra vari esponenti della famiglia».
Con un equivoco, dice Casa Savoia: non di gioielli della Corona (dell’istituzione come la Imperial State Crown a Londra), ma di gioie acquistate in famiglia, si tratta. Che oggi spetterebbero dunque in eredità a Emanuele Filiberto che ne ha chiesto più volte notizie.