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 2024  febbraio 04 Domenica calendario

Joshua Schulte “passò a WikiLeaks file top secret Usa”: 40 anni di carcere


È stata la più grande fuga di documenti segreti nella storia della Cia, come ha riconosciuto l’agenzia stessa. Oltre ottomila file pubblicati da WikiLeaks, nel 2017, con il nome di Vault 7, hanno permesso di scoprire e rivelare per la prima volta l’arsenale di cyber armi di una superpotenza, ovvero i programmi software che la Cia usava per penetrare computer, telefoni, televisioni smart e dispositivi elettronici per rubare informazioni. Software malevolo (malware), virus, trojan. Quelle rivelazioni mandarono su tutte le furie l’agenzia, tanto che, secondo le dichiarazioni di testimoni protetti e quanto emerso da un’inchiesta giornalistica di Yahoo News, basata sulle ricostruzioni di oltre trenta ex funzionari del governo statunitense, la Cia – allora guidata dal trumpiano Mike Pompeo – aveva pianificato di ammazzare Julian Assange e altri giornalisti di WikiLeaks che avevano accesso ai file. Ora il pugno di ferro s’è abbattuto sulla presunta fonte che avrebbe inviato quei documenti a WikiLeaks.
Questa settimana Joshua Schulte, ingegnere elettronico americano di 35 anni, che lavorava per l’unità di élite della Cia che produceva quelle cyber armi, è stato condannato dal giudice Jesse M. Furman a 40 anni di galera, dopo che Schulte ne ha già passati sei in carcerazione preventiva, sotto il regime di detenzione più estremo degli Stati Uniti: il SAM, ovvero Special Administrative Measures. Schulte, che nega di essere la fonte di WikiLeaks, è stato riconosciuto colpevole anche di aver conservato nei suoi computer immagini pedopornografiche, che sarebbero state rinvenute dalle autorità Usa nel corso delle indagini.
Di lui si sa che è un grande talento del computer, cresciuto in una famiglia della middle class americana, laureato in ingegneria elettronica e, secondo un copione che si ripete nella saga dei talenti che ruotano intorno a Julian Assange e WikiLeaks, affetto da quello che è, in tutta probabilità, un disturbo dello spettro autistico, comune tra matematici, scienziati, artisti, da Mozart a Steve Jobs.
Arrestato nel 2017, è rimasto incarcerato per gli ultimi cinque anni e mezzo sotto il regime SAM: chiuso in isolamento totale in una scatola di cemento della grandezza di un posto in un parcheggio di auto, con la finestra sull’esterno volutamente ostruita, un fruscio noto come white noise, che gli impedisce di percepire qualsiasi suono fuori della sua cella, luci brillanti accese 24 ore su 24, temperature estreme d’inverno e d’estate. Al processo ha dichiarato che gli sono stati concessi trenta minuti di telefonate al mese con la famiglia, gli è capitato di dover urinare e defecare sul pavimento e di esser stato lasciato lì tra i liquami per 9 ore.
Chi scrive ha pubblicato i documenti segreti di Vault 7 in partnership con WikiLeaks. Un’indagine interna della Cia ha rivelato che l’agenzia si accorse della perdita dei file solo “quando WikiLeaks li annunciò pubblicamente nel marzo del 2017. Se i dati fossero stati rubati a vantaggio di una potenza avversaria e non fossero stati pubblicati, noi avremmo potuto essere ancora inconsapevoli di averli persi”. L’opinione pubblica non aveva il diritto di sapere che l’arsenale delle cyber armi di una superpotenza era gestito in modo così preoccupante?