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 2024  febbraio 04 Domenica calendario

Nella biblioteca di Marcenaro


Avevo provato a dirlo al sindaco di Genova, entrando nell’anno della città capitale del libro, avevo provato con fondazioni e banche. Alla fine il ministero sembrava avere accolto la richiesta attivando la Direzione Generale con la dottoressa Paola Passarelli, e la valutazione dell’acquisto stava per essere fatta con il parere positivo del Direttore della Biblioteca universitaria statale di Genova, Paolo Giannone. A lui avevo parlato, avendo raccolto e accolto, prima di essere sottosegretario, la richiesta di Giuseppe Marcenaro, morto tre giorni fa, di cedere la sua ricca biblioteca con 30mila volumi di letteratura italiana, francese, americana, spesso prime edizioni con autografi, a un ente pubblico, per chiudere in serenità una vita operosa nelle lettere, dopo aver patito l’onta di uno sfratto dal luogo che io ben conoscevo, dov’era vissuto con i suoi libri.
La sua era l’ansia di chi sa di avere poco tempo, ma non ha fatto in tempo a vedere soddisfatto il suo desiderio. L’ho visto l’ultima volta a Genova, a Palazzo Pallavicino, in occasione della mia presentazione dell’annunciato restauro della Circoncisione di Rubens nella Chiesa del Gesù. Era venuto per ringraziarmi, e anche per manifestarmi la sua insoddisfazione, perché tutto, benché formalmente deciso, procedeva con grande lentezza, e forse egli sentiva di aver sempre meno tempo. Dopo pochi giorni mi arrivò per telefono la notizia del suo ricovero in ospedale per accertamenti. Non pensai fosse grave, e continuai a sollecitare il bravo Giannone perché trovasse la soluzione più rapida per garantire la biblioteca agli studiosi e la quiete a Marcenaro.
L’avevo incontrato in molte occasioni, ma in due mi sembrò raro e prezioso. Quando, con l’amico Piero Boragina, realizzò, in occasione del G8 di Genova, a Palazzo Ducale, la dottissima mostra «Viaggio in Italia. Un corteo magico dal Cinquecento al Novecento», con documentazioni sugli scrittori e sui dipinti in una misura enciclopedica che non ha forse avuto eguale, e non solo su quel tema, in Italia. La mostra mi colpì per la straordinaria capacità di tenere insieme letteratura e pittura, racconti di viaggi e immagini dei luoghi. Con il privilegio di essere stato uno dei rari a vederla, perché i tumulti di quei giorni resero impraticabile quell’area della città, e la mostra non fu vista come meritava.
La seconda volta eravamo insieme a presentare una mostra di artisti russi, con l’importante assessore che l’aveva promossa, affidandone la cura a Marcenaro e Boragina. Marcenaro aveva portato un suo quaderno, con il diario del viaggio in Russia insieme al medesimo assessore. Lo aprii convinto di trovare impressionistiche descrizioni di occasioni e di incontri, e lessi invece sulfurei commenti di impagabile divertimento sui compagni di viaggio e sulla loro inadeguatezza, una satira di formidabile qualità letteraria, impietosa quanto veridica, e irresistibilmente comica. Lui se ne accorse, e mi chiese riservatezza su documenti che potevano essere allora scandalosi, e tali rimarranno se un giorno verranno pubblicati.
Iniziai a guardarlo con una considerazione che andava oltre l’amicizia e l’occasione di incontri e di proposte per iniziative per le quali nessuno mi sembrava più adatto; per l’Expo di Milano, per esempio, che io realizzai con Oscar Farinetti esponendo più di 200 opere a rappresentare le diverse anime dell’Italia artistica, con un’antologia di capolavori regione per regione. Avrei voluto che egli mi accompagnasse, ma i suoi progetti erano sempre così ambiziosi da apparire irrealizzabili. L’amicizia rimase sempre intatta anche se avrei desiderato leggere le parti del suo diario, anche impietosamente, dedicate a me; dai campioni che avevo letto sarebbe stato un divertimento straordinario. Dunque: dotto, spiritoso, implacabile, complice. C’è sicuramente un Marcenaro segreto che, dopo tanti saggi, libri, verrà alla luce nei suoi diari, come l’infinito Journal littéraire di Paul Léautaud, la parte più scabrosa dei quali, sovrabbondante di erotismo, uscì in italiano come Settore privato. Ho sempre pensato al diario segreto di Marcenaro come a un equivalente di quello di Léautaud, anche per vastità, 18 tomi e 6mila
pagine, per lo più postume. Sento affinità tra il grande scrittore francese e il Marcenaro che presuppongo chiuso dentro la corazza di un sapere sconfinato come la sua biblioteca, ma mai noioso, sempre proiettato nell’esprit de finesse che lo caratterizzava, accompagnato dalla profonda amarezza per l’indifferenza delle istituzioni, che si è portato nell’aldilà. Il suo pensiero è qui. «Io non ho eredi, possiedo questa biblioteca insieme all’amico e socio da una vita Piero Boragina, e sono anni che chiedo al Comune di trovare una soluzione nell’interesse del pubblico, della cultura e delle nuove generazioni. Se il sottosegretario Sgarbi ne ha parlato non c’è bisogno che spieghi io il perché: come molti ha visitato la collezione e sa il valore che ha. Speriamo che serva a smuovere le acque perché finora ho sentito tante parole dal Comune, tante promesse, ma zero fatti concreti».
Ora la biblioteca è stata traslocata per sfratto, metà a spese di Marcenaro, metà dello Stato (il ministero), alla «Buge», la Biblioteca universitaria di Genova, davanti alla stazione Principe, nell’ex hotel Colombia. Ma resta di proprietà privata. Marcenaro osservò: «Perdurando l’attuale situazione, una delle più significative biblioteche private in Italia potrebbe essere trasferita altrove. Sarebbe quanto meno curioso che nell’anno in cui viene nominata capitale del libro, Genova ne perdesse quasi trentamila! La collezione è stata curata da due persone che per tutta la vita si sono occupate di letteratura. Ciò che la rende unica è la sua compattezza, non è un accumulo di libri ma una vera e propria costellazione dove ogni volume è connesso all’altro. Gli ultimi due anni sono passati in faticose trattative con i funzionari comunali per trovare una soluzione. Avevano il compito di mostrarci spazi idonei – sale al Ducale, ville, spazi dismessi non ne hanno proposto alcuno... In pratica il Comune non lo ha voluto fare. E non per mancanza di quattrini, solo per scarsa volontà. Neppure una grotta ci è stata mostrata! Per trovare un accordo la valutazione fatta da noi con un esperto come il dottor Bozzi, e con il sostegno della Soprintendenza, non è bastata. La cifra indicativa di circa 700mila euro è troppo elevata per Genova?».
Ma la fine non è arrivata. Marcenaro se n’è andato per raggiungere questa volta non i libri, ma le anime dei suoi amati scrittori: Valéry, Stendhal, Rimbaud, Montale, Ansaldo. I suoi titoli dicono la sua curiosità per rarità e stravaganze. Tra i più conosciuti: Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie; Carte inquiete; Ammirabili & freaks; Libri. Storie di passioni, manie e infamie; Testamenti. Eredità di maîtresse, vampiri e adescatori; Dissipazioni; Perversioni inconfessabili. Tra i suoi classici, a ponte fra due discipline, solo apparentemente lontane: Fotografia come letteratura. Nella sua attenzione per l’Ottocento esse quasi confinano. Stendhal muore, con le sue fotografie dell’animo umano, più o meno nell’anno in cui la fotografia nasce. Di lui non abbiamo fotografie; ma di Balzac, e del suo empito, sì. L’orizzonte cronologico che parte dall’inizio dell’Ottocento e arriva alla fine del Novecento è il campo di azione di Marcenaro. Come accade a chi ha nostalgia di tempi letti e non vissuti, Marcenaro, come suggeriva anche Arbasino, aveva frequentato testimoni di generazioni precedenti.
In gioventù fu tra gli ultimi frequentatori ad Arenzano di Lucia Rodocanachi, amica, corrispondente e traduttrice ombra di scrittori come Montale e Vittorini. E alla memoria di questa singolare e nascosta figura di lettrice Marcenaro ha dedicato vari scritti, a partire dalle lettere a lei indirizzate da Gadda (Lettere a una gentile signora, Adelphi, 1983) e da una precisa biografia Un’amica di Montale (Camunia, 1991). Ma tutto quello che stava nella mente di Marcenaro era nei libri, nelle carte, negli autografi, nei documenti della sua biblioteca. In essa egli continua a vivere e, per incontrarlo, per non perdere il suo sapere, sarà bene che in essa si possa entrare, in quegli spazi di pubblico dominio che egli non è riuscito a vedere.