la Repubblica, 4 febbraio 2024
Il sospetto bombarolo del consolato Usa incastrato dal suo pc
FIRENZE – Si è attivato in modo autonomo. Ha studiato l’obiettivo, scritto testi carichi di risentimento, pianificato la fuga. Poi è passato all’azione, forse senza comprendere a fondo le conseguenze del suo gesto.
Un ragazzo di appena 21 anni, Dani Hakam Taleb Moh’d, nato in Italia da genitori di origini palestinesi, è stato fermato su ordine della Dda fiorentina con l’accusa di aver scagliato due molotov contro il consolato americano di Firenze, nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi, e di aver girato e diffuso un video di rivendicazione (con minacce anche all’Italia). A incastrarlo, tra le altre cose, proprio i canali usati per la rivendicazione: il giovane, impiegato secondo le prime informazioni in un centro di consulenza informatica a Firenze, avrebbe inviato la rivendicazione da un dispositivo in suo possesso, e con l’unico schermo di un account fasullo, circostanza che ha permesso agli investigaroridi risalire a lui e poi di collocarlo in orario compatibile sul luogo dell’attentato.
Altri elementi sono stati raccolti da polizia e carabinieri durante una perquisizione nella sua abitazione a Dicomano (un comune montano a 40 km da Firenze): su ordine dei pm Luca Tescaroli e Lorenzo Gestri, il giovane è stato così accompagnato in una cella del carcere fiorentino di Sollicciano, con le accuse di atto di terrorismo con ordigni o esplosivi e porto di arma da guerra. Nei prossimi giorni l’udienza di convalida. «Non sono un terrorista», ha ribattuto lui davanti al suo difensore, l’avvocata Chiara Bandini.
L’attacco al consolato era avvenuto alle 3.30 di giovedì. Un uomo con il volto coperto era stato ripreso mentre scagliava le molotov (atterrate sul marciapiede) verso la sede diplomatica, per poi allontanarsi lungo una strada laterale. Ventiquattro ore dopo, sugli account di alcune redazioni, era stato recapitato il video di rivendicazione (con minacce anche all’Italia), siglato “Tutto il mondo è Hamas” e con il logo di un combattente che imbraccia un fucile. Sempre su Telegram era stato diffuso anche un testo siglato dallo stesso gruppo. «Non siamo Hamas, siamo con Hamas», la premessa. E poi: «Si è conclusa con successo la prima “operazione” di avvertimento che dà il via al resto delle operazioni. Da questo momentoin avanti, per ognuna delle prossime 49 operazioni, pubblicheremo un video dettagliato a riguardo, solamente dopo l’avvenimento, indicando il motivo dell’operazione qualora l’obiettivo sionista non sia americano o israeliano».
Le perquisizioni sono scattate di notte nella casa di famiglia dove il giovane viveva con i genitori e i fratelli. Durante il controllo non sono state trovate armi, ma diverso materiale considerato molto utile alle indagini: oltre al cellulare e al computer, in cui sarebbero state trovati file riconducibili alla rivendicazione, sono stati portati via anche alcuni indumenti, forse gli stessi usati durante il raid. Da qui il fermo, con pm che hanno ravvisato gravi indizi di colpevolezza e anche un concreto pericolo di fuga.
Sconvolti i genitori, che hanno assistito in lacrime alle operazioni. «Il ragazzo è molto scosso – commenta l’avvocata Bandini – È un giovane intelligente ed educato e ha una famiglia che non intende abbandonarlo in questo momento».
Accertamenti sono ora in corso – da parte del reparto operativo dei carabinieri e del Ros, della Digos e della polizia postale – sul materiale sequestrato, con l’obiettivo di ricostruire le frequentazioni e i contatti dell’arrestato. Dalle prime verifiche non sarebbero comunque affiorati collegamenti con organizzazioni estremiste.