Corriere della Sera, 4 febbraio 2024
In morte di Vittorio Vidotto
La notorietà presso il grande pubblico dello storico Vittorio Vidotto (nella foto), scomparso ieri a Roma all’età di 82 anni, era dovuta soprattutto al Manuale di storia che aveva pubblicato nel 1988 presso Laterza con Giovanni Sabbatucci e Andrea Giardina. Lo studioso dell’Università La Sapienza di Roma aveva elaborato con i colleghi un’opera di estrema chiarezza e completezza, che ha avuto diverse edizioni, per un totale di due milioni di copie vendute, e ha accompagnato negli studi intere generazioni di ragazzi. Un’edizione ampiamente rivista è in uscita tra pochi giorni.
Diviso in tre volumi, il Manuale copre il Medioevo, l’età moderna e quella contemporanea. Come accade spesso ai libri di testo, qualche fazioso lo aveva contestato per il modo in cui erano trattati temi politicamente controversi, come le foibe, ma in realtà la sua solida autorevolezza non è mai stata messa in discussione.
«Semmai – ricorda Giardina – le critiche più argomentate, ma un po’ demagogiche, ci erano venute da chi riteneva che si potesse superare il libro di testo in quanto tale: una prospettiva che non ha avuto sviluppi. La nostra collaborazione nacque dal fatto che lavoravamo entrambi per Laterza: io mi occupavo della storia antica e Vidotto di quella contemporanea. Mi colpì subito in Vittorio la vastità della conoscenza che aveva acquisito della produzione scientifica internazionale. Leggeva moltissimo. Diventammo presto amici e, con l’incoraggiamento costante di Vito Laterza, decidemmo d’impegnarci insieme a Giovanni Sabbatucci per produrre un manuale che consentisse di rinnovare l’insegnamento scolastico della storia. Anche se partivamo da sensibilità individuali diverse, credo che a distanza di 36 anni il risultato sia più che soddisfacente, dato che il nostro manuale è tuttora ampiamente in uso».
Nato a Milano il 17 marzo 1941, Vidotto però era legato soprattutto a Roma, dove si era laureato. Dopo aver esordito in campo storiografico nel 1975 con il libro Il Partito comunista italiano dalle origini al 1946 (Cappelli), aveva insegnato nella capitale per lunghi anni Storia contemporanea alla Sapienza. E alla città eterna nella sua dimensione più recente aveva dedicato importanti studi, a cominciare dal saggio Roma contemporanea, edito da Laterza nel 2001. Sempre per Laterza, di cui era stato per parecchio tempo un prezioso consulente editoriale in ambito storico, Vidotto aveva pubblicato più di recente il libro 20 settembre 1870 (2020) sulla breccia di Porta Pia.
Molto interessanti risultano le riflessioni di Vidotto sul destino di una città multiforme, caratterizzata dalle ingombranti vestigia di un impero tra i più potenti della storia e al tempo stesso sede di una religione diffusa in ogni lembo del pianeta. Di fronte al richiamo universale esercitato dal Vaticano, gli appariva assai timida la presenza di uno Stato laico non troppo fiero dei suoi valori. Provava una sensazione di inadeguatezza nel constatare che Roma si poteva considerare ormai una metropoli postmoderna, ma lo era divenuta «senza aver attraversato tutte le tappe virtuose della modernità».
A proposito di modernità va poi segnalato il breve saggio di Vidotto Hitler e il nazismo (2012). Un lavoro da cui emergono due dati: la conflittualità che caratterizzava i diversi centri di potere del Terzo Reich; la profondità delle trasformazioni provocate dall’esperienza nazionalsocialista nel tessuto sociale del Paese, all’insegna di una modernizzazione tecnocratica destinata a lasciare il segno.