Corriere della Sera, 4 febbraio 2024
Svolta storica in Irlanda del Nord: i repubblicani al potere con O’Neill
Londra La Storia ha il volto sorridente e i capelli biondi di Michelle O’Neill, il primo capo del governo dell’Irlanda del Nord a uscire dalle file del Sinn Féin, il partito cattolico da sempre considerato il braccio politico dell’Ira, la formazione armata della guerriglia repubblicana. Una svolta epocale, perché l’obiettivo del Sinn Féin non è altro che dissolvere la stessa Irlanda del Nord e riunificarla con la Repubblica di Dublino a sud.
La provincia britannica era stata creata un secolo fa proprio per garantire una enclave a maggioranza protestante, dopo l’indipendenza dell’Irlanda: ma adesso le parti si sono rovesciate, dopo che il Sinn Féin ha vinto le elezioni del 2022 anche sull’onda di un cambiamento demografico che ha visto i cattolici superare i protestanti.
La biografia di O’Neill è radicata nel conflitto nordirlandese, quei Troubles, i «disordini», che tra la fine degli anni Sessanta e gli accordi di pace del 1998 lasciarono sul terreno oltre 3 mila morti: suo padre era un militante dell’Ira che finì pure in prigione e lei è cresciuta all’ombra della guerra civile. Ma nel suo primo discorso, O’Neill si è detta «dispiaciuta per tutte le vite perdute durante il conflitto: senza eccezione», e ha aggiunto che «se il passato non può essere cambiato, quello che possiamo fare è costruire un futuro migliore». Un messaggio di riconciliazione diretto agli unionisti protestanti, che sentono minacciata la loro identità.
Riconciliazione
Figlia di un ex detenuto politico, si è detta «dispiaciuta per tutte le vittime del conflitto»
L’insediamento di O’Neill è stata ritardato di due anni proprio a causa del boicottaggio da parte del maggior partito unionista, ufficialmente insoddisfatto dagli accordi post-Brexit ma in realtà sotto choc alla prospettiva di dover entrare in un esecutivo a guida cattolica. In base agli accordi del Venerdì Santo del 1998, il potere in Irlanda del Nord è condiviso fra protestanti e cattolici, ma finora la guida del governo era sempre toccata agli unionisti fedeli alla Gran Bretagna: per gli scorsi due anni però questi ultimi avevano tenuto in ostaggio le istituzioni nord-irlandesi, gridando al tradimento da parte di Londra. Dopo gli accordi sulla Brexit fra Unione europea e Gran Bretagna, l’Irlanda del Nord era stata di fatto mantenuta nel mercato unico europeo, per evitare il ritorno a un confine fisico con la Repubblica di Dublino: ma per i protestanti questo significava vedersi separati dalla «madrepatria» britannica e condannati a un inesorabile scivolamento verso la riunificazione con l’Irlanda cattolica.
Un anno fa il primo ministro Rishi Sunak ha raggiunto un’intesa con Bruxelles per venire incontro alle preoccupazioni degli unionisti (e della destra dei conservatori): ulteriori ritocchi negli ultimi giorni hanno consentito di mettere fine al boicottaggio. L’insediamento di Michelle O’Neill apre una prospettiva nuova, anche perché a Dublino la previsione è che il Sinn Féin, guidato lì da un’altra donna, Mary Lou MacDonald, prenda il potere pure nella Repubblica d’Irlanda: a quel punto le due parti dell’isola si troverebbero a essere guidate dallo stesso partito la cui ragion d’essere è la riunificazione. E la spinta potrebbe diventare inarrestabile.