Corriere della Sera, 4 febbraio 2024
Dacia Maraini racconta Elsa Morante
Dacia Maraini
«Elsa Morante non voleva divorziare da Alberto Moravia. E io la rispettavo. Le piaceva sorprendere».
H o conosciuto Elsa Morante attraverso un libro che ho molto amato: Menzogna e sortilegio, un romanzo che mi ha affascinata quando ero adolescente e vivevo a Palermo. Allora andavo a scuola e ricordo che avevo unito due passioni, quello per L’Estate di Vivaldi che ascoltavo giorno e notte, e il racconto della orfana Elisa e dell’amore per il capriccioso e crudele cugino Edoardo. Nella mia mente di ragazzina il concerto e il racconto si tenevano compagnia, erano l’uno il commento dell’altra, combaciando perfettamente nella loro grazia sapiente.
Qualche anno dopo ho avuto modo di conoscere Elsa attraverso Patrizia Cavalli, che era sua amica. Elsa era così ironica e spiritosa che mi ricordo rideva storpiando il nome di Patrizia Cavalli in Plebea Somari. In realtà amava e stimava le poesie di Patrizia, ma era nel suo carattere di scherzare e giocare. Quante volte abbiamo giocato a indovinare i personaggi attraverso la descrizione di cibi e oggetti! Se fosse una torta che tipo di torta sarebbe? E se fosse un frutto che frutto sarebbe? E così via. Ricordo che proprio quando stava in ospedale dove poi sarebbe morta, nel 1985, una mattina sono andata a trovarla, e lei, appena mi ha visto ha detto: giochiamo a indovinare? E mi ha posto degli indovinelli difficilissimi. Dopo molte risposte sbagliate ha finto un broncio da bambina e mi ha detto: ma come, non hai riconosciuto il nostro amico Pier Paolo?
Le urla in stradaQuando l’ho frequentata lei era innamorata di Bill Morrow, un ragazzo molto bello e molto provocatorio, che si drogava per disperazione, aveva un bel talento per la pittura ma non faceva niente per farsi conoscere e apprezzare. Elsa, con l’aiuto di Alberto, gli ha organizzato una mostra a Roma. Ma poi Bill è partito per New York e in preda alla droga, si è buttato dalla finestra. Elsa ha sofferto moltissimo di quella morte. Si è chiusa in casa e non voleva piu uscire. Con lei c’era un amico comune, Giuseppe Cupane che l’ha accudita e convinta a tenersi in vita, perché lei avrebbe voluto morire.
Elsa era una donna vulcanica, estroversa, fiera delle sue doti e del suo talento. Per lei non esistevano mezzi termini: o tutto o niente. E questo non ha aiutato i rapporti con Alberto, che invece era riflessivo, razionale e portato all’incontro anziché allo scontro.
Famoso l’episodio di un giorno in cui i due, marito e moglie, hanno ricevuto la raccolta di poesie di un amico appena uscita in libreria. Elsa l’ha letto di un fiato e ha decretato che quelle liriche non le piacevano. Ma poi uscendo da casa, hanno visto proprio il poeta in questione ed Elsa gli ha gridato: «Il tuo libro è bruttissimo». Alberto ha cercato di trattenerla, non voleva offendere l’amico, soprattutto con una frase gridata da una parte e l’altra della strada. Ma Elsa sosteneva che bisogna sempre dire la verità e lo faceva anche pagando dei costi severi. Il poeta si è offeso e non ha più voluto vederli...
Dietro il gioco però c’era un carattere drammatico e addolorato. Elsa andava incontro alla vita con la spada in resta, pronta ai combattimenti piu sanguinosi, ma nello stesso tempo disposta a compatire e comprendere e amare il nemico, proprio come i grandi cavalieri occitani che le erano cari, sempre animata da passioni sincere e totalizzanti.
Il legame matrimoniale fra Elsa e Alberto era morto, ma lei non voleva divorziare. Sapeva benissimo che una giovane appena tornata dal Giappone si era innamorata di suo marito e che i due pensavano di andare a vivere insieme, e accettava la cosa come naturale. Infatti spesso ci vedevamo in tre o con amici. Credo che considerasse il matrimonio come un legame spirituale che non si poteva rompere per nessuna ragione. Io infatti ho sempre rispettato questo suo sentimento come legittimo e non ho mai preteso una unione istituzionale.
Ricordo diversi Natali in via dell’Oca quando Elsa preparava un grande cesto pieno di regali da cui gli ospiti dovevano pescare. In quel paniere c’era di tutto: pacchetti che la padrona di casa si era divertita a infiocchettare. Piccoli e grandi scatole e buste che contenevano a capriccio sia un semplice portachiavi oppure una minuscola e preziosa radiolina, una sciarpa di seta oppure un calzascarpe. Gli amici pescavano, scioglievano il complicato nodo del nastro colorato, strappavano la carta mentre tutti gli occhi erano puntati sulla sorpresa: qualche volta dentro un pacchetto dall’appariscente fiocco dorato si nascondeva solo un pezzo di carbone. Tutti ridevano alla delusione del malcapitato.
Come una bambinaElsa gongolava. Le piaceva sorprendere, sia nel bene che nel male. In quei momenti sembrava una bambina e io provavo una grande tenerezza per lei, per il suo modo felice di creare un ambiente di amicizia e stupore, per il suo amore impossibile. Bill infatti era omosessuale e lei pativa della doppiezza di quel giovane carattere che pretendeva di tenersi in equilibrio fra una scelta e l’altra. Oggi penso che il segreto del suo amore potesse venire da una lontana sognata discendenza provenzale. Era la nostalgia per quelle virtù cortesi che animavano un mondo di cavalieri e dame, in cui l’amore non era mai sessuale, ma ispirato e trascendente. Il cavaliere aveva una vita sessuale terrena fatta di quotidianità e regole prevedibili. Poi eleggeva un amore assoluto ed eterno per una donna il cui corpo non avrebbe mai visto nudo, ma di cui avrebbe denudato l’animo con pudore e gentilezza. Era il tipo di rapporto che aveva Pier Paolo Pasolini coi ragazzi che amava di amore erotico e passionale, mentre conservava l’amore puro e sacrale per la madre che lo guidava per le vie misteriose del paradiso, come faceva Dante con Beatrice.
I racconti su LuciaDario Bellezza aveva tentato di conquistare l’amore di Elsa, ma non ci era riuscito e lei lo trattava con una infantile e fantasiosa crudeltà. Dario, offeso, una volta si è piantato sotto il portone di casa Morante con un cartello in mano in cui si dichiarava modello di un personaggio della scrittrice e per quello pretendeva una ricompensa in denaro. Inutile dire che Elsa l’ha scoraggiato ridendogli in faccia.
Io ero felice che Elsa mi trattasse da amica. Da giovane scrittrice in prostrata ammirazione per la capacità affabulatoria altrui, mi emozionavo ad ascoltare i suoi racconti. Mi piaceva sentirla parlare di Lucia, la sua governante tuttofare, che era una sorella più che una domestica. Lucia sembrava uscita dai suoi romanzi, era una sua creatura come lo erano i gatti che animavano l’attico romano e riempivano le sue giornate. Coda, Mezzacoda, Spartano, Adriatico, i gatti agivano in quella casa come le creature di inchiostro che popolano i suoi libri: ingenui, candidi, imprevedibili, crudeli, struggenti, deliranti.
Come tutti i grandi scrittori, Elsa viveva in un mondo parallelo, il suo mondo creaturale, fatto di amori febbricitanti, di umiliazioni e glorificazioni inaspettate, di delizie e terrori che riusciva e riescono ancora a comunicare emozioni ai suoi lettori.
Ricordo le critiche sprezzanti all’uscita di La storia. Non capivo da cosa provenisse tanta rabbia e disprezzo. Soprattutto i critici dell’avanguardia si sono avventati contro di lei, chiamandola scrittrice per sartine, sentimentale, prevedibile, ottocentesca. Mi ha fatto pensare a Dickens quando ha pubblicato Oliver Twist, che fu un enorme successo popolare, e i critici letterari lo fecero a pezzi considerandolo uno scrittore per servette, sdolcinato e patetico. E invece oggi sappiamo che è uno dei capolavori della letteratura europea.
Ho visto due degli episodi della Storia che stanno girando in questi giorni sugli schermi italiani, e sono contenta che abbiano subito attirato l’attenzione del pubblico. Francesca Archibugi ha fatto un ottimo lavoro e il personaggio di Ida è interpretato con straordinaria profondità e grazia morantesca da Jasmine Trinca.