Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  febbraio 03 Sabato calendario

Intervista a Paul McCartney

«Erano tempi selvaggi». Paul McCartney festeggia i cinquant’anni di Band on the run, l’album più importante degli Wings, la band post Beatles che lo vide continuare a splendere insieme alla moglie Linda. Jet, Bluebird, Let Me Roll It, Picasso’s Last Words (Drink to Me), Nineteen Hundred and Eighty-Five, sono solo alcune delle meraviglie incluse nel disco registrato in modo avventuroso a Lagos, in Nigeria e ora ripresentato in un’edizione celebrativa che oltre all’album originale rimasterizzato in half speed, fa arrivare nelle mani dei fan un secondo vinile intitolato Underdubbed Mixes Edition. «Era l’estate 1973 – ricorda Sir Paul, 81 anni splendidamente portati, in un’intervista ufficiale alla sua casa discografica di cui qui riportiamo un estratto – avevo una serie di canzoni destinate a un nuovo album e scorrendo un elenco degli studi internazionali della EMI, scelsi Lagos in Nigeria. Ero affascinato dall’idea di lavorare in Africa».
La storia però racconta che pochi giorni prima della partenza, il chitarrista Henry McCullough e il batterista Denny Seiwell lasciarono il gruppo. Come ha superato quell’evento?
«Era la notte prima della partenza e Denny (Seiwell) il nostro batterista e Henry (McCullough), il chitarrista, hanno semplicemente detto: “Noi non verremo”. Non ho mai capito bene il perché. Non sono il tipo di persona che dice: “oh mio Dio, che facciamo ora, bisogna ripensarci”. Se devo andare da qualche parte, mi piace attenermi al programma previsto. Ho pensato invece che avrei fatto il miglior disco da quando ho lasciato i Beatles. Mi sono detto: abbiamo la chitarra di Denny Laine, la voce di Linda, la voce di Denny, la mia voce e io suonerò la batteria. A quel tempo la suonavo bene».
E infatti finiste il disco.
«Sì, ma quando siamo tornati a casa c’era una lettera della casa discografica che avvertiva: “Caro Paul, non andare in nessun caso a Lagos. C’è stata un’epidemia di colera in Nigeria”. Capito? Abbiamo letto quell’avvertimento solo al ritorno altrimenti non credo saremmo andati lì. Ma erano tempi selvaggi».
Infatti lo studio non era esattamente quello che pensavate di trovare a Lagos e come se non bastasse, siete stati derubati, vero?
«Al termine di una sera da amici qualcuno ha detto: “Volete un passaggio a casa? Non è il caso di andare da soli”. Abbiamo risposto: “È una notte così bella, cammineremo”. Quando siamo scesi in strada abbiamo capito… Avevo macchine fotografiche, i registratori, tutte le mie cassette in una borsa e subito si avvicina una macchina, un ragazzo scende e mi punta un coltello. Gli abbiamo dato tutto e sono fuggiti. Il giorno dopo il capo dello studio mi ha detto: “ragazzo, sei fortunato a essere bianco. Se fossi stato nero avrebbero potuto ucciderti perché si sarebbero preoccupati che tu li riconoscessi"».
Come ha recuperato i pezzi già registrati?
«Li ho riscritti e riregistrati al volo. John Lennon e io ai tempi dei Beatles non avevamo cassette o dispositivi di registrazione e imparavamo i pezzi appena scritti a memoria. Dicevamo: “se non riusciamo a ricordarlo noi, come lo ricorderanno le persone?” Il sistema ha funzionato perché mi ricordavo tutto».
E oggi cosa sentiamo oggi quando acquistiamo la versione «underdubbed» di “Band on the run”?
«È la stessa cosa ma realizzata in un modo mai ascoltato prima. Quando crei una canzone e inserisci parti aggiuntive, come ad esempio una chitarra, si tratta di overdub, cioè una sovraincisione. Bene, questa versione dell’album è l’opposto, è underdubbed».
Linda McCartney, sua moglie scomparsa nel 1998, ha co-composto quasi tutte le canzoni di «Band on the Run», vero?
«Linda era lì mentre scrivevo. Se fossi rimasto bloccato, le avrei chiesto un suggerimento e cose del genere, quindi abbiamo finito per scrivere insieme. Ma non era una scrittrice come John, anche se imparò a cantare bene tanto che Michael Jackson le fece i complimenti».
È vero che «Picasso’s Last Words (Drink To Me)» è stata scritta dopo che Dustin Hoffman l’ha sfidata a creare una canzone sul momento?
«Verissimo: Dustin mi ha detto: «potresti scrivere una canzone su una cosa qualunque»? Ho risposto: “Non lo so, forse”. Mi ha mostrato un articolo di giornale sulla morte di Pablo Picasso e ha detto: «Le ultime parole di Picasso sono state: “Bevi a me. Bevi alla mia salute. Sai che non posso più bere”. Paul puoi scrivere una canzone su queste parole»? Avevo la mia chitarra così ho iniziato a cantare una melodia con quella frase. Lo sbalordii ma il resto è storia»