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 2024  febbraio 03 Sabato calendario

Niente sussidi a Stellantis

Roma «L’italia dei sussidi è finita per tutti», dice il ministro delle Imprese Adolfo Urso il giorno dopo lo scontro diretto con l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares. Nella nuova puntata che vede la multinazionale italo-francese schierata contro il governo italiano, il ministro Urso chiarisce che «l’ipotesi di dire “dateci più soldi” non funziona più» e precisa: «Questo governo ha una chiara politica industriale, condivisa con il sistema economico e con i sindacati, per incentivare e supportare chi vuole produrre nel nostro Paese. Queste sono le nostre condizioni e valgono per tutti». Entrare nel capitale di Stellantis? Per Urso resta un’ipotesi, «ma è un’altra tipologia di politica industriale», spiega. Se lo Stato italiano dovesse entrare nel capitale del gruppo con la stessa quota dello Stato francese pari al 6,1%, dovrebbe sborsare alle casse pubbliche circa 4,1 miliardi di euro, e però non avrebbe lo stesso peso del governo francese che nel frattempo ha aumento i diritti di voto in assemblea (pari al 9,6%) e neanche la garanzia di un posto nel board. Forse anche per questo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti all’ipotesi lanciata dal collega Urso replica con una battuta: «Io entrerei in Ferrari». E pure da Forza Italia frenano: «Noi siamo per liberalizzazioni e privatizzazioni», dice l’azzurro Paolo Barelli.
Urso spinge sullo scontro e attacca Stellantis che nel mese di dicembre ha registrato meno auto vendute in Italia rispetto a Volkswagen: «Se i cittadini italiani hanno preferito un’auto prodotta all’estero – dice – piuttosto che una prodotta in Italia e fronte di condizioni di mercato e incentivi simili, il problema non è del governo, ma dell’azienda, che ha evidentemente bisogno di rivedere il marketing». Il gruppo italo-francese replica con i dati di gennaio che registrano oltre 49 mila immatricolazioni (+13,3%) con una quota complessiva pari al 34,7% e una crescita dello 0,8% rispetto al gennaio 2023. Ma l’allarme resta, soprattutto per nuovi possibili stop negli stabilimenti italiani, in particolare quelli dell’elettrico, Mirafiori e Pomigliano d’Arco, citate dallo stesso Tavares come le fabbriche più a rischio. Nella prima, dove si producono 500 elettriche e Maserati, gli operai raccontano di stabilimenti vuoti per tre quarti e sono in arrivo tre settimane di cassa integrazione. A Pomigliano invece l’Alfa Romeo Tonale è ferma, quando invece lo stabilimento era ripartito a pieno regime con anche turni di notte per arrivare a 25 mila autovetture prodotte l’anno. «È uno schiaffo alla manodopera», dicono i sindacati.
Adolfo Urso
«Se gli italiani comprano auto straniere,
forse il problema
è dell’azienda»
E da più parti arriva la richiesta alla premier Giorgia Meloni perché chiami azienda e sindacati a Palazzo Chigi. La leader Pd Elly Schlein dice: «Il governo non può tacere di fronte alle minacce dell’ad di Stellantis, convochi subito Tavares in Italia ad assumersi delle responsabilità e impegni chiari», e chiede che «gli incentivi siano condizionati in modo vincolante alla tutela dei posti di lavoro e alla riduzione di emissioni». Aggiunge: «Si studi concretamente la strada della partecipazione pubblica per incidere sulla strategia aziendale». E apre al dialogo con il governo: «Noi ci siamo per lavorare insieme a soluzioni concrete, perché ne va dell’interesse e della dignità del Paese». L’ex ministro e leader di Azione Carlo Calenda dice no a «farsi trascinare in un’asta annuale al rialzo sui sussidi pubblici» e lancia un «piano competitività nazionale per tutte le aziende». Anche i sindacati chiedono un intervento urgente di Palazzo Chigi. Il leader della Cgil Maurizio Landini boccia l’ingresso statale nel capitale di Stellantis («Fuori tempo massimo»), e al governo dice: «Convochi subito un incontro con Stellantis e i sindacati», mentre in una lettera-appello al Mimit e al ministero del Lavoro, Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf chiedono un tavolo per il distretto automotive di Menfi. E il leader della Cisl Luigi Sbarra a Tavares dice: «Gli incentivi sono risorse pubbliche, non regalie».