Corriere della Sera, 3 febbraio 2024
Intervista a Vittorio Sgarbi
Roma Vittorio Sgarbi, da quanto stava pensando di dimettersi da sottosegretario alla Cultura?
«Non ci ho mai pensato».
E allora come mai si è dimesso?
«L’ho fatto d’istinto dopo aver ricevuto il documento di condanna dell’Antitrust. Lo avevo letto sull’aereo. Il documento stabilisce l’incompatibilità tra il sottosegretario e Sgarbi».
Che vuol dire tra il sottosegretario e Sgarbi?
«Io sono diventato sottosegretario alla Cultura perché sono scrittore, conferenziere, critico d’arte. Ma questa non si può considerare una professione come fare il medico. Invece queste attività che faccio io per loro sono un’interferenza con l’attività di sottosegretario».
E invece secondo lei non lo sono?
«Non si capisce con che metro si misura questa incompatibilità. Ieri sera il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha presentato un suo libro. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha parlato di un altro suo libro».
L’Antitrust però ha contestato la sua incompatibilità per via dei compensi che lei riceve per questa attività...
«Non è così».
Com’è allora?
«La questione non è se le attività sono a pagamento o sono gratuite. L’incompatibilità vale in tutti e due i casi, così è scritto nel documento del’Antitrust, una sessantina di pagine».
Lei quanti compensi ha ricevuto per fare queste sue attività?.
«Circa 150 mila, 200 mila euro. Ma sono tutti fatturati e regolarmente denunciati. La determinazione dell’Antitrust è assurda».
La scelta
Non avevo pensato alle dimissioni. Ho fatto
tutto d’istinto, dopo
aver ricevuto il documento dell’Antitrust
L’ho letto in aereo
Come è nata tutta questa vicenda?
«Con due lettere anonime di un tale Dario Di Caterino. Mi odia perché voleva lavorare per me e io invece non l’ho assunto».
Ma se sono lettere anonime come fa a sapere il nome di chi le ha mandate?
«Perché poi lui si è dichiarato al Fatto Quotidiano, l’unico che ha raccolto le sue lettere come se le avesse prese dalla sua buca delle lettere».
Perché parla di due lettere al plurale?
«Perché ne sono state mandate due: una il 20 ottobre e l’altra il 24 ottobre».
Cosa c’era scritto in queste lettere?
«Si parlava della Milanesiana, della mia conferenza con Pupi Avati, quella su Caravaggio come fossero tutte attività professionali contrastanti con la mia attività di sottosegretario. Ma non solo queste».
Quali altre?
«È una lista lunga. È stato rubato l’account del ministero con tutti i dati di quello che ho fatto».
Rubato l’account? E chi è stato?
«Farò una denuncia alla polizia postale per saperlo. Io all’Antitrust ho fatto una relazione per segnalare che sono presidente di diversi musei, di Ferrara, del Mart di Rovereto, fino a giovedì lo sono stato anche della Fondazione Canova...».
A proposito, perché si è dimesso dalla Fondazione Canova?
L’accusa
L’autore mi odia perché voleva lavorare per me e non l’ho assunto. E chi riceve un testo anonimo prima di tutto parla
con il suo collaboratore
«Non avevano rinnovato la mia presidenza alla Fondazione».
Torniamo alle lettere. Come si è arrivati all’Antitrust?
«È stato il ministro Sangiuliano a spedirle all’Antitrust».
L’ha contattata prima?
«No. Chiunque riceve una lettera anonima prima di tutto parla con il suo collaboratore, non le manda a scatola chiusa».
Cosa farà adesso?
«Un ricorso al Tar».
Pensa di riuscire ad avere ragione?
«Certo perché è evidente che il testo dell’Antitrust è senza fondamento».
In che senso?
«Le attività di cui parla l’Antitrust dichiarandole incompatibili sono certo frequenti ma restano occasionali. Il Tar non può non riconoscere questo aspetto».
Lei è anche indagato in Procura per via di un quadro che sarebbe stato esportato illegalmente...
«Sono tutte invenzioni del Fatto Quotidiano e di Report, che hanno fatto i piccoli poliziotti dando retta a Di Caterino e al restauratore Gianfranco Mingardi, tutti e due avevano ragione di aver astio e odio nei miei confronti. Posso dimostrare che sono tutte falsità».
Le contestazioni
Le attività che mi contestano sono certo frequenti ma restano occasionali. Il quadro? Posso dimostrare che le accuse sono tutte falsità
Lei si è dimesso subito dopo essere sceso dall’aereo a Milano...
«Dovevo andare a una conferenza a parlare di Michelangelo, Caravaggio, Raffaello. E allora ho pensato: dicono che le mie attività di critico d’arte sono incompatibili con il mio ruolo? Allora mi dimetto, così posso parlare liberamente di artisti come, appunto, Michelangelo, Caravaggio e Raffaello».