Corriere della Sera, 3 febbraio 2024
Breve biografia di Sgarbi
ROMA Per i suoi primi 70 anni, l’8 maggio del 2022, i suoi amici gli regalarono un enorme dipinto grottesco (3,30 metri per 2,40) intitolato «Sgarbeide», con lui, Vittorio Sgarbi, raffigurato – a mo’ della Scuola di Atene – in mezzo alle persone importanti della sua vita: i genitori Rina e Giuseppe, la fidanzata storica Sabrina Colle, Maurizio Costanzo che lo lanciò come critico d’arte in televisione, Sylva Koscina con cui ebbe una liaison, Helmut Newton che gli dedicò un celebre ritratto e molti altri.
E una «Sgarbeide» è sempre stata la sua vita fino a oggi, lo scrisse molto immodestamente lui stesso nel ’90 in un libriccino per Vanity Fair: «Correva l’anno 1961, quando compresi che sarei diventato un personaggio storico». Vita di eccessi e successi, risse tremende e riconciliazioni, musei e tribunali, opere d’arte e pessime figure, come negli ultimi giorni le urla, gli insulti, il gesto di abbassarsi i pantaloni e le parolacce riservate ai giornalisti Thomas Mackinson del Fatto Quotidiano e Manuele Bonaccorsi di Report («Se lei muore in un incidente stradale io sono contento»), autori dell’inchiesta sul quadro del pittore del Seicento Rutilio Manetti che risulta rubato. Una vicenda per la quale Sgarbi adesso è indagato per riciclaggio di beni culturali dalla Procura di Macerata.
Bulimico di conquiste amorose e di cariche politiche, l’anno scorso ne è arrivato a collezionare una decina («Ma con un solo stipendio, quello da sottosegretario, il resto lo faccio gratis»): sindaco di Arpino, prosindaco di Urbino, assessore alla Bellezza di Viterbo, commissario per le Arti di Codogno, presidente del Mart di Trento e altro ancora, avendo pure rinunciato al seggio di consigliere regionale in Lombardia solo per incompatibilità con l’incarico di governo. Eloquio impareggiabile, ma altrettanta capacità d’offendere: così ha appena subìto una condanna per diffamazione (duemila euro di multa) ai danni dell’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, paragonata a Vito Ciancimino, il sindaco di Palermo condannato per mafia e ritenuto responsabile nei primi anni ’70 del «sacco» della città. Ma la prima rissa di Sgarbi in assoluto (poi ci fu quella da Costanzo con Mughini) risale al 15 aprile 1991, ospite di Giuliano Ferrara a L’istruttoria su Italia 1: lui tirò un bicchiere d’acqua in faccia a Roberto D’Agostino che reagì con una sberla. Tutto in diretta. Poi fecero pace («Lo schiaffo è dialettica», motteggiò Dago).
Ospite di Giovanni Floris a DiMartedì su La7 una volta ha raccontato: «I giovani mi fermano per strada e vogliono sentirsi dire: capra!». L’epiteto che nel 2019 usò per ben 24 volte consecutive contro Caterina Collovati, ospite come lui da Barbara D’Urso su Canale 5. Un record. «Dopo aver affrontato numerose azioni legali per diffamazione – spiegò da Floris – ho notato che utilizzando “capra” nei confronti di qualcuno non mi esponeva a ulteriori procedimenti giudiziari». Eppure il suo conto con la giustizia risulta aperto e ora è arrivata anche la secca pronuncia dell’Antitrust sulle consulenze, «cachet d’oro» secondo il Fatto da 300 mila euro in 9 mesi, frutto delle «attività parallele» svolte dall’ormai ex sottosegretario tramite società del suo caposegreteria e della compagna Sabrina Colle. È stato il ministro Gennaro Sangiuliano a chiedere all’Antitrust di fare luce. La notizia di Sgarbi indagato per riciclaggio a Macerata ha fatto il giro del mondo. Se n’è occupato pure il New York Times. La «Sgarbeide» continua.