il Fatto Quotidiano, 2 febbraio 2024
Il triste “fin de vie” di Delon, troppo vecchio per vivere
Alain Delon. Le ultime vicende di colui che è stato un mito, una sorta di Brigitte Bardot al maschile, sono una dimostrazione per così dire planetaria, data la notorietà del personaggio, di come non sia un bene portare la vita oltre certi limiti. Delon, che ha 88 anni, ha dichiarato: “La mia vita è finita. Voglio morire”.
Il biblista dice “settanta sono gli anni della vita dell’uomo”. Mi sembra ragionevole, se uno a settant’anni non ha vissuto tutto ciò che voleva vivere e pensato tutto ciò che voleva pensare, è bene che torni “alla casa del Padre”, come dicono i cattolici. Comunque grazie, o meglio a causa, della medicina moderna si possono sgraffignare senza infamia e senza lode una decina d’anni. In Italia l’aspettativa di vita, che corrisponde in pratica alla vita media – nel Medioevo si scontava l’alta mortalità natale e perinatale che lasciava in vita i più robusti – è di 84 anni. Ma bisogna vedere come si vivono questi anni in più. E la depressione, che è molto spesso la compagna della vecchiaia, può arrivare anche molto prima. Vittorio Gassman, che col suo fisico e il suo temperamento fino ai sessant’anni era stato un ragazzo, anzi un ragazzaccio, si rese conto che non poteva più recitare quella parte ed entrò in una depressione che lo accompagnerà fino alla morte, avvenuta a 78 anni. È ovvio che più la tua vita è stata intensa e più ti è indigeribile la vecchiaia. Ci sono persone che sono “nate vecchie”, come Piero Ottone, che è stato direttore del Corriere della Sera, e che non a caso ha scritto un libro, Memorie di un vecchio felice, in cui peraltro si insinua costante il pensiero della morte. Insomma chi è “nato vecchio” fa meno fatica ad accettare la vecchiaia.
Per chi ha avuto una vita movimentata e spavalda vale il contrario e l’esistenza di Delon fu spavalda, ormai ne dobbiamo parlare al passato, non solo nel cinema dove è stato un ottimo attore e in alcuni casi anche un grande attore, ma nella vita. Si arruolò giovanissimo nella Legione Straniera. Nei momenti di massimo fulgore si circondava di guardie del corpo serbe, piuttosto feroci. Una di queste guardie fu trovata uccisa. I sospetti caddero non solo su Delon ma anche sulle altre guardie del corpo. Tutti i media, scalmanati come al solito quando c’è qualcosa di pruriginoso, aspettavano con ansia questa incriminazione, perché non c’è nulla che faccia più godere la gente del vedere un personaggio famoso con le spalle a terra. È la sorte che, in tempi attuali, capita a Ferragni, sia essa o no colpevole di quanto le viene addebitato (i piazzale Loreto sono sempre in agguato). Lui avrebbe potuto cavarsela facilmente scaricando in blocco le guardie del corpo, ma non lo fece. Per un punto d’onore. Quando Mireille Darc, che è stata la sua compagna dal 1968 al 1983, ebbe serissimi problemi di cuore, lui, che poteva avere mille altre donne, le rimase fedelmente accanto, non solo per generosità, ma perché si trattava di un punto d’onore.
Inoltre, oltre gli ottant’anni si apre una pianura desolata, inesplorata, tetra, cupa, atra come si esprimevano i Latini, che non è nemmeno immaginabile da chi non l’abbia raggiunta.
Adesso strugge vedere quest’uomo, aitante, che ha percorso una vita non priva di pericoli anche fisici, malmenato, picchiato da una donna che era stata una delle sue tante amanti e che poi era divenuta una sorta di badante. Un’umiliazione intollerabile. “La mia vita è finita. Voglio morire”.