la Repubblica, 2 febbraio 2024
Lettera di Flaiano alla figlia
Il manoscritto che vedete qui accanto è una lettera di Ennio Flaiano del 25 luglio 1943, il giorno della caduta del fascismo.La lettera proviene da un diario nel quale Flaiano registrava i piccoli eventi dei primi mesi della piccola Luisa, nata il 17 novembre 1942, che si interrompe bruscamente quando la bimba a otto mesi manifesta i primi segni di encefalopatia con crisi epilettiche (alcune pagine del Quaderno di Lèlè, soprannome della bambina, sono in fotocopia al Centro Manoscritti di Pavia, e un altro alla Biblioteca cantonale di Lugano).È emersa, la lettera, con a fronte la riproduzione de Il pifferaio di Manet, in un opuscolo dalla copertina azzurra col titolo Un amore purissimo e la data 1992. Nell’occhiello si legge «In memoria di LUISA FLAIANO// 17 novembre 1942/ 3 gennaio1992», e a fronte una foto di Lèlè ragazzina, sorridente. L’opuscolo, a cura di Vanni Scheiwiller, è stampato dalla tipografia Campi di Rozzano in 200 copie numerate «per gli amici di Rosetta Flaiano (la moglie di Ennio) nel trigesimo della morte della figlia Luisa. Milano, 3 febbraio 1992», e fortunosamente è riemerso in questi giorni dalla mia libreria.Rosetta Rota era del 1911: laureata nel 1933 in Matematica pura e nel 1934 in Fisica, era entrata a far parte del gruppo di via Panisperna. Sei anni dopo sposava Ennio, da poco tornato dalla campagna di Etiopia – e poi dedicò la vita a Lèlè.Dopo la guerra Flaiano scrisse il suo unico romanzo Tempo di uccidere, premio Strega 1947: romanzo dell’avventura coloniale, di profonda inquietudine e rimorso, con il delitto notturno e la malattia (la lebbra). Poi basta: ecco le sceneggiature con Fellini, daLo sceicco bianco aLa strada aLa dolce vita a8 ½ – e con tanti altri grandi registi. Le collaborazioni ai giornali, da Omnibus di Longanesi aOggi al Corriere della Sera, le recensioni teatrali e cinematografiche, gli elzeviri. Testi brevi della sua ironia folgorante: aforismi, satira e grottesco.Pubblico dunque volentieri questa letterina a Lèlè perché è bellissima: e perché è una chiara testimonianza di quanto l’antifascismo non sia stato e non sia un sentimento della sinistra, come ci vogliono fare credere i nostri attuali governanti, ma appartenga a tutti gli italiani, come i tantissimi che si riversarono in massa nelle piazze di tutte le città d’Italia in quel giorno e nei successivi, per festeggiarne la caduta.***
IL PIFFERAIO 25 LUGLIO 1943 Cara Lèlè, questa è la prima lettera che ti scriviamo per dirti che oggi il tiranno d’Italia è stato mandato a spasso, si chiamava Mussolini. Un giorno tu ti sorprenderai quando ti racconteremo quello che si è sofferto in ventun’anni di miseria morale. Non vorrai crederci. E forse ci rimprovererai dicendo: «Perché non l’avete cacciato prima?».
Lè era impossibile. Aveva un esercito di spie, di poliziotti e di mascalzoni: un esercito armato che teneva l’Italia bene ingabbiata.
Mai, nemmeno nelle epoche più tristi della storia del mondo, s’era visto un tale spiegamento di forze contro gli innocenti. Una parola e si andava dentro. Due, e si veniva uccisi. Migliaia di persone hanno pagato con la vita il lusso di una opinione diversa da quella ufficiale.
Ma ora è finita, grazie a Dio! E tu potrai essere educata libera da ogni nefasta influenza fascista.
Non sappiamo quel che l’avvenire ci riserva. Ma una cosa è certa: che Dio s’è svegliato.
Il piffero di Manet suona in te e per noi la dolce canzoncina della libertà.
Suonala in eterno, Piffero! Tra parentesi dobbiamo notare che il “piffero” ti somiglia molto.
©Fondazione Luisa Flaiano, per gentile concessione. Published by arrangementwith The Italian Literary Agency