La Lettura, 2 febbraio 2024
Un romanzo della sorella di Lytton Strachey
Dorothy Strachey, figlia del generale e alto funzionario dell’Impero Sir Richard Strachey e di Jane Grant, impegnata sostenitrice del diritto di voto delle donne, aveva quattro sorelle e cinque fratelli. Il più giovane, James, fu il traduttore di Freud in inglese, ma ai suoi occhi chi contava più di tutti, intellettualmente, era un altro fratello, Lytton, saggista e critico letterario autore di Eminenti vittoriani, un pionieristico e fondamentale ritratto critico del mondo vittoriano e uno degli animatori del Bloomsbury Group, il cenacolo di intellettuali che ha segnato la vita culturale inglese del periodo tra le due guerre. Lytton era un brillante fustigatore dei più diversi aspetti delle convinzioni e delle convenzioni, anche in materia sessuale, dell’età vittoriana (che in gran parte permanevano ancora nel primo Novecento). Era un omosessuale dichiarato e la sua spregiudicatezza in ambito verbale nei confronti del tabù del sesso è affidata ad alcune sue battute tanto «eversive» quanto brillanti.A questo proposito la formazione giovanile di Dorothy la metteva in piena sintonia con il fratello. Da ragazzina era stata mandata nel collegio creato da Marie Souvestre, figlia dello scrittore Emile Souvestre, che aveva sede a Fontainebleau e che fu poi trasferito a Wimbledon. In Olivia la direttrice della scuola di cui si innamora la protagonista è proprio Souvestre, mentre la figura di Cara è ispirata a Caroline Dussant, che con Marie Souvestre aveva fondato la scuola. Una scuola che si proponeva di fare in modo che le ragazze ricevessero non solo una formazione scolastica di prim’ordine (con larga presenza della cultura francese), ma che fossero anche sollecitate ad affrontare in modo aperto e indipendente ogni aspetto della loro vita adulta, sociale e culturale.Dorothy, che fu poi un’insegnante della scuola di Souvestre, nel 1903 (quindi in tarda età per l’epoca: aveva 37 anni) si sposò con il pittore Simone Bussy, che aveva cinque anni meno di lei e che con grande imbarazzo dei futuri parenti faceva «scarpetta» nel piatto (Lytton non si imbarazzò e definì «coraggiosa» la scelta della sorella). I biografi ci dicono che Dorothy era bisessuale, cosa più che probabile, mentre sappiamo con certezza che ebbe una relazione con Lady Ottoline Morell, l’aristocratica animatrice dei circoli culturali londinesi. Poco dopo il matrimonio i coniugi Bussy ebbero in dono dal padre di Dorothy (secondo un’altra versione la comprarono) una casa a Roquebrune, dove spesso ospitarono, oltre alle sorelle Vanessa Bell e Virginia Woolf, i pittori Duncan Grant, Roger Fry, Mark Gertler (creando, per così dire, un’appendice mediterranea del Bloomsbury Group), e poi i pittori francesi George Rouault e Henry Matisse (amico di Bussy) e gli scrittori Paul Valery e André Gide.Gide, che Dorothy Strachey ammirava moltissimo, e di cui tradusse in inglese molti lavori, ha un ruolo curioso rispetto alla storia editoriale di Olivia, l’unico romanzo che lei scrisse nella sua lunga vita. Come racconta André Aciman nella sua bella e affettuosa introduzione, Dorothy Strachey il 5 dicembre del 1933 scrisse a Gide che stava lavorando a un romanzo: «Un segreto da portare nella tomba. Ho scritto un libro!». Poi a fine mese gli mandò il manoscritto accompagnato da una lettera timorosa, sperando che Gide l’aiutasse a pubblicare il romanzo. «Ti spedisco il mio m.s. insieme con questa lettera. È una misera cosa, scialba, breve e inadeguata: mi ripugna. All’ultimo momento ho pensato di non mandartelo, ma poi non mi è sembrato il caso di fare troppe storie». Gide le rispose in modo vago, lasciando capire, al di là di un fugace complimento, che non lo apprezzava più di tanto. E tuttavia, con il passare degli anni, l’idea di pubblicare Olivia (fermo restando il proposito di non firmarlo) non l’abbandonò. Si rivolse a Leonard Woolf, che nel 1949 lo pubblicò per i tipi della sua casa editrice, quella Hogarth Press che aveva fondato insieme a Virginia Woolf (il libro è dedicato «alla cara memoria di V.W.»).Dorothy scrisse allora a Gide una lettera affettuosamente ironica: «Ora, mio caro potrai vantarti di aver rifiutato due bestseller: Proust e la tua devota amica». (Quando lavorava da Gallimard, infatti, Gide aveva rifiutato la Recherche di Marcel Proust). Gide le rispose con un brevissimo telegramma: «Imbarazzo e rammarico pari a quelli per Proust. Gide». In seguito le scrisse però una bella lettera, lodando il romanzo, «così compiuto e perfetto nei suoi sentimenti, nella sua dignità e nella sua delicatezza».La storia del romanzo è lineare. A sedici anni Olivia viene mandata in Francia in un collegio per ragazze gestito da Mlle Julie T. e Mlle Cara M, che la madre aveva conosciuto in Italia e che erano rimaste sue buone amiche. Olivia è attratta e affascinata da Mlle Julie, che è molto gentile, a volte affettuosa nei suoi confronti. Ma ben presto i suoi sentimenti, in modo confuso ma prepotente si trasformano in desiderio. È un desiderio che si mescola alla paura, addirittura al «terrore» di avvicinarsi troppo a lei, a differenza della Signorina, l’insegnante d’italiano che adorava Mlle Julie, che le faceva persino da cameriera per starle vicino. Eppure una volta era riuscita a baciarle una mano, a stabilire un fugace contatto; e poi, in occasione di una festa Mlle Julie le aveva detto che la notte sarebbe andata nella sua camera a portarle un dolce. Non ci andò e la mattina dopo le spiegò che non lo aveva fatto per il bene di tutte e due. «E poi, in un sussurro, soggiunse, così piano che l’udii appena: “Je t’aime bien, mon enfant”. La sua voce si ruppe e venne meno; poi, ancora più piano, disse: “Plus que tu ne crois”. E con queste parole se ne andò».Nella scuola per fanciulle, accanto ai loro desideri giovanili alberga il desiderio adulto. Per Mlle Julie, oltre a quello adorante della Signorina, c’è quello passionale di Mlle Cara, che si concluderà in tragedia, in un romanzo in cui il fuoco del desiderio si accompagna a quella delicatezza dei sentimenti lodata da Gide.