La Lettura, 2 febbraio 2024
Una serie su Christian Dior e Coco Chanel
«Con la sua prima collezione nel 1947 ha aiutato l’umanità a ritrovare la bellezza e il desiderio di vivere ancora, dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale». Nel 1955 la Sorbona ospita Christian Dior e ne celebra le creazioni, proprio mentre Coco Chanel sta preparando il grande ritorno della sua maison, chiusa all’inizio della guerra. Ma che cos’era davvero successo in quel periodo oscuro? A riportarci nella Parigi dell’occupazione nazista è la serie tv The New Look, scritta e diretta dall’americano Todd A. Kessler, già autore di Damages e Bloodline. Dieci episodi girati a Parigi, ma recitati in inglese, che mercoledì 14 febbraio debuttano su Apple Tv+ (dove si vedranno subito i primi tre, mentre gli altri arriveranno uno a settimana).
Per interpretare Christian Dior (1905-1957), Kessler ha voluto l’australiano Ben Mendelsohn, premio Emmy per il ruolo di Danny nella serie Bloodline. Per Coco Chanel (1883-1971), l’attrice premio Oscar Juliette Binoche. Al loro fianco un cast stellare con Glenn Close, John Malkovich, Maisie Williams, Emily Mortimer...
«L’aspetto più difficile è interpretare un francese davanti ai francesi», confessa Ben Mendelsohn a «la Lettura»: «È stato un onore diventare Christian Dior, ma non credo di avergli reso veramente giustizia. Non si riesce a farlo quando si porta sullo schermo una persona che è davvero esistita». Dare voce e corpo a un uomo così «timido, umile, gentile», è stata per Mendelsohn un’esperienza diversa dalle precedenti: «Non puoi fare altro che amarlo, e allo stesso tempo pensare che non sarai mai alla sua altezza. Come attori abbiamo l’opportunità di avvicinarci a personaggi incredibilmente significativi, possiamo studiarne l’idea ma non raggiungerli. Mai».
The New Look segue Dior durante gli anni dell’occupazione tedesca, quando è ancora un designer sconosciuto che lavora per il couturier Lucien Lelong (John Malkovich). «Un sogno recitare con lui», sottolinea Mendelsohn: «L’ambizione di Dior è dormiente fino a quando non arriva la grande opportunità». Nel 1945 Lelong guida il progetto del Théâtre de la Mode al Louvre, «un’esibizione di speranza» che, finita la guerra, dimostra come l’haute couture parigina stia tornando alla vita assieme alla città.
Tra gli abiti – in miniatura, per la carenza di tessuti – quelli disegnati da Dior colpiscono nel segno. Finanziato dal «re del cotone» Marcel Boussac, Dior fonda la propria casa di moda. La sua volontà è chiara, la prima collezione dev’essere un ritorno alla gioia: «Le persone hanno bisogno di tornare a sognare, a vivere, e noi possiamo creare un nuovo mondo per loro, un bellissimo giardino», con gli abiti che si fanno semi di speranza. Quei semi li getterà nella collezione del 1947 soprannominata New Look dall’entusiasmo di Carmel Snow (interpretata da Glenn Close), caporedattrice della rinomata rivista newyorkese «Harper’s Bazaar».
Gli orrori della guerra Christian Dior li vede sul corpo della sorella Catherine (Maisie Williams, già Aria nel Trono di Spade), in prima linea per la Resistenza francese, sopravvissuta al campo di concentramento di Ravensbrück, dopo essere stata torturata. «Molto della vita di Christian ha a che fare con lei», continua Mendelsohn: «Maisie è straordinaria. Tra noi si è creata una connessione intima e di fiducia davvero unica».
L’obbiettivo di Todd A. Kessler era portare sullo schermo «le persone reali dietro i marchi mitici» e indagare su come «l’arte della creazione abbia guidato il design della moda nella Parigi degli anni Quaranta, un’epoca di orrori senza precedenti». I riflettori sono puntati sulla contrapposizione tra Dior e Chanel. «Juliette Binoche – ha dichiarato l’autore – si è calata completamente nei panni di una delle icone formidabili del XX secolo». E ha dovuto rappresentare gli aspetti più controversi della grande stilista: il soggiorno al Ritz, quartier generale dei militari nazisti; la relazione con l’ufficiale Hans Günther von Dincklage detto «Spatz»; le accuse di collaborazionismo; l’esilio in Svizzera; la battaglia con i fratelli Wertheimer, ebrei, per il controllo del suo più celebre profumo, lo Chanel N°5.
In The New Look a dare vita agli abiti e alle creazioni di Dior e Chanel è la costume designer Karen Muller Serreau (Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità, The Serpent Queen). A «la Lettura» racconta l’emozione di scavare nei mondi di questi grandi artisti: «È stata una sfida ma l’aspetto più interessante è stato poter entrare nelle loro vite e scoprire chi fossero realmente, da dove venissero, come siano arrivati a essere quello che erano». Appassionante, per la costumista, è stato anche lavorare sulle differenze tra Dior e Chanel: «Gli abiti di Dior sono architetture, sculture che enfatizzano le forme femminili; mentre Coco Chanel volveva rendere le donne libere, la sua ispirazione arrivava dagli abiti maschili, voleva eliminare i corsetti, indossava e faceva indossare camicie e cravatte, giacche oversize. Venivano da ambienti così diversi che credo fosse impossibile trovare un terreno comune. Ma entrambi hanno fatto cose straordinarie».
Anche l’attore protagonista riflette sulla rivalità tra Dior e Chanel: «Non credo che ci fosse una reale animosità. Coco Chanel ha davvero cambiato il mondo e credo che Dior l’ammirasse per questo. Non puoi battere Coco, a meno che non ti venga data un’opportunità di battere Coco. Lei è formidable, in un modo in cui Christian non lo è, ma le circostanze intorno alla guerra e la stessa guerra creano uno spazio e lui coglie l’opportunità. È probabile che fino a quel momento Chanel pensasse che Dior fosse un pupazzo inanimato». Poche le scene in cui i due couturier appaiono insieme, ma per Ben Mendelsohn «è stato fantastico lavorare con Juliette Binoche». In scena appaiono anche altri designer dell’alta moda parigina da Pierre Balmain a Cristóbal Balenciaga (quest’ultimo protagonista di una serie spagnola ambientata negli stessi anni, appena approdata su Disney+).
«Nel periodo raccontato nella serie, Coco Chanel non creò nuovi abiti». Karen Muller Serreau si è concentrata sugli abiti indossati da Juliette Binoche: «Non c’era grande documentazione su di lei in quel periodo, così mi sono ispirata a quanto indossava prima della guerra e ai suoi lavori successivi». Per Dior ha invece ricreato «nel modo più preciso possibile gli abiti dei due fashion show che si vedono nella serie. Abbiamo lavorato con la maison Dior per avvicinarci il più possibile alla realtà: negli archivi non ci sono gli abiti del 1947, sono conservati solo disegni, campioni di tessuto e fotografie: siamo partiti da lì per ricostruirli. All’interno avevano delle strutture straordinarie».
La collezione di Dior «fu una rivoluzione», sottolinea la costumista: «Durante la lavorazione ho pensato a quanto tutto sarebbe stato diverso se si fosse avverato il progetto nazista di portare il mondo dell’alta moda in Germania. Ma Lucien Lelong si oppose e rimasero a Parigi. La serie mostra cosa significhi sopravvivere alla guerra, non solo per i singoli individui ma per un’intera industria. Di come sia riuscita ad andare avanti creando questo “nuovo look” e dando a tutti la speranza di cui avevano bisogno».
Serreau ha lavorato sul contrasto: «I colori della liberazione, il grigio dei campi di prigionia. All’inizio Catherine Dior ha il suo personale look, ma quando arriva al campo di Ravensbrück le vengono tolti gli abiti, perché deve essere privata dell’identità». Ben Mendelsohn conclude: «Non so davvero nulla di quello che fu il ruolo della moda in quegli anni. Ma nella serie vediamo come aiutò a creare un nuovo senso del sé, una nuova forza dopo anni d’austerità e terrore. Fu un miracolo per la moda e un miracolo economico».