La Lettura, 2 febbraio 2024
I passi da gigante della clonazione
I ricercatori dell’Accademia cinese delle Scienze che per primi nel 2018 clonarono due Macaca fascicularis chiamate Zhong Zhong e Hua Hua, hanno comunicato su «Nature Communications» che ReTro, una scimmia della specie Macaca mulatta nata il 16 luglio 2020, per la prima volta ha raggiunto l’età adulta. Lo scopo principale di questa sperimentazione, come ha dichiarato il professor Mu-ming Poo, direttore dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia delle Scienze, è quello di disporre di un modello animale di primati non-umani costituito da cloni (al fine di evitare sorgenti di variazione statistica) per la valutazione di saggi sull’efficacia di neuro-farmaci, in particolare di antidepressivi. Per comprendere appieno l’importanza di questo ultimo avanzamento, è bene conoscere la geniale modifica apportata alla tecnica del trasferimento nucleare.
In questa procedura il nucleo di una cellula somatica inserito all’interno della cellula uovo (privata del proprio nucleo) si riprogramma geneticamente a nucleo embrionale grazie all’azione di tutte le molecole citoplasmatiche. In tal modo, una cellula terminalmente differenziata, quale può essere quella della pelle, ritorna a uno stato embrionale: se moltiplicata in provetta, può essere differenziata in quasi tutti i tipi cellulari che costituiscono organi e tessuti; se trasferita in utero, può svilupparsi in un clone genetico del donatore della cellula somatica.
Nel primo caso si possono differenziare cellule che già permettono (avviene in Giappone e negli Stati Uniti) sperimentazioni cliniche. Chi è interessato a queste ricerche deve evitare di cadere nell’inganno offerto dall’infosfera nella quale viviamo (truffe di ogni tipo a scapito delle speranze e dei dolori dei malati, basterà ricordare il vergognoso caso di Stamina) e rivolgersi solo a chi offre reali opportunità (si visiti il sito clinicaltrials.gov).
Nel secondo caso si realizza la clonazione riproduttiva che è oggi impiegata in zootecnica per l’incremento numerico di animali di particolare interesse economico (animali transgenici, ad esempio quelli produttori del fattore VIII della coagulazione) o di quelli in via di estinzione (earth.org/should-we-clone-endangered-species/). In realtà, il vero boom economico di applicazioni del genere è per i piccoli animali da compagnia, cani e gatti (geminigenetics.com e perpetuate.net).
La moltiplicazione delle cellule dell’embrione unicellulare, lo zigote, formatosi per via naturale o per trasferimento nucleare, produce una bellissima sfera chiamata blastocisti, costituita da un gruppo di cellule che formano la massa cellulare interna, da cui si originerà l’embrione vero e proprio, esternamente avvolta dal trofoblasto, un epitelio che espandendosi nell’utero darà origine agli annessi embrionali, tra cui la placenta. La trama del processo che porta alla formazione della placenta è degna di una tragedia greca: la blastocisti, un alien immunologico per la madre, non viene rigettata dal corpo materno, per il quale è non-self genetico, perché riesce ad abbassare localmente le difese immunitarie delle cellule materne mentre le erode e lisa sino ad arrivare al torrente circolatorio e instaurare la prima circolazione materno/fetale formando i villi primari, i costituenti della placenta in via di formazione.
Da oltre 25 anni sappiamo che il processo di impianto dei cloni è di gran lunga più inefficiente rispetto a quello naturale per la mancata riprogrammazione genetica di alcuni geni nelle cellule del trofoblasto che porteranno alla formazione della placenta che nei cloni risulta essere più spessa e difettosa. Qui si inserisce la geniale modifica dei ricercatori cinesi guidati dal Sun Qiang, che grazie a un imponente impianto sperimentale hanno ottenuto in una prima fase centinaia di blastocisti naturali grazie a fecondazione assistita (499) e centinaia di blastocisti clonate (484). In una fase successiva, gli scienziati hanno rimosso la massa cellulare interna delle blastocisti naturali sostituendola con quella delle blastocisti clonate ottenendo, di fatto, un nuovo embrione con un trofoblasto funzionale (da qui il nome ReTro: Replacement of Trophoblast). Undici dei 113 cloni con trofoblasto «naturale» e massa cellulare «clonata» sono stati trasferiti in sette madri surrogate e... voilà: l’impianto è divenuto ben più efficiente portando allo sviluppo e nascita di ReTro. La lettura dei numeri di cloni ed embrioni prodotti, di pseudo-madri impiegate, di analisi di Dna e Rna compiute e della raffinatezza tecnologica impiegata è da capogiro e rimanda al fatto che oggi la Cina è la potenza di riferimento per la ricerca in biologia cellulare e molecolare.
La nascita di ReTro è da salutare dunque come un importante passo avanti per la piena comprensione di quali siano i meccanismi molecolari che controllano l’espressione genica delle cellule del trofoblasto (e dunque la possibilità di alterarli, cancellarli, ri-imporli) che portano alla formazione della placenta. Non va dimenticato che oltre il 50 per cento dei concepimenti nella nostra specie non realizza con successo l’impianto: sono le perdite post-zigotiche pre-impianto del tutto inavvertite o solo materializzate in ritardi nel ciclo mestruale.
Se queste perdite naturali sono materia di riflessione per eticisti, teologi e filosofi, diventano di interesse medico nel corso dei programmi di fecondazione assistita per i quali è necessario ottenere alti numeri di embrioni, dopo diversi cicli di stimolazione ormonale. La nascita di ReTro potrà aiutare a diminuire sia il numero di embrioni prodotti sia il numero di cicli necessari. Non solo, permetterà di intervenire su altre patologie quali, ad esempio, le devastanti malattie mitocondriali che potrebbero trarre beneficio dalla tecnica di trasferimento nucleare, come le regolamentate sperimentazioni attive nel Regno Unito e in pochi altri Paesi dimostrano.
Un saggio decisore politico, nello sviluppare le norme che regolano la salute, deve essere competente quanto basta per distinguere tra «tecnica e prodotto della tecnica», per non cadere vittima dei timori paventati da laureati Nobel (Kazuo Ishiguro) o illustri filosofi (Jürgen Habermas) che fanno riferimento alla clonazione umana, un obiettivo a cui nessuno scienziato vuole arrivare perché inutile e, soprattutto, scientificamente immotivato. Purtroppo anche in questa occasione si sono levate voci (una tra tutte quella dell’inglese Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals) per sostenere il messaggio di Habermas, «chiudete quei laboratori che pasticciano con il Dna umano... un bene “indisponibile” alla manipolazione tecnologica». Messaggio irricevibile dalla comunità dei biologi e soprattutto dai tanti pazienti che attendono risposte a bisogni terapeutici ancora inevasi.