il Fatto Quotidiano, 31 gennaio 2024
I legami tra Morante e Tamaro
Due grandi successi editoriali celebrano quest’anno ricorrenze tonde. La Storia di Elsa Morante uscì mezzo secolo fa, nel giugno 1974. Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro trent’anni fa, nel gennaio del 1994. Morante sembrerebbe non avere nulla a che spartire con Tamaro, eppure Storia e Cuore hanno avuto una parabola non tanto dissimile tra copie vendute e dibattito critico. La Storia scala di nuovo le classifiche in questi giorni grazie alla miniserie Rai firmata da Francesca Archibugi. Tra le sceneggiatrici figura Giulia Calenda, nipote di Luigi Comencini, il primo a cimentarsi nella riduzione televisiva del romanzo nel 1986 e figlia di Cristina, regista della versione cinematografica nel 1996 di Va’ dove ti porta il cuore.
Morante nel 1974 ha sessantadue anni, non è più la moglie di Moravia, e da tre lustri manca dalle librerie (a parte i versi di Il mondo salvato dai ragazzini del 1968) dopo il trionfo al premio Strega nel 1957 con L’isola di Arturo. Tamaro nel 1994 ha trentasette anni ed è reduce da Per voce sola, un libro di racconti pubblicato da Marsilio che nel 1991 ha incantato Fellini e, guarda caso, Moravia. La Storia esce con Einaudi, Va’ dove ti porta il cuore con Baldini e Castoldi, rilanciata da un ex Einaudi come Alessandro Dalai. Morante vende seicentomila copie in pochi mesi, Tamaro solo nel 1994 raggiunge il milione di copie (ne vende un altro milione anche l’anno successivo). La Storia, sostenuto da un battage promozionale, è il primo esperimento di romanzo lanciato direttamente in edizione economica (duemila lire il prezzo, centomila copie la tiratura iniziale). Il Cuore di Tamaro esce in sordina, per tre mesi resta fermo e poi parte un passaparola inarrestabile. Morante esce nell’anno del referendum sul divorzio. Tamaro nell’anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi. Negli anni di piombo La Storia, “romanzo che commuove” è indigesto a certa intellighenzia per la quale la tenerezza è kitsch. Vent’anni più tardi una ex comunista come Lucia Annunziata per spiegare il fenomeno “buonista” del Cuore arrischia un parallelo: “Berlusconi e Tamaro non parlano forse entrambi a quella vasta area di confusione emotiva dentro cui è approdata la Grande Ideologia?” Le trame dei due romanzi, pur diversissime, si specchiano in alcuni punti. Ambientato nella Roma dei bombardamenti, degli sfollati e delle persecuzioni razziali, La Storia narra le vicende di Ida, maestra e vedova, già madre di Nino, che a seguito di uno stupro da parte di un soldato tedesco partorisce il secondo figlio Useppe. Alla fine delle seicento pagine del romanzo muoiono tutti, compresa la protagonista.
Anche in Va’ dove ti porta il cuore non resta vivo nessuno, eccetto la nipote lontana in America a cui sono indirizzate le lettere di Olga, nonna colpita da ictus, che racconta la sua storia familiare costellata dal marito, da una relazione extraconiugale, da una figlia irretita da estremismi e chimere, da una nipote rimasta orfana che accudisce tra liti e incomprensioni. Ida è una popolana romana, Olga una borghese triestina. Entrambe sono tuttavia di origine ebraica e vivono l’orrore della Seconda guerra mondiale. Entrambe sono madri devote che perdono i loro affetti.
L’accoglienza critica dei due romanzi diverge ma certi toni liquidatori si ripetono. Natalia Ginzburg confessa di avere pianto durante la lettura della Storia e lo definisce “il romanzo più bello di questo secolo.” Si aggiungono tanti elogi, da Pampaloni a Garboli, il quale scrive che “se il romanzo è in crisi, solo una donna poteva guarirlo.” Pasolini si dichiara deluso da una “opera ambiziosa ma imperfetta.” La polemica ideologica si infiamma quando neoavanguardisti e marxisti definiscono Morante “bamboleggiante nipotina di De Amicis”, accusandola di predicare un’ideologia della rassegnazione. Rossanda ci va giù duro: “Vendere patate è meglio che vendere disperazione.”
Anche per Tamaro all’inizio l’accoglienza è morbida. La Porta parla di “accorata meditazione sull’esistenza”, Bo di “un testo dallo stile poetico.” Poi fioccano le stroncature. Raboni: “Non c’è pagina, ma che dico, non c’è frase, non c’è parola che non sia intrisa di ovvietà.” Grazia Cherchi: “Fiacco, noioso e sa di studiato a tavolino.” Due romanzi agli antipodi eppure bersaglio della stessa convinzione cara a Gide: “Con i buoni sentimenti si fa cattiva letteratura.” Chissà non ci sia stata l’ombra della misoginia in certe forsennate contumelie. Ma il peccato forse più imperdonabile è che Morante e Tamaro con i loro libri sono arrivate a milioni di non lettori. L’accostamento tra le due autrici potrebbe apparire arbitrario ma il gioco delle corrispondenze fatali vuole che Ginzburg e Garboli, sodali di Morante, siano gli stessi che promossero il precedente libro di racconti della Tamaro, la quale con il suo esordio La testa tra le nuvole si era portata a casa nel 1990 proprio il premio Elsa Morante.