il Giornale, 31 gennaio 2024
Altro che smart working...
In Italia la regola che funziona meglio è la deroga. Le eccezioni sono sempre meglio delle norme. L’anarchia vince sull’ordine. Le innovazioni abbattono le tradizioni. Se cerchi il successo, devi cambiare tutto.
E così quando nel 2010, a Castelfranco Veneto, marca di Treviso, apparve Velvet Media, azienda nata come casa editrice poi diventata un’agenzia di comunicazione con migliaia di clienti in Italia e all’estero, tutti applaudirono la sua sovversiva, anticonformista e rivoluzionaria organizzazione del lavoro. Presenza flessibile, quasi fluidità, tanto da sparire del tutto (e infatti...), abolizione dell’orario di lavoro, turni liberi («Non conta la quantità delle ore, ma la qualità...»), sale per videogiochi, dipendenti tutti under 30, spostamenti nei corridoi con gli skate, gatti e cani in giro per gli uffici, management al femminile... Insomma, quelle cazzate lì. La ribattezzarono la «Google italiana». E ne parlò anche il Financial Times.
Cosa poteva andare male?
Ecco. È fallita.
Dopo il crac è arrivata la liquidazione giudiziale e l’ipotesi di un’inchiesta. Ora si è saputo che l’azienda ha venduto tutto, ma non basta comunque per pagare i 7 milioni di debiti. I creditori quelli che invece hanno un orario di lavoro preciso, seguono le regole e alla playstation semmai ci giocano a casa, alla sera – non vedranno un euro.
Sono gli effetti dell’utopia progressista ai tempi dell’high tech. Quella che per cambiare il mondo è disposta a distruggerlo.