la Repubblica, 31 gennaio 2024
Intervista a Diodato
All’inizio del 2020 ha vissuto la gioia della vittoria al Festival e subito dopo il senso di frustrazione del lockdown che gli ha impedito anche di partecipare all’Eurovision. Cantò da solo, all’interno dell’Arena di Verona, senza pubblico, e il paese chiuso in casa l’ ascoltava in diretta tv.Fai rumore divenne così un manifesto e a molti sembrò l’antidoto contro il silenzio imposto dal virus. Quattro anni dopo, Diodato torna in gara a Sanremo con la canzoneTi muovi.
Torna da vincitore, un bell’impegno.
«Ovviamente ci penso, ma con una leggerezza che spero di mantenere anche in quei giorni. Certo è difficile, c’è di mezzo la tv che ti dà sempre l’impressione di risultare diverso da come speri che la gente ti veda».
Cosa ricorda di quella esperienza?
«Fu unica ma spero che non si ripeta per nessuno. Mi ha sicuramente tolto qualcosa ma mi ha anche dato l’opportunità di vivere situazionipazzesche come l’esibizione all’Arena e il ritorno da ospite all’Eurovision, dove realizzammo un racconto molto emozionante. Con il lockdown la canzone ebbe il tempo per crescere ed essere apprezzata ancora di più dalla gente».
Pensa dunque che “Fai rumore” abbia ottenuto una eco maggiore perché ha avuto più tempo a disposizione per essere ascoltata?
«La canzone si è trasformata tante volte in questi anni. Che avesse il potenziale per attirare l’attenzione del pubblico lo ha dimostrato vincendo il Festival, poi però è anche diventata un manifesto e forse questo è successo per la fortuna di avere un titolo che contrastava idealmente il silenzio imposto dal covid. È diventata un momento di riflessione, e al tempo stesso anche una lente di ingrandimento sul mio modo di fare musica».
A proposito di ritorni, lei ne desidera uno anche nel brano che porta al Festival.
«Se fosse un dialogo d’amore in realtà sarebbe il contrario: è lei che vuole tornare e spera che in me ci sia qualcosa che ha ancora la stessa volontà. L’altra lettura è che c’è una parte dentro di me che ancora vuole quell’amore e si chiede come sarebbe riprovarci».
La canzone parla di qualcuno che non si rassegna alla fine di una storia.
«Nel periodo in cui stavo scrivendo
Ti muovi,per coincidenza tanti amici che stavano vivendo situazioni un po’ complesse mi hanno raccontato cose molto simili alle mie, quell’attitudine che hanno alcune persone nel voler distruggeretutto ciò che c’è stato per riuscire ad andare oltre e prendere un’altra strada. Che è un rammarico, per tutto ciò di bello che si è vissuto.
Quei racconti mi hanno convinto a terminare la canzone».
Lei ha già partecipato ai Festival di Fazio, Baglioni e Amadeus: differenze?
«Sono le edizioni che hannocambiato volto al Festival. Fazio ha avuto il merito delle scelte alternative, infatti vinsero gli Avion Travel. Con Baglioni è stato il Festival popolare con la musica riportata al centro. Amadeus ha avuto il merito di allargare la platea e soprattutto di farne un evento di cui si parla ormai tutto l’anno».
Vorrebbe che “Ti muovi” la
portasse all’Eurovision?
«Sarebbe splendido, figurarsi. Ma non penso mai alla competizione.
Una delle cose che nel 2020 mi mise più in difficoltà fu dover pensare alla gara: dopo la serata del venerdì risultavo primo, mi sono detto che in finale potevo solo fare peggio. Poi me la sono giocata e alla fine è andata bene».