la Repubblica, 31 gennaio 2024
Sotto il segno di Putin. La sfida a Hollywood degli Studios di Mosca
MOSCA – Ti aspetteresti di vedere sbucare da un momento all’altro una tormentata Anna Karenina mentre cammini tra le facciate fuligginose della “Vecchia Leningrado”. L’intera strada, deserta e innevata, è fatta di legno, ma l’illusione regge a patto di non sollevare lo sguardo sui grattacieli e le gru che incombono sui trenta ettari dell’ex fabbrica dei sogni dell’Urss, Mosfilm, il gioiello di quella che il leader rivoluzionario Vladimir Lenin definì «la più importante di tutte le arti» per il suo immenso potenziale propagandistico. Un mantra che risuona anche nella moderna Russia putiniana. In un secolo di storia il gigante del cinema russo, che ha prodotto classici comeLa Corazzata Potëmkin di Sergej Eisenstein del 1925 eSolaris di Andrej Tarkovskij del 1972, è sopravvissuto a tutto. Alla censura comunista, all’avanzata dei tedeschi e alla crisi economica degli anni Novanta. E ora, nel giorno del suo centenario, guarda con ottimismo al futuro, nonostante il boicottaggio delle principali major hollywoodiane. Anzi, pensa di avvantaggiarsene.
Quando, il 30 gennaio del 1924, uscì il primo film, Sulle ali in alto di Boris Mikhin, prodotto da Aleksandr Khanzhonkov e Josef Ermolev, gli antenati degli studios erano sparsi nel centro di Mosca. Fu soltanto tre anni dopo che iniziò la costruzione della prima kino-gorod, cinecittà sovietica, in via Potylikha, poi ribattezzata Mosfilmovskaja, sulla Collina dei Passeri, Sudovest di Mosca, dove sorge tuttora. «Non volevamo copiare Hollywood, ma accorpare come tutti l’intero ciclo produttivo in unico luogo», racconta la storica Gayane Ambartsumian in un vetusto corridoio del “Padiglione n.1”, tra una rievocazione del primo horror sovietico Viy e bozzetti della scenografia de Lo specchio di Tarkovskij alle pareti. «Il leggendario nome Mosfilm arrivò nel 1936 e il celebre logo dell’operaio e della contadina che stringono verso il cielo la falce e il martello nel 1947. Era il simbolo del ritorno alla vita dopo che la guerra ci aveva costretto ad evacuare gli studi ad Almaty, moderno Kazakhstan». Seguirono gli anni d’oro, grazie anche agli ingenti fondi stanziati dallo Stato, ma quando vennero a mancare nei “terribili” anni Novanta, Mosfilm cadde in decadenza.
È stato il regista Karen Shakhnazarov, nominato direttore nel 1998, a salvare gli studi dalla morte imminente. In un quarto di secolo ha recuperato capitali cedendo terreni per farne dei complessi residenziali in cambio della costruzione di due nuovi avveniristici padiglioni cheoggi ospitano una sala concerti e cinema e la nuova “Casa dei Costumi e Oggetti da scena”, con moderni sistemi di ventilazione e stoccaggio, dove ci sono «abbastanza uniformi d’epoca per vestire due reggimenti» e tutte le divise usate per il film premio Oscar Guerra e Pace del 1966 di Sergej Bondarchuk. Shakhnazarov ha anche aperto le porte della cittadella dei sogni ai visitatori che ora possono ammirare i set e il garage di170 tank e 50 macchine d’epoca. E ha siglato un accordo con YouTube dove ha messo a disposizione una selezione di titoli gratuiti rimasterizzati. «Sono sottotitolati anche in italiano», si vanta il portavoce Evgenij Dolgikh mentre ci accompagna nei luoghi dell’immaginario visivo dell’ homus sovieticus. Ci sono le carrozze utilizzate in tante trasposizioni letterarie, gli arredi apparsi nelle innumerevoli pellicole sulla Secondaguerra mondiale, busti di Lenin, repliche dei quadri di Repin, le iconiche macchine per l’acqua gassata gazirovka e le tute brillantate usate nei film di fantascienza. La rinnovata Mosfilm, spiega Dolgikh, oggi impiega appena 400 dipendenti, «ma, a seconda delle produzioni, ci sono giornate in cui ospitiamo 5mila persone. Ieri avreste potuto vedere decine di attori in costume nella Vecchia Leningrado». Ogni anno, continua, «qui si girano un centinaio di produzioni cinematografiche e televisive, ma soltanto due o tre hanno il nostro marchio. L’ultima nostra produzione risale al maggio 2023,Khitrovka, segno dei 4,un poliziesco ambientato all’inizio del secolo scorso. Dovete capire che il modello è cambiato. Sotto l’Urss era lo Stato a finanziare Mosfilm. Oggi, sebbene di proprietà statale, siamo un’azienda orientata al mercato e dotata di tecnologie all’avanguardia. Copriamo da soli le nostre spese».
La nuova sfida è approfittare del vuoto lasciato dall’addio delle major di Hollywood in risposta all’offensiva russa in Ucraina. Fino a due anni fa le pellicole straniere si accaparravano circa i tre quarti degli incassi delle sale russe, tanto che il Cremlino pensava di imporre un tetto ai film esteri e di finanziare titoli nazionali che promuovessero i valori della famiglia, la gloria militare e «la Crimea e l’Ucraina nella storia millenaria dello Stato russo». Un diktat patriottico che aveva ispirato molte delle ultime produzioni di Mosfilm, come i successi Tigre Bianca eLa Strada verso Berlino. Dopo l’abbandono di Hollywood, per un po’ alcuni cinema erano riusciti ad aggirare il boicottaggio con uno stratagemma tutt’altro che legale: acquistavano via Telegram copie digitali di film dal Kazakhstan e le distribuivano senza autorizzazione. Ma dallo scorso luglio i tempi di quest’escamotage si sono allungati. Una manna per le produzioni nazionali che l’anno scorso hanno rappresentato 28 dei 40 miliardi di rubli degli incassi totali al botteghino. E anche per vecchi titoli riesumati come Brat oCheburaska che hanno riempito le sale. «È un regalo per noi», ha ammesso Shakhnazarov in una recente intervista. «Dobbiamo chiederci: come possiamo usarlo? Spero che non lo sprecheremo».